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L’Iran vuole chiudere Hormuz. Minaccia (possibile) alla sicurezza marittima globale

L’Iran può chiudere Hormuz? Sì, in vari modi. Lo farà? Molto probabilmente no, almeno non in modo formale, per non intaccare soprattutto le relazioni regionali. Ma la vicenda della Msc Aires preoccupa il G7, che tiene la sicurezza navale tra i temi prioritari

“Condanniamo inoltre l’abbordaggio e il sequestro da parte dell’Iran, in violazione del diritto internazionale, della nave mercantile MSC Aries, battente bandiera portoghese, da parte di personale armato, avvenuto mentre il mercantile era in navigazione vicino allo Stretto di Hormuz”, scrivono i ministeri degli Esteri del G7 nel comunicato che ha chiuso i lavori della riunione di Capri. La sezione “Situation in the Middle East” parte proprio con un focus sull’Iran e su una serie di attività malevole condotte dalla Repubblica islamica che vanno dal poderoso bombardamento su Israele – finito senza successo solo perché l’architettura di sicurezza a guida americana ha funzionato in modo perfetto – fino alle attività in Medio Oriente, l’aiuto nell’invasione su larga scala russa dell’Ucraina, le violazioni dei diritti umani.

Fattori noti, come è noto che l’Iran intenda esercitare un controllo geostrategico sul chokepoint di Hormuz, lo stretto nel cuore del Golfo del Persico da cui passano oltre 20,5 milioni di barili di petrolio ogni giorno, ossia il 21% del totale esportato nel mondo, circa un quinto del commercio globale di gas naturale liquefatto, e una fitta serie di prodotti derivati. Nei giorni scorsi, in mezzo al caos con Israele, l’Iran è tornato a dimostrare la propria pro-attività su Hormuz, dove minaccia periodicamente azioni di controllo dei traffici che potrebbero destabilizzare commercio e mercato energetico. E tra le minacce, come spesso accade, ha agito contro la Aries, nave della flotta della famiglia Aponte, sequestrata pretestuosamente dalle unità navali dei Pasdaran.

“Chiediamo l’immediato rilascio della nave, del suo equipaggio e del suo carico”, pressano i sette ministri. “Possiamo chiudere lo stretto di Hormuz ma non lo stiamo facendo. Tuttavia, se il nemico viene a disturbarci, rivedremo la nostra politica”, aveva annunciato nei giorni scorsi Alireza Tangsiri, attualmente comandante della marina dei Pasdaran. L’Iran può tecnicamente farlo con una serie di misure: può azionare le unità che si muovono tramite barchini rapidi per abbordare e sequestrare le navi, può spostare gli assetti più importanti della flotta, può minacciare la navigazione con missili e droni di vario genere. Soprattutto, può anche azionare i gruppi delle milizie collegate e addestrati alle operazioni marittime.

Ossia, la Repubblica islamica può scegliere se agire in modo diretto – come vuole la nuova generazione del potere, che non intende farsi percepire come impaurita – oppure mobilitare gli attori della zona grigia a plausible deniability, quelli già attivata in passato e che potrebbero essere parte anche della risposta a più bassa intensità contro il contrattacco simbolico subito da parte di Israele. Nella seconda metà del 2019, diverse petroliere finirono colpite da attività ibride condotte all’interno del Golfo Persico e concentrate soprattutto attorno a Hormuz. Una condizione che aveva reso necessaria la costruzione di un sistema di sicurezza per ordinare i flussi marittimi – per esempio, l’operazione “Agenor” nell’ambito del dispositivo Emasoh promosso dalla Francia durante il Consiglio dell’Unione europea del gennaio 2020.

L’esperto di traffici navali Martin Kelly, capo degli advisor di EOS Risk Group, ha spiegato a Lloyd’s List che l’Iran potrebbe anche chiudere Hormuz annunciando esercitazioni che impiegano mine marittime: “Alcune compagnie di navigazione potrebbero rifiutarsi di transitare sullo stretto e sarebbe considerato chiuso, ma senza intento sulla scena internazionale”. Tuttavia per Kelly si tratta in generale di una minaccia relativa: Teheran può chiudere Hormuz, ma probabilmente adesso non vuole farlo. Perché? “Probabilmente è un buono strumento politico. Ma in termini di pratici è davvero improbabile che l’Iran chiuda lo Stretto di Hormuz. Sarebbe una linea rossa per le compagnie di navigazione statunitensi e occidentali [e] limiterebbero anche le esportazioni di Iraq, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Bahrain”.

Ossia, andrebbe a intaccare un equilibrio con Paesi della regione del Golfo che in questa fase storica hanno avviato una politica di appeasement nei confronti dell’Iran – politica che è molto basata sulla ricerca di stabilità geopolitica al fine di favorire la prosperità economica e commerciale, e la chiusura di Hormuz andrebbe in direzione opposta. Tuttavia c’è anche il precedente degli Houthi, una milizia collegata all’Iran che l’Iran non è riuscito, o non ha voluto fermare nelle attività di destabilizzazione prodotte nel corridoio indo-mediterraneo tra Suez e Bab el Mandeb. “La sicurezza marittima e i diritti e le libertà di navigazione sono fondamentali per garantire la libera circolazione dei beni essenziali verso le destinazioni e le popolazioni di tutto il mondo”, evidenzia il G7 parlando proprio del Mar Rosso. Già nella ministeriale Trasporti di pochi giorni fa, i membri del G7 avevano evidenziato l’importanza della sicurezza marittima, responsabilità collettiva.

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