Skip to main content

Arrivato a Salerno il carico di pomodoro cinese partito dal Xinjiang

Agricoltori sui gommoni per manifestare contro “le importazioni sleali fatte con lo sfruttamento dei lavoratori” nella regione al centro delle accuse per violazioni dei diritti umani contro gli uiguri e altre minoranze etniche. Nei giorni scorsi, dopo che Formiche aveva sollevato il caso, due ong avevano scritto al governo

Quaranta container di concentrato di pomodoro cinese, partiti un mese fa dalla regione cinese del Xinjiang sul treno della China-Europe Railway Express, sono arrivati oggi a Salerno via nave, dopo uno scalo in Turchia e un viaggio di 10.000 chilometri tra binari e mare. Ad accoglierli, gli agricoltori di Coldiretti che, dai gommoni, hanno avvicinato le navi a Salerno, così come quelle in arrivo a Bari cariche di grano turco, al grido di “No fake in Italy”.

“Come Coldiretti oggi siamo ai porti di Bari e Salerno contro le importazioni sleali fatte con lo sfruttamento dei lavoratori cinesi o senza rispettare gli standard europei”, ha rilanciato Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, in audizione al Senato, dove è intervenuto sul decreto-legge agricoltura. “Vogliamo che venga rimesso in discussione il principio del codice doganale sull’origine dei cibi, dove ciò che conta è solo l’ultima trasformazione”, ha aggiunto rilanciando la battaglia che l’associazione a lanciato a livello europeo.

Il 90% del concentrato di pomodoro cinese destinato all’esportazione viene dai campi della regione del Xinjiang, dove verrebbe coltivato grazie al lavoro forzato degli uiguri secondo diverse associazioni che si occupano di diritti umani. Lo scorso anno, spiega Coldiretti, l’Italia ha importato 85 milioni di chili di pomodoro trasformato cinese, proveniente in gran parte proprio dal Xinjiang nonostante il fatto che gli Stati Uniti ne abbiano vietato l’importazione sul proprio territorio dal gennaio 2021 per evitare di sostenere il lavoro forzato.

Come raccontato su queste pagine, il Xinjiang, snodo cruciale della cosiddetta Via della Seta, è la regione autonoma dove le autorità del Partito comunista cinese sono accusate di violazioni dei diritti umani contro gli uiguri e altre minoranze etniche. Campi di concentramento per dissidenti con il pretesto della lotta al terrorismo. È “genocidio” secondo gli Stati Uniti e i parlamenti di diversi Paesi occidentali tra cui Canada, Paesi Bassi, Regno Unito, Lituania e Francia. Il Global Times, giornale in lingua inglese del dipartimento della propaganda del Partito comunista cinese, ha raccontato del treno con un editoriale dal titolo “La Belt and Road Initative offre un ponte verso la prosperità della regione occidentale della Cina”. Tradotto: se l’Europa vuole continuare a commerciare con la Cina, non si preoccupi di ciò che accade nel Xinjiang.

Nei giorni scorsi le organizzazioni non governative Uyghur Human Rights Project e Safeguard Defenders avevano scritto al governo italiano invitandolo ad agire “immediatamente per indagare sull’origine delle merci e attuare misure per prevenire l’importazione di prodotti frutto del lavoro forzato”.



×

Iscriviti alla newsletter