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La storia di Eric, ex funzionario dell’intelligence cinese fuggito in Australia

Quindici anni passati, in una famigerata unità del ministero della Pubblica sicurezza, a dare la caccia ai dissidenti in tutto il mondo. L’uomo parla all’emittente Abc e rivela i limiti del reclutamento e della gestione delle fonti reclutate nei regimi autoritari

Eric ha lasciato la Cina un anno fa e ha bussato alla porta di Asio, l’agenzia di controspionaggio australiana, per raccontare la sua storia. La storia di un uomo di 39 anni, che ha passato gli ultimi 15 in una famigerata unità del ministero cinese della Pubblica sicurezza, il cosiddetto Ufficio per la protezione della sicurezza politico o Primo ufficio. Si tratta di una struttura di stampo sovietico che rappresenta uno degli strumenti con cui il partito-stato rapisce e zittisce i critici, in particolare quelli del leader Xi Jinping. E lo fa in tutto il mondo.

Sono centinaia di documenti forniti da Eric a “Four Corners”, programma dell’emittente pubblica australiana Abc, a dimostrarlo, i suoi incarichi e obiettivi in diversi Paesi oltre alla Cina, tra cui India, Cambogia, Thailandia, Canada e Australia. I suoi superiori gli affidavano il compito di dare la caccia ai dissidenti in tutto il mondo, a volte utilizzando elaborate storie di copertura – una volta come manager nel settore immobiliare e un’altra come combattente per la libertà contro il Partito comunista cinese – per cercare di ottenere la loro fiducia e attirarli in Paesi dove potevano essere rapiti e riportati in Cina.

Secondo il professor David Gioe del King’s College London, questo caso racconta i limiti delle motivazioni, nel reclutamento e soprattutto nella gestione, delle fonti d’intelligence in Paesi autoritari come Russia e Cina. Questi, infatti, “si basano molto sul costringere le persone a lavorare come agenti, mentre l’Occidente (inteso come insieme di idee) non mette le persone sotto torchio”, ha spiegato l’esperto. “A volte la riluttanza dell’Occidente a ricorrere al ricatto o alle minacce viene citata come una debolezza o almeno uno svantaggio comparativo per l’intelligence occidentale” ma è “un malinteso riguardo alle pratiche di intelligence efficaci e sicure”, ha continuato. “I servizi segreti occidentali usano le ‘carote’ perché vogliono fonti segrete felici e motivate”, che “condividono la missione e lavorano per una causa comune. Le fonti infelici che vengono reclutate con minacce (‘bastoni’) finiranno per cercare di liberarsi dai loro supervisori”, come accaduto con Eric.

L’inchiesta di Abc ha acceso tensioni anche tra i partiti in Australia. L’opposizione ha chiesto chiarimenti sui rapporti di cooperazione tra il ministero cinese della Pubblica sicurezza e la Polizia federale australiana, che nel 2019 aveva approvato una visita di funzionari cinesi che, non seguendo il protocollo concordato, avevano avvicinato una donna, cittadina australiana, che poi ha fatto ritorno con loro in Cina.



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