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Italia tra G7 e Cina. Problemi di de-risking? Risponde Ghiretti (Csis)

Pochi giorni prima della ministeriale Esteri dei Sette a Capri, a Verona si terrà un business forum con Tajani e Wang. I settori al centro dei tavoli tematici (agritech, e-commerce, investimenti e biomedicale) sono “strategici”, sottolinea l’esperta di sicurezza economica. “Il rischio è che manchi una strategia per difendere gli interessi nazionali alla luce dell’urgenza di ricalibrare le dipendenze”

Una settimana prima della ministeriale Esteri del G7 che si terrà a Capri sotto la presidenza italiana, il ministero degli Esteri ha organizzato il Business and Dialogue Forum Italia-Cina, che si svolgerà a Verona giovedì 11 e venerdì 12 aprile.

Tempismo che non può che far piacere a Pechino, considerati due elementi. Primo: la sicurezza economica è da alcuni anni ormai un tema al centro dell’agenda G7 con l’obiettivo del de-risking, ovvero la riduzione delle dipendenze strategiche, e l’incontro di Verona sembra andare in un’altra direzione. Secondo: in questa fase la Cina sta cercando di attirare investimenti dall’estero, anche per far fronte alla frenata economica, lanciando messaggi per rassicurare dopo alcune recenti strette che hanno reso quello cinese un mercato più difficile (come l’introduzione di una legge più ampia contro lo spionaggio, i divieti di espatrio e le retate contro le società di consulenza e di due diligence). Il tutto, accusando l’Occidente per il suo de-risking, ovvero ciò che la Cina di Xi Jinping fa da un decennio parlando di xinchuang, una sorta di autarchia tecnologica.

È in questo contesto che si inserisce l’iniziativa di Verona, che rientra nel nuovo quadro delle relazioni bilaterali, il cosiddetto partenariato strategico globale, ripreso da Roma e Pechino dopo il mancato rinnovo del memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative, la cosiddetta Via della Seta.

Il forum, si legge sul sito della Farnesina (che organizza in collaborazione con l’Agenzia Ice e Confindustria), “si inquadra nell’ambito delle attività del Business Forum Italia-Cina” e punta a “offrire alle imprese italiane e cinesi l’occasione di confrontarsi sulle prospettive della cooperazione economica bilaterale in settori chiave per la crescita e lo sviluppo dei due Paesi”. Ad aprire i lavori di venerdì 12 aprile saranno l’italiano Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri italiano, e il cinese Wang Wentao, ministro del Commercio. Dopo i loro interventi seguiranno, in seduta plenaria, due sessioni dedicate agli strumenti di sostegno pubblico all’internazionalizzazione e agli investimenti reciproci e all’innovazione come motore di crescita.

Giovedì 11 aprile, invece, si terranno un evento celebrativo della figura di Marco Polo e delle relazioni bilaterali all’Università Ca’ Foscari di Venezia e la riunione della Commissione economica mista Italia-Cina, come annunciato oggi in conferenza stampa da Tajani. “Nel partenariato strategico con la Cina la dimensione economico-commerciale è inscindibile da quella culturale”, ha spiegato il ministro. Che ha anche sottolineano l’impegno del governo a rafforzare la promozione del Made in Italy in Cina superando le barriere che ostacolano l’accesso dei prodotti italiani (come accaduto a ottobre con le pere italiane, come ha tenuto a sottolineare) e ad attirare investimenti “qualificati”, “ferme restando le necessità tutelare gli asset strategici nazionali”.

“Anche alla luce delle azioni degli ultimi mesi dopo il mancato rinnovo del memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative, sembra che il governo stia cercando di tornare al tradizionale approccio italiano”, commenta Francesca Ghiretti, esperta di sicurezza economica e Adjunct Fellow (Non-resident) al Wadhwani Center for AI and Advanced Technologies del think tank americano Center for Strategic and International Studies. “Infatti, dopo la breve fase del governo Draghi durante la quale le relazioni con la Cina sono state gestite con un approccio più bilanciato e strategico, ora sembra essere tornato l’approccio ‘pigliatutto’, tentando di essere amici e ottenere vantaggi da tutte le parti nella convinzione – sbagliata – che questo sia un approccio strategico”, aggiunge l’esperta. Oggi, invece, il rischio è che, “nel tentativo di riaggancio con la Cina, manchi una strategia per difendere gli interessi italiani e tenga in considerazione le discussioni recenti nel mondo occidentale sul de-risking e sull’urgenza di ricalibrare le dipendenze strategiche”, spiega ancora.

L’agenda del forum prevede, al termine della sessione plenaria, quattro tavoli tematici aperti ad aziende e associazioni su altrettanti temi: agritech; e-commerce; investimenti; farmaceutico e biomedicale.

Tutti settori “strategici, come dimostrano gli sforzi di altri Paesi, Stati Uniti in primis, per limitare la dipendenza dalla Cina”, fa notare Ghiretti. “Al netto di questa divergenza, da parte italiana sembra mancare la comprensione delle implicazioni. Il rischio è che tra qualche mese l’Italia si troverà di nuovo, come già accaduto con il memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative, nella posizione in cui il suo principale partner chiederà di adottare politiche simili per mettere al sicuro i settori strategici. Sarà una posizione diplomaticamente scomoda, figlia della mancanza di lungimiranza su una questione come la sicurezza economica che, che ci piaccia o meno, oggi avvolge l’intera politica di tutti i governi”, aggiunge.

Anche per questo, la presidenza del G7 può rappresentare “un’occasione importantissima per l’Italia per rafforzare il proprio apparato di sicurezza economica, che oggi non è paragonabile a quello del Giappone, che l’anno scorso ha fatto di questo tema il perno della sua presidenza del forum, ma neppure a quelli di Francia e Regno Unito”, osserva Ghiretti. “Soltanto rafforzandosi a casa su questo versante, l’Italia potrebbe fare della sicurezza economica una priorità della sua presidenza”, conclude.

Di de-risking e di Cina ha parlato recentemente anche Elisabetta Belloni, direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. A febbraio, al Raisina Dialogue di Nuova Delhi, in India, l’ambasciatrice che da qualche settimana è anche Sherpa G7/G20 della presidente del Consiglio Giorgia Meloni (e in questa veste ha incontrato ieri l’ambasciatore cinese a Roma, Jia Guide) aveva evidenziato la necessità di “creare un’alternativa, un piano B” per diversificare le catene di approvvigionamento e le reti di comunicazione e commerciali, ma anche per rafforzare le relazioni con i Paesi amici. Un’alternativa che, aveva aggiunto, può “fungere da deterrente” per evitare che le dipendenze vengano “weaponizzate”.


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