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Come contrastare le info-op di Russia e Cina. Dibattito aperto in Usa

A inizio mese alcuni alti funzionari del Pentagono e del dipartimento di Stato si sono riuniti per ragionare su come Washington si posiziona per influenzare la visione globale, in particolare per quanto riguarda le questioni critiche di sicurezza nazionale. Il verdetto è stato unanime: stiamo facendo male, soprattutto rispetto a Pechino e Mosca

Nel settembre 2023, due giorni prima delle elezioni parlamentari in Slovacchia è stata diffusa online una falsa registrazione audio in cui un candidato discuteva con un giornalista di come truccare le imminenti elezioni. “L’audio si è subito rivelato un falso con segni di manipolazione con l’intelligenza artificiale, ma la legge slovacca prevede una moratoria sulla campagna elettorale e sui commenti dei media sulle elezioni per 48 ore prima dell’apertura dei seggi. Dal momento che il deepfake è stato diffuso in quella finestra, le testate giornalistiche e le organizzazioni governative hanno faticato a smascherare la manipolazione. E la vittima del deepfake”, ovvero il social-liberale Michal Šimečka, “ha finito per perdere in un’elezione molto combattuta” che ha riportato il populista rossobruno Robert Fico alla guida del governo.

Queste parole sono state pronunciate due settimane fa da Avril Haines, direttrice dell’Intelligence nazionale statunitense, in audizione alla commissione Intelligence del Senato. L’episodio è la dimostrazione delle conseguenze dell’arretramento degli Stati Uniti nel campo dell’influenza globale. Un altro episodio recente riguarda il Niger, dove le operazioni di influenza russa hanno contribuito all’insediamento di un nuovo governo ostile agli Stati Uniti che ha chiesto a Washington di ritirare i suoi soldati. Ma, senza andare troppo lontano, basta guardare in casa nostra, dove alcune fake news e alcune narrazioni filo-russe (come quella dei “nazisti” ucraini) hanno assicurato un certo sostegno all’invasione russa dell’Ucraina da parte dell’opinione pubblica italiana, influenzando la politica.

È una tema su cui l’amministrazione Biden si sta interrogando. Defense One ha rivelato che a inizio mese alcuni alti funzionari del Pentagono e del dipartimento di Stato si sono riuniti al Tampa Convention Center di Tampa, in Florida, per ragionare su “come gli Stati Uniti si posizionano per influenzare la visione globale, in particolare per quanto riguarda le questioni critiche di sicurezza nazionale“. Il verdetto è stato unanime: stiamo facendo male, soprattutto rispetto a Cina e Russia.

“Penso che lo stato di questa iniziativa sia debole, francamente”, ha detto al pubblico della conferenza Sof Week, dove Sof sta per Special Operations Forces, James Holly, a capo dell’Ufficio per la gestione dell’influenza e della percezione presso il dipartimento della Difesa, una struttura istituita soltanto un anno fa. D’accordo Daniel Kimmidge, vice coordinatore del Global Engagement Center presso il dipartimento di Stato. “Se vogliamo essere competitivi nell’ambiente informativo, mentre affrontiamo questa convergenza di attività avversarie [cinesi e russe], dovremo fare di questo una priorità più elevata in un modo o nell’altro. Questo fa ricadere l’onere su di noi”, ha detto.

Di fronte ci sono avversari che utilizzano i social media per raggiungere miliardi di persone in tutto il mondo con messaggi personalizzati per minare la fiducia nelle istituzioni occidentali. Ma “perché una nazione con una leadership eletta – politici e funzionari che in linea di principio sono responsabili nei confronti del pubblico attraverso le attività della stampa libera – ha bisogno di influenzare le percezioni oltre a dire la verità?”, scrive Defense One. “È per questo motivo che le operazioni di influenza sono state storicamente relegate quasi interamente a una piccola porzione della comunità delle operazioni speciali, che aiuta gli operatori in missioni ad alto rischio”. Tuttavia, continua il sito, “questo sforzo di limitare la portata delle operazioni di influenza ha messo gli Stati Uniti in una posizione di netto svantaggio”.

A tutto ciò si sommano i tagli alla spesa, che riguardano l’Esercito, l’Influence Group della Central Intelligence Agency e il Global Engagement Center del dipartimento di Stato. Ora ci si interroga se unire public affairs, intelligence e psy-op. Anche perché, oltre a maggiori fondi, la guerra d’influenza ha bisogno di una centralizzazione e di un leader con l’autorità sufficiente per essere presa sul serio, non solo dal Pentagono ma anche dalla Casa Bianca. “Abbiamo parlato di unità di comando sul campo di battaglia, ma in questa che dovrebbe essere la cosa più importante che stiamo facendo – almeno i nostri documenti strategici lo dicono in maniera retorica – siamo disallineati”, ha dichiarato Holly.

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