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Estradizione verso la Cina. Ad Ancona c’è un nuovo caso

Un ingegnere sulla quarantina si trovava in vacanza a Numana, convinto di essere al sicuro dopo il no tedesco alla consegna alle autorità della madrepatria. È in carcere da oltre un mese. Ma c’è un precedente: la Cassazione, con una storica sentenza, ha ribaltato il via libera deciso della Corte di Appello (sempre della città delle Marche). Harth (Safeguard Defenders): “L’Ue sospenda tutti gli accordi bilaterali con Pechino e Hong Kong” in materia

Il signor Y. (iniziale del cognome), un ingegnere cinese sulla quarantina, è stato arrestato alle prime ore del 21 marzo scorso mentre si trovava in vacanza in un hotel a Numana, nella provincia di Ancona. Sul cittadino cinese pendeva una Red Notice dell’Interpol emessa su richiesta dell’autorità di Changchun, città nel Nord-Est della Cina e capitale della provincia dello Jilin, per quella che sembrerebbe una truffa finanziaria da 1,9 miliardi di renminbi e 10.000 risparmiatori coinvolti con la promessa di un interesse pari al 7-12%. In carcere, attende la decisione sulla richiesta di estradizione in Cina (a cui lui non ha prestato consenso).

L’arresto a Numana

Il soggetto si trovava in vacanza, sentendosi al sicuro anche alla luce di una precedente decisione tedesca. Infatti, nei mesi scorsi, le autorità tedesche avevano già ritenuto non sussistenti le condizioni per garantire una collaborazione alla Cina dal momento che “l’Ufficio federale di giustizia, in accordo con il ministero degli Esteri, ha sollevato obiezioni all’esecuzione della richiesta”. Per tali motivi, il procuratore generale aveva definito l’estradizione “fuori discussione”.

La custodia cautelare

Nell’ordinanza di custodia cautelare si parla di “concreto pericolo” di fuga. Il difensore ha presentato una richiesta di revoca della misura, fondata su due elementi. Il primo: il signor Y., incensurato, non è mai fuggito dalla Cina e non ha mai vissuto in clandestinità. Quando ha lasciato la Cina nel 2019 con il proprio passaporto non aveva nessuna notizia del procedimento penale a suo carico e, dunque, non si stava allontanando dalla Cina per fuggire. Il provvedimento delle autorità cinesi è intervenuto in data 16 settembre 2020, oltre un anno e mezzo dopo la sua regolare partenza dal territorio cinese. Il secondo: la legge (articolo 714 comma 3 del codice di procedura penale) prevede che “le misure coercitive e il sequestro non possono comunque essere disposti se vi sono ragioni per ritenere che non sussistono le condizioni per una sentenza favorevole all’estradizione”. Secondo la difesa, in questa vicenda non vi sarebbero i presupposti per l’applicazione della misura, ancorché richiesta dalla Cina, come evidenziato dalla sentenza Liu v. Poland della Corte europea dei diritti dell’uomo del 6 ottobre 2022.

Il precedente

A seguito della sentenza Liu v. Poland, l’Italia è stato peraltro il primo Paese a pronunciarsi circa la possibilità di collaborazione con la Cina, con la sentenza della Corte di Cassazione del 1° marzo 2023. Il caso riguardava una donna, ex amministratore delegato di una nota società cinese, che era ricercata in patria per presunti reati economici, coinvolta in una vicenda processuale sempre dinnanzi alla Corte di Appello di Ancona. Come raccontato da Formiche.net, tra il giugno e il dicembre 2021 la polizia cinese aveva trattenuto, immotivatamente e senza neppure informare i parenti, il fratello per sei mesi e sottoposto a “trattamenti inumani e degradanti” al fine di spingere la donna a far ritorno in patria.

Le caratteristiche del caso Y.

Ancora una volta la Corte di Ancona si trova quindi a dover decidere un caso di estradizione verso la Cina, dopo che la Cassazione ha cassato la precedente decisione. Di conseguenza – questa è la linea difensiva – non avrebbe dovuto applicare alcuna misura cautelare, ma solo attendere l’invio della formale richiesta di estradizione da parte della Cina per poi rigettarla. Al contrario, la Corte ha deciso per le misure cautelari e, in caso di rifiuto della richiesta di estradizione, lo Stato italiano sarà poi tenuto a dover garantire una riparazione per ingiusta detenzione.

Il commento di Harth (Safeguard Defenders)

“L’arresto e la custodia cautelare del signor Y. – in netta controtendenza con quanto stipulato dalla storica sentenza Liu v. Poland e le conseguenti decisioni della Corte di Cassazione e le Corte di Appello di Firenze e Roma del 2023 – sottolineano l’urgenza una netta decisione politica rispetto agli accordi bilaterali di estradizione con la Repubblica popolare cinese ancora in vigore in dieci Paesi membri dell’Unione europea”, commenta Laura Harth, campaign director della ong Safeguard Defenders. “Non illudiamoci, il regime cinese continuerà a testare i nostri sistemi come parte della sua crescente repressione transnazionale. Come dimostra il caso di Ancona, la codardia dei governi nel nascondersi dietro ai giudici invece di affrontare politicamente la questione, ha di fatto portato ad un sistema di totale arbitrarietà che Pechino legge come licenza a continuare senza temerarietà”, aggiunge. “È inaccettabile. È ora che il Consiglio europeo prende atto degli sviluppi degli ultimi anni come stipulato dalle sue conclusioni nel luglio 2020 e sospenda immediatamente tutti gli accordi bilaterali di estradizione con la Repubblica popolare cinese (e Hong Kong) nell’Unione europea”.

La richiesta del senatore Terzi

Dopo la sentenza della Corte di Cassazione del marzo 2023, il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, già ministro degli Esteri, aveva chiesto al governo di sospendere il trattato di estradizione con la Cina e di valutare “una revisione dell’utilizzo della notifica Red Notice dell’Interpol, in considerazione delle evidenze di uso strumentale che la Cina ne fa”.

Il caso albanese

Sulla scorta della decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo e del precedente italiano, è intervenuta successivamente la Suprema Corte di un altro stato membro del Consiglio d’Europa, l’Albania, respingendo una richiesta di estradizione formulata dalla Cina. Richiamando espressamente la decisione della Corte di Cassazione italiana, i report di Amnesty International e di altre organizzazioni non governative, il giudice di ultima istanza albanese ha definito la Cina “una dittatura che commette genocidio e crimini contro l’umanità, arresti e detenzioni arbitrarie, torture di un gran numero di persone imprigionate, omicidi da parte del governo, rapimenti e sparizioni forzate da parte del governo, dove i prigionieri vengono maltrattati e torturati, così come non vengono rispettati i diritti alla libertà e alla sicurezza e il diritto a un giusto processo legale”.

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