Il memorandum con gli Usa firmato nella cornice della ministeriale Esteri G7 costituisce un passo molto forte per un Paese con una storia di sensibilità e lotta alla disinformazione molto recenti. L’analisi di Teresa Coratella, vicedirettrice e policy fellow dell’ufficio di Roma dello European Council on Foreign Relations
Il nuovo Eurobarometro riporta dati incoraggianti sulle prossime intenzioni di voto in vista delle elezioni europee, con il 71% dei cittadini europei che intende votare il prossimo giugno, un incremento pari al 10% rispetto al 2019. Dato non scontato se consideriamo che tra 2019 e 2024 ci sia stata una pandemia e siano ora in atto due conflitti, con le relative conseguenze su come i cittadini europei guardano alla capacità ed efficacia dell’UE di reagire nell’attuale contesto di poli-crisi.
Molto interessanti anche i dati sull’Italia e la percezione che i cittadini italiani hanno della Russia, Cina, Turchia e Stati Uniti. Il 76% degli italiani ha un’opinione negativa della Turchia (19% positiva); il 47% ha un’opinione negativa degli Stati Uniti (48% positiva); il 75% ha un’opinione negativa della Cina (22% positiva) e l’84% un’opinione negativa della Russia (14% positiva).
I dati italiani su Cina e Russia sono particolarmente interessanti innanzitutto perché completamente in linea con la media europea del 64% sulla Cina e 83% sulla Russia. Ma lo sono ancora di più se consideriamo il contesto politico e il dibattito pubblico sulle relazioni con Pechino e Mosca che hanno caratterizzato l’Italia a partire dal governo Conte I a oggi. Dibattito che in questi mesi che precedono le elezioni europee, si arricchisce finalmente della graduale apertura nel parlare pubblicamente delle ingerenze di questi due attori nei processi democratici dei singoli Stati membri dell’Unione europea.
Dibattito che ha visto coinvolte tutte le forze politiche italiane, seppur con diverse posizioni su accettazione o negazione della disinformazione come minaccia alla sicurezza; che ha visto emergere proposte inaspettate come quella del senatore Enrico Borghi, membro del Copasir, sulla creazione di un’agenzia per la disinformazione e la sicurezza cognitiva; e che ha visto il tema dell’ingerenza russa portato addirittura in parlamento con la mozione di sfiducia contro Matteo Salvini per i rapporti con la Russia di Vladimir Putin.
È per questo che la notizia della firma del memorandum d’Intesa tra Italia e Washington per rafforzare la cooperazione nel contrasto della manipolazione informativa da parte di Stati esteri costituisce un’importante e necessaria azione. Il memorandum definisce la manipolazione delle informazioni da parte di Stati esteri come minaccia alla sicurezza transnazionale. Stati Uniti e Italia fanno dunque appello a un maggiore coordinamento a livello bilaterale e multilaterale, sempre nel rispetto della libertà di espressione, in un momento di confronto tra democrazie e autocrazie (Antonio Tajani), per cercare di contrastare disinformazione e manipolazione finalizzate a destabilizzare le nostre democrazie (Antony Blinken).
Aver firmato tale intesa nella cornice della riunione di Capri dei ministri degli Esteri del G7 a guida italiana costituisce un passo molto forte per un Paese come l’Italia, con una storia di sensibilità e lotta alla disinformazione molto recenti se paragonati ad altri Stati membri dell’Unione europea. Ma non si tratta solo di Italia. Nel 2024, l’anno elettorale più grande della storia, 50 Paesi e 4.2 miliardi di elettori compiranno una scelta di voto: aver ufficialmente inserito la lotta alla disinformazione come priorità multilaterale del formato G7, come auspicato da un policy brief di Ecfr nel 2023, costituisce ulteriore prova di una preso di coscienza collettiva necessaria.
E l’Unione europea? Le recenti notizie sulle ingerenze russe tra eurodeputati di diverse famiglie politiche europee dimostrano come l’infiltrazione straniera sia radicata in maniera capillare, costituendo uno dei talloni d’Achille dell’Unione europea. All’indomani del voto di giugno, le prossime istituzioni europee dovrebbero dunque inserire la lotta alla disinformazione come priorità del proprio mandato, a livello di Consiglio, Commissione e Parlamento europeo, in quanto concreta minaccia alla stabilità democratica.