Il progetto “Stazioni del Territorio”, promosso dal Gruppo FS Italiane, si rivolge ai comuni con meno di 15mila abitanti, con l’obiettivo di trasformare le stazioni ferroviarie in centri polifunzionali di servizio al pubblico. L’intervento del senatore Guido Castelli, commissario straordinario del governo per la ricostruzione e la rigenerazione delle aree colpite dal sisma 2016
La rinascita delle comunità colpite dal sisma 2016-2017 passa attraverso la possibilità di fruire di servizi di qualità in luoghi naturalmente vocati alle relazioni tra persone: le stazioni ferroviarie sono uno di questi luoghi di naturale scambio e di relazione e si candidano a diventare veri e propri hub per molti servizi essenziali per il cittadino.
Il progetto “Stazioni del Territorio”, promosso dal Gruppo FS Italiane, si rivolge ai Comuni con meno di 15mila abitanti, con l’obiettivo di trasformare le stazioni ferroviarie in centri polifunzionali di servizio al pubblico: utilizzando fabbricati viaggiatori e aree esterne in disuso, vengono messi a disposizione dei cittadini servizi polivalenti e di pubblica utilità, per contribuire alla rigenerazione culturale ed economica dei territori.
Le prime cinque stazioni individuate per essere “pilota” del progetto sono in cinque Comuni dell’Italia centrale, colpiti dai sismi del 2009 e del 2016: Popoli-Vittorito (Pescara, Abruzzo), Urbisaglia-Sforzacosta (Macerata, Marche), Matelica (Macerata, Marche), Antrodoco Centro (Rieti, Lazio) e Baiano di Spoleto (Perugia, Umbria). La scelta conferma un’intuizione che vede nell’area del cratere in fase di ricostruzione – da un anno a questa parte abbiamo impresso un significativo cambio di passo in questo processo essenziale – un vero e proprio laboratorio di buone pratiche per tutto il Paese. Un modello nel quale vengono adottate soluzioni sostenibili volte a promuovere lo sviluppo e a contrastare il processo di spopolamento in atto in tutto il Paese, soprattutto nelle aree interne, e in quelle zone con maggiore fragilità.
In questo territorio stiamo ricostruendo in sicurezza, con la certezza di poter offrire a chi non voglia tagliare le radici con il proprio passato – sociale, familiare, ambientale, culturale – una condizione di rigenerazione e di ripresa di trame quotidiane di vita che sono il lavoro, i servizi essenziali alla persona e una connettività adeguata a livello infrastrutturale e digitale.
In un recente incontro ho avuto modo di ringraziare il ministro Matteo Salvini e il Gruppo Ferrovie dello Stato con cui, fin dal mio insediamento, si è avviata una proficua interlocuzione per questa iniziativa che coinvolge stazioni ferroviarie situate nelle quattro le regioni coinvolte dai sismi del 2009 e del 2016. E un investimento di oltre 7 milioni per adattare gli immobili delle stazioni al loro rinnovato utilizzo. Le prime tre (Popoli, Urbisaglia e Matelica) sono pronte, le altre due Antrodoco e Spoleto saranno fruibili dall’anno prossimo. Si tratta di risorse in parte di Fs e in parte attivate dalla Struttura Commissariale Sisma 2016, attraverso i fondi del Piano complementare al Pnrr, che complessivamente dirotta circa 30 milioni di euro sul più complesso progetto di recupero e rigenerazione di alcune delle stazioni ferroviarie nell’area del cratere.
Il progetto “Stazioni del Territorio” è parte di questo più vasto intervento rivolto al rilancio dell’infrastruttura ferroviaria.
E la scelta di Fs, che ha individuato in cinque stazioni del cratere il modello dell’intera iniziativa, ripropone l’Appennino centrale e i luoghi di rinascita dopo il terremoto del 2016, come un vero e proprio laboratorio di rinascita di tutto il Paese, a partire dalle località considerate periferia e per troppo tempo abbandonate a sé stesse. C’è un modello che si sta misurando nella concretezza delle azioni, un modello che traccia un percorso di ripresa che diventa nuovo paradigma per molte altre realtà marginalizzate e colpite dalla piaga dello spopolamento.
Mentre è in corso la ricostruzione è in atto la strategia di riparazione economica e sociale di questi territori, anche grazie al Programma di interventi Next Appennino, che necessitano in modo particolare di servizi di qualità, infrastrutture di trasporto, connettività digitale. Questo è proprio ciò che sta avvenendo attraverso questa iniziativa, che trasforma luoghi di passaggio o scambio in centri vitali e attrattivi. Ripensare gli spazi e le funzioni delle stazioni ferroviarie è un modo intelligente ed efficace per ritessere una trama di vita e di rapporti che rischierebbe di essere logorata e perduta. Ambulatori medici, farmacie, postazioni di lavoro, servizi di intermodalità: questi edifici diverranno dei veri e propri “hub” del territorio, fruibili dalle comunità locali e dai viaggiatori.
È il caso di sottolineare il fatto che gli interventi in corso in ciascuna stazione sono stati realizzati ascoltando le richieste e le esigenze del territorio, segno di quell’attenzione e cura particolare di cui necessitano questi luoghi ai quali, insieme al governo e ai presidenti delle quattro Regioni (Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria), stiamo dedicando un’attenzione costante.
Le prime 20 stazioni – le prime cinque del cratere sismico e le altre 15 – coinvolte rappresentano le porte di accesso a borghi italiani, ricchi di tradizioni e peculiarità territoriali. L’iniziativa mira a rendere il territorio attrattivo per tutte le generazioni, con un’attenzione particolare alle esigenze dei residenti.
Il progetto che Fs ha voluto avviare nel territorio ferito dai terremoti del 2009 e del 2016 segue una tendenza ormai consolidata di vedere la trasformazione delle stazioni ferroviarie da semplici luoghi di arrivo e partenza in spazi ricchi di attività, con l’obiettivo di ottimizzare l’esperienza di viaggio dalla partenza alla destinazione. Sebbene la principale funzione delle stazioni sia quella di consentire l’accesso al trasporto su rotaia, infatti, è sempre più frequente che le stesse siano trasformate in spazi multifunzionali.
Tanto più opportuno in realtà periferiche che devono contrastare con più vigore la tendenza allo spopolamento che produce, come effetto indiretto, un presidio sempre meno efficace in aree che – proprio nella loro naturale perifericità – sono portatrici di molte potenzialità e non solo di criticità. Come ha rilevato uno studio condotto dalla Luiss, a supporto del progetto “Stazioni del Territorio”, nel discutere le caratteristiche delle periferie interne ci si concentra soprattutto sulle debolezze e fragilità di queste aree, piuttosto che sulle loro qualità positive e sulle risorse per la ripresa che si contraddistinguono in una qualità della vita migliore, in una qualità delle relazioni più solide ed efficienti, in una capacità di assicurare una migliore integrazione anche con i fenomeni migratori, e con una capacità di innovazione che ha solo bisogno della certezza dei servizi per potersi manifestare. Nel cratere c’è vita, ed è una vita che riguarda tutto il Paese, il suo futuro, la sua sostenibilità, il suo sviluppo.