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Criticità e potenzialità del dominio subacqueo. Così l’Italia risponde alla sfida

Di Nicola V. Stellini

Al Centro Studi Americani un consesso multidisciplinare ha discusso della dimensione subacquea dal punto di vista italiano. Pur sottolineando l’esposizione che le nostre numerose infrastrutture sottomarine mantengono, non sono mancate le note positive circa le mosse passate, presenti e future del nostro Paese. Ecco chi c’era e cosa si è detto

La sicurezza delle infrastrutture marittime è critica, ma l’Italia si sta muovendo a livello istituzionale e tecnologico, puntando soprattutto sulle sue eccellenze globali industriali e istituzionali. Il Centro Studi Americani ha, infatti, ospitato l’evento “Il dominio underwater: Italia, Europa e Stati Uniti tra geopolitica, risorse e sicurezza”, riunendo alcuni tra i vertici istituzionali, militari, industriali e accademici del Paese.

L’importanza della tematica è primaria perché, come ha sottolineato il ministro delle Politiche del mare, Nello Musumeci, “la dimensione subacquea è una dimensione in cui si misura la credibilità dell’Italia”. Il ministro ha pure evidenziato come gli sforzi del governo per mettere il mare al centro della propria agenda siano già stati forieri di risultati, annunciando che verrà a breve presentata la bozza di legge quadro sulla dimensione subacquea: “Serve un complesso di regole organico, che l’Unione Europea non ha, il che consente all’Italia di guidare il continente”. Il principale dei risultati già ottenuti è sicuramente l’istituzione del Polo nazionale della dimensione subacquea, a proposito del quale il contrammiraglio Vito Lacerenza, capo del V Reparto sommergibili della Marina militare, ha dichiarato “obiettivo del Polo è sviluppare nuove tecnologie per mantenere il vantaggio tecnologico e tutelare gli interessi nazionali”.

Tema forse principe è stato quello della sicurezza delle infrastrutture sottomarine, in evidenza dagli episodi di Nord Stream 2 e dei cavi internet del Mar Rosso; utile in merito sottolineare come il 99% della connettività Internet ed il 90% dell’approvvigionamento di idrocarburi passi dai fondali. Ambrogio Michetti, chief corporate officer di Sparkle ha sottolineato come i recenti incidenti cinetici non debbano far scordare la necessità di proteggere queste infrastrutture anche a livello cibernetico. Antonio Deruda, docente di geopolitica digitale, ha illustrato come il trend per aumentare la resilienza infrastrutturale passi dalla diversificazione e che “Genova può candidarsi per risolvere l’eccessiva dipendenza dal Digital Hub di Marsiglia”. Il fatto che, secondo Andrea Chittaro, direttore global security e cyber defense di Snam, “l’Italia si sia mossa in modo particolarmente appropriato per aumentare la sua resilienza” lascia ben sperare.

Posto il problema della sicurezza delle infrastrutture sottomarine, ci si è interrogati circa le risposte tecnologiche che l’Italia può offrire. A tal proposito Rossella Carrara, director external communication and public affairs di Saipem, ha evidenziato che “i nostri droni residenti sottomarini autonomi, che possono pure avere capacità di intervento, sono diventati asset strategici”. Angelo Tofalo, membro del Comitato esecutivo dell’Osservatorio nazionale tutela del mare, si è proiettato ancora più avanti, verso l’intelligenza artificiale e la tecnologia quantistica, sottolineando come l’Italia abbia prioritizzato il dominio subacqueo in sede di sviluppo della Strategia Nato sulle tecnologie quantistiche. Particolare attenzione merita Fincantieri, che lo stesso ministro Musumeci ha definito come un sempre più accreditato leader mondiale nel dominio underwater. Il vice presidente per geopolitics and advocacy Enrico Della Gatta, ha posto l’accento sull’importanza del sottomarino come abilitatore tecnologico per lo sviluppo tecnologico di tutto il sistema Paese.

In ultimo, non si può dimenticare come tutte queste attività abbiano risvolti positivi per l’ambiente: Giacomo Donnini, direttore grandi progetti e sviluppo internazionale di Terna, ha sottolineato come “i collegamenti sottomarini sono sempre più importanti per la transizione ecologica in generale, abilitando impianti offshore, ed in particolare per l’Italia, perché saranno cavi sottomarini a collegare i futuri poli di produzione di energia elettrica, Sicilia e Sardegna, con l’energivoro Nord della Penisola”.

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