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Terapie avanzate, l’Italia in prima fila ma servono nuovi modelli

Ben quattro le terapie avanzate Made in Italy approvate dall’Ema. All’Istituto superiore di sanità, il punto su nuovi modelli organizzativi e sulla sostenibilità del sistema sanitario

Il futuro delle terapie avanzate rappresenta una delle sfide più rilevanti nel panorama della Sanità. La necessità di adottare un modello organizzativo capace di accogliere e implementare queste innovazioni, garantendo equità di accesso e cura ai pazienti, è il tema del convegno “Le terapie avanzate: dalla sostenibilità ai modelli organizzativi sul territorio” organizzato dall’Istituto superiore di sanità e Assobiotec, l’associazione di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie, presso la sede dell’Iss. Al centro del dibattito, le sfide, le soluzioni possibili per la loro sostenibilità finanziaria nonché gli aspetti organizzativi dei centri erogatori.

UNA CURA “PAZIENTE-SPECIFICA”

Le terapie avanzate, note come ATMPs (Advanced therapy medicinal products), comprendono le terapie cellulari, geniche, l’ingegneria dei tessuti e i prodotti combinati. Da farmaci per una ristretta nicchia di pazienti stanno emergendo standard di cura sempre più diffusi. Per la prima volta nella storia della medicina sono stati messi a punto farmaci a base di materiale biologico, personalizzati e one shot, cioè somministrati con unico trattamento, offrendo prospettive di guarigione per alcune patologie prima incurabili. “Un cambiamento epocale nel concetto di cura che diventa paziente-specifica e che porta grandi benefici dal punto di vista clinico e terapeutico”, come ha dichiarato Fabrizio Greco, presidente di Assobiotec. “Si stima infatti che entro il 2030 potrebbero essere lanciate fino a 60 nuove terapie geniche e cellulari a livello globale, che potrebbero riguardare complessivamente 350mila pazienti”, ha aggiunto Greco.

GLI OSTACOLI

Eppure, come ha spiegato Rocco Bellantone, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), “esistono ancora degli ostacoli significativi alla reale possibilità di utilizzo da parte dei pazienti”. Dai requisiti clinici stringenti alla non omogenea distribuzione dei centri erogatori, senza trascurare le difficoltà nella valutazione di questi farmaci che spesso sono destinati a patologie rare e ultra rare e pertanto non consentono di reclutare pazienti omogenei in tempi compatibili con l’evoluzione del farmaco.

LA SFIDA DELL’INNOVATIVITÀ

“Valutare la vera innovatività – cioè quella che cambia la storia clinica di una malattia – e metterla al servizio dei pazienti è la sfida di tutti i Paesi moderni”, ha dichiarato Domenico Mantoan, dg dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Per questo è fondamentale garantire le risorse necessarie e creare un sistema sanitario moderno. Per Robert Giovanni Nisticò, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), “sono necessari cambiamenti metodologici – gli studi devono essere approcciati in chiave traslazionale – ed è auspicabile l’avvio di collaborazioni tra industrie biotecnologiche e istituzioni accademiche” poiché, come ha aggiunto, “qualunque terapia innovativa è realmente tale solo se raggiunge il paziente”.

ITALIA APRIPISTA

Ruolo chiave per l’Italia. Tra le prime terapie avanzate approvate dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema), infatti, ben quattro sono il risultato dell’eccellenza della ricerca italiana. E oggi l’impegno prosegue con importanti investimenti economici e studi clinici avanzati nell’ambito delle malattie rare, neurodegenerative e dei tumori. L’ultimo report di Alliance regenerative medicines, ad ogni modo, parla di più di 1.900 trials nel mondo, di cui 112 già in fase 3 (99 portati avanti dall’industria bio-farmaceutica, 13 da accademia, governi o altre istituzioni). E di 360 studi clinici in Europa con una cinquantina nella fase pre-autorizzativa.

LO STATO DELL’ARTE

“Il futuro è ora”, ha esordito Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità (Css), in apertura della tavola rotonda sullo stato dell’arte delle terapie avanzate in Italia. Tra le terapie avanzate e, nello specifico, tra quelle geniche rientrano le cosiddette Car-T (Chimeric antigen receptor T cell therapies) terapie personalizzate contro alcuni tipi di cancro che agiscono attraverso l’inserzione di materiale genetico all’interno delle cellule dell’organismo umano. “In ambito di cellule Car-T – ha spiegato – ci sono già dati solidi e convincenti che dimostrano l’apertura di scenari terapeutici straordinariamente innovativi”. In questa direzione, la collaborazione accademica nell’ambito del Centro Nazionale dedicato allo sviluppo delle terapie geniche e terapie RNA sta dando risultanti importanti, come ha sottolineato anche Alessandro Aiuti, vicedirettore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget).

LA SFIDA PER LE AZIENDE

Sul versante aziendale “Nella valutazione di questi approcci terapeutici occorre tener conto di diversi fattori” ha riferito Paola Coco, direttore medico di Novartis. Identificare “i centri in grado di erogare il trattamento”, definire “i criteri specifici per garantire l’accesso” solo ai pazienti che effettivamente ne beneficeranno, “instaurare partnership tra aziende private e comunità accademica che possano mettere a fattor comune le competenze reciproche”.“È fondamentale fare sistema affinché le eccellenze italiane possano rimanere come guida per supportare un ulteriore incremento delle sperimentazioni dei farmaci di terapia avanzata disponibili”, ha aggiunto Sandra Petraglia, Direttore ufficio ricerca e sperimentazione clinica Aifa.

MODELLI ORGANIZZATIVI

Di fronte a una rivoluzione come questa è imprescindibile ripensare alcuni aspetti organizzativi. “Siamo di fonte ad enormi cambiamenti che chiamano riforme”, ha dichiarato il senatore Daniele Manca. Che ha aggiunto: “Per salvaguardare l’universalità dell’accesso bisogna riclassificare le modalità con cui si contabilizza la spesa sanitaria, pensando alla terapia avanzata non come un costo ma come un investimento”. “Il processo di sviluppo della ricerca e della scienza in campo farmaceutico e ospedaliero richiama la necessità di riforme organiche per poter accogliere le innovazioni scientifiche e tecnologiche che investono uno dei diritti fondamentali del cittadino, quello alla salute”, ha concluso il senatore Manca. A fargli eco Giovanni Giuliani, coordinatore del gruppo di lavoro Accesso & governance di Federchimica Assobiotec e integrated access chapter lead di Roche, secondo cui “le complessità e peculiarità delle terapie geniche richiedono anche a livello di Paese europeo la ricerca di una soluzione unica, forte e sostenibile per garantire un accesso equo alle cure”. Sulle best practice delle Regioni, hanno preso la parola Mattia Altini, direttore dell’Assistenza ospedaliera Regione Emilia-Romagna, e Giovanna Scroccaro, direttrice della Direzione farmaceutico, protesica, dispositivi medici della Regione Veneto. Sono intervenuti anche Eugenio Maria Mercuri, direttore del Dipartimento scienze della salute della donna, del bambino e di sanità pubblica del Policlinico Gemelli; Lara Pippo, componente del gruppo di lavoro terapie avanzate di Federchimica Assobiotec, CSL Behring; Mauro Biffoni, direttore Dipartimento di oncologia e medicina molecolare dell’Iss; Giuseppe Feltrin, direttore del Centro nazionale trapianti anch’egli dell’Iss; Fabio Torelli, direttore Medical affairs di Kite Pharma e Maria Francesca Cometa del Centro nazionale per la ricerca e valutazione preclinica e clinica dei farmaci (Iss).

IL TAVOLO TECNICO

“Nel sistema attuale abbiamo già le risorse per poter trovare le nuove soluzioni”, ha concluso Fabrizio Greco, richiamando l’imprescindibilità di un momento di sintesi e confronto tra le agenzie, i vertici dell’accademia e dell’industria. Su questa scia, è stato istituito un anno fa, presso il ministero della Salute, un Tavolo tecnico sulle terapie avanzate. L’auspicio è che siano avviati presto i lavori. “Il tempo per i pazienti non è una variabile gestibile. Non possiamo permetterci il lusso di perdere tempo”.

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