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All’Ue serve intelligence economica. La proposta di Duchâtel (Institut Montaigne)

Arresti in Germania e casi di spionaggio cinese nel Parlamento europeo e nelle industrie olandesi stanno sensibilizzando l’opinione pubblica sul de-risking. Ora palla alla Commissione

Soltanto tredici mesi fa il presidente francese Emmanuel Macron diceva a Politico, probabilmente per compiacere il leader cinese Xi Jinping al termine di una visita di Stato a Pechino, che l’Europa doveva ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti ed evitare di essere trascinata in un confronto su Taiwan. Un messaggio che però non sembra aver dato i frutti desiderati per Parigi. E così, oggi Macron vede Xi assieme a Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea e gran sostenitrice della necessità di fare de-risking dalla Cina. A differenza del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che a Parigi, prima tappa del primo tour europeo di Xi dopo cinque anni (dopo tocca a Belgrado e Budapest) non è stato invitato.

È in questo nuovo quadro che Mathieu Duchâtel, direttore degli studi internazionali dell’Institut Montaigne, ha lanciato su Euractiv una proposta ai Paesi dell’Unione europea e alle istituzioni europee di rafforzare la condivisione e la centralizzazione di informazioni per meglio comprendere i rischi per la sicurezza economica e per proteggere più efficacemente le catene di approvvigionamento da attori geopolitici sempre più predatori.

I recenti arresti in Germania e i casi di spionaggio cinese nel Parlamento europeo e nelle industrie olandesi “stanno sensibilizzando l’opinione pubblica europea sullo stato di tensione delle relazioni Unione europea-Cina”, scrive l’esperto. C’è, però, una sfida: se la sicurezza nazionale rientra nella giurisdizione dei governi nazionali, la sicurezza economica è un’agenda guidata dalla Commissione europea. Quest’ultima, continua Duchâtel, “deve smettere di ignorare il gioco dell’intelligence economica a cui tutte le potenze stanno giocando e sviluppare una visione di superiorità informativa” diventando così una “risorsa indispensabile” sia per gli Stati membri sia per i privati.

Come farlo? Serve “rimuovere le barriere interne alla condivisione delle informazioni e organizzare la raccolta di intelligence economica open source su larga scala”, spiega l’esperto. È “improbabile”, però, che lo European Union Intelligence and Situation Centre sia la struttura giusta perché sono tante le direzioni della Commissione che generano dati tramite i vari strumenti di sicurezza economica. Serve, dunque, la volontà politica della prossima Commissione europea per fare della sicurezza economica un pilastro dell’Unione.

La sottolineatura di Duchâtel sullo European Union Intelligence and Situation Centre, nato dal Joint Situation Centre, conferma la difficoltà degli Stati membri a condividere informazioni su questioni diverse dall’antiterrorismo (e infatti il Joint Situation Centre nacque dopo l’11 settembre). Nel caso dell’intelligence economica a questa sfida si aggiunge quella di non alimentare tensioni interne ed esterne lasciando che una nuova struttura venga etichettata come “anti Cina” o qualcosa di simile.



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