Il biotech è il settore più promettente ma occorre agire a livello Paese. Il punto all’Assemblea di Federchimica Assobiotec. Ecco chi c’era e cosa si è detto
“Le biotecnologie e le bioproduzioni sono tra le tecnologie più promettenti di questo secolo”. Così Fabrizio Greco, presidente di Federchimica Assobiotec, ha introdotto l’Assemblea pubblica 2024 “Competitività: il nodo della ricerca, il ruolo dell’impresa” che si è tenuta oggi a Roma presso l’Auditorium della Tecnica di Confindustria. “È il momento di agire – ha dichiarato Greco – anche con politiche e azioni nazionali che possano consentire al settore di esprimere tutto il suo potenziale, restituire al Paese competitività e resilienza e ai cittadini e all’ambiente una salute migliore”. L’assemblea ha rappresentato un’occasione di dialogo e confronto tra esponenti istituzionali, scienziati, imprese e rappresentanti di associazioni di categoria per ribadire il potenziale delle biotecnologie. Un asset strategico per il Paese nonché uno strumento indispensabile per l’autonomia strategica dell’Italia e dell’Europa. Al centro del dibattito, il ruolo del settore privato nel sostenere il progresso della ricerca e le sfide della società contemporanea nell’accompagnare l’evoluzione scientifica.
IL MANIFESTO UE
“Le biotecnologie – si legge nel Manifesto “Building the future with nature: Boosting Biotechnology and Biomanufacturing in the Eu”, pubblicato lo scorso marzo dalla Commissione europea – possono aiutare l’Unione europea a modernizzare il settore primario e l’industria, a promuovere la circolarità e a essere più competitiva e resiliente, a fornire un’assistenza sanitaria migliore ai nostri cittadini e a raggiungere l’obiettivo della transizione verde”. Tra il 2008 e il 2018, l’industria delle biotecnologie è cresciuta a un ritmo più che doppio rispetto a quello dell’economia complessiva, rendendola una tra le industrie innovative in più rapida crescita nell’Unione europea. Nel 2021, la dimensione del mercato delle biotecnologie ammontava a 720 miliardi di euro, con un tasso di crescita annuo superiore al 18%, gli Usa dominavano il mercato contribuendo per il 60% al valore globale, seguiti dall’Ue (12%) e dalla Cina (11%).
IL BIOTECH JOURNEY
“Abbiamo immaginato un percorso, il biotech journey, che si articola in diverse tappe”, ha spiegato Greco. “Dalla formazione e ricerca al trasferimento tecnologico, passando per la creazione di realtà produttive, la produzione e lo sviluppo, l’accettazione sociale e, come per tutti gli investimenti, la necessità di regole chiare e semplici affinché individui e istituzioni possano investire efficacemente in questo settore”.
FORMAZIONE E IMPRESA
“La ricerca deve diventare elemento di competitività”. Ha esordito così Marcella Panucci, capo di gabinetto del ministero dell’Università e della ricerca, aggiungendo che “l’obiettivo è far sì che la ricerca non resti circoscritta all’interno degli atenei ma che diventi accessibile al mondo delle imprese”. Di fronte allo scarso numero di laureati Stem in Italia rispetto ad altri Paesi, ha sottolineato il “bisogno di formare persone in grado di riformarsi di continuo in relazione alle evoluzioni del mondo del lavoro”. Fondamentale, dunque, il ruolo delle imprese che devono “aprirsi ai ragazzi e mostrare cosa si può realizzare lavorando in questi ambiti.” “Supporto e finanziamento sono elementi centrali per lo sviluppo del Biotech italiano”, ha concluso Panucci.
IL RUOLO CRUCIALE DELL’INNOVAZIONE
Come può un’impresa innovativa diventare un driver per la crescita del Paese? “La nostra missione – ha dichiarato Claudia Biffoli, direzione generale per le nuove tecnologie abilitanti del ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) – è quella di monitorare le catene del valore e individuare i punti di forza e di debolezza, attraverso importanti collaborazioni con i contesti sia nazionali sia europei”. “L’innovazione – ha aggiunto – è il perno essenziale per lo sviluppo ed il progresso sociale, e compito del Mimit è quello di favorire i processi di innovazione”.
INVESTIRE NELLE GIOVANI IMPRESE
“Se un settore è strategico ma non è maturo, è lì che dobbiamo essere presenti”, ha detto Agostino Scornajenchi, amministratore delegato e direttore generale Cdp Venture Capital. Che ha aggiunto: “Per essere competitivi su un ecosistema cosi vasto, occorre fare i conti con la scarsità delle risorse, sia economiche sia a livello di competenze”. Come impostare, dunque, la strategia nei prossimi cinque anni? “Abbiamo già investito 220 milioni di euro, ci aspettiamo, per il 2028, un investimento complessivo di mezzo miliardo”, ha chiarito. Eppure, “la dimensione del venture capital italiano è fortemente sotto investita dal capitale istituzionale. I giovani imprenditori hanno bisogno di equity. Se non investiamo nella giovane impresa di oggi, non avremo investimenti maturi domani”, ha concluso Scornajenchi.
LA SURVEY
Nel corso dell’Assemblea sono stati presentati i risultati del sondaggio YouTrend “Le biotecnologie nell’immaginario degli italiani” a cura di Lorenzo Pregliasco, co-founder YouTrend, che mostrano una generale conoscenza del biotech, con l’87% degli italiani che ha già sentito parlare di biotecnologie, in particolare nel campo della salute, e che ha per il 75% un’opinione globalmente positiva. I dati rivelano inoltre che “innovazione, progresso e sperimentazione” sono i concetti più associati alle biotecnologie e che queste ultime portano con sé più benefici che rischi. Eppure, il 61% degli italiani teme l’eventuale uso delle biotecnologie per scopi non etici. In generale, “gli italiani non si sentono molto informati sul tema e il 71% dichiara che di aver bisogno di ulteriori approfondimenti”.
RASI: NUOVO APPROCCIO ALLA REMUNERAZIONE
Sulle sfide e sugli ostacoli che accompagnano l’evoluzione della ricerca scientifica si è espresso Guido Rasi, consulente del ministero della Salute, già DG Ema, secondo cui i principali ostacoli riguardano “la sostenibilità per gli investimenti e la produzione”. Emblematico il caso degli antibiotici approvati e autorizzati ma falliti sul mercato o delle terapie geniche che non sono state commercializzate in Europa. Sull’aspetto tempo ha aggiunto “Le biotecnologie hanno per la prima volta la potenzialità di dare la cura definitiva e di prevenire le malattie”. Questo, ha spiegato, “impatta in modo fondamentale su come è organizzato il sistema di acquisto e remunerazione della salute”. Occorre, dunque, una “una deframmentazione dei segmenti di investimenti” insieme a “un nuovo approccio alla remunerazione” che “non consideri solo il costo del farmaco avulso dall’impatto generale che esso comporta”. Rasi ha concluso auspicando che “Il costo del farmaco diventi una delle componenti del ragionamento socio-economico”.
INVESTIRE IN BIOTECH E CHIMICA
“Ricerca e innovazione sono una soluzione per ridare competitività alle nostre aziende e rafforzare il nostro sistema industriale che oggi si trova in difficoltà”, ha dichiarato Ilaria Di Lorenzo, vicepresidente di Federchimica con delega a ricerca e innovazione. Che ha spiegato: “Ad oggi le nostre aziende sono meno competitive perché si trovano a dover affrontare contemporaneamente transizione ecologica, energetica e digitale, a cui si aggiunge uno scenario geopolitico caratterizzato da conflitti e instabilità”. Ben venga, dunque, investire in settori strategici come le biotecnologie e, piu in generale, la chimica che, come ha spiegato la Di Lorenzo, “si trova nel 95% dei prodotti e ha carattere trasversale”. Pertanto, “se vogliamo rendere il nostro sistema industriale competitivo bisogna partire da una chimica competitiva che sia anche sempre più una chimica sostenibile e verde per raggiungere in modo strutturato gli obiettivi legati alla sostenibilità”.
LA SCOMMESSA DELL’AGRICOLTURA
“Siamo di fonte a un paradosso”, ha esordito Mario Pezzotti, professore di Genetica agraria presso l’Università di Verona, già Commissario straordinario del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea). “Le biotecnologie che nell’agricoltura potrebbero avere lo stesso effetto che hanno per la salute umana – ha continuato Pezzotti – non sono accettate”. È stato introdotto da tempo il concetto di tecniche di evoluzione assistita (Tea), ossia “strumenti di lavoro che permettono di realizzare prototipi che possono essere convertiti in industria e che hanno dei tempi tecnici che si possono accorciare notevolmente”. Il che rappresenta il grande vantaggio delle biotecnologie in agricoltura. Ma “è una equazione che non torna – ha precisato Pezzotti – perché da una parte abbiamo università, centri di ricerca che producono innovazioni, dall’altra ci sono leggi che impediscono il trasferimento tecnologico”. A fargli eco Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, secondo cui “l’agricoltura ha due strade per percorrere l’accelerazione dei suoi processi produttivi: attendere i temi della natura o utilizzare la buona scienza e la ricerca applicata in agricoltura per rispondere alle necessità dettate sia dall’aumento demografico sia dai cambiamenti climatici”.
ASSOBIOTEC AWARD
L’evento è stata anche la cornice per l’assegnazione dell’Assobiotec award 2024, premio che dal 2008 viene assegnato alle personalità o agli enti che si sono particolarmente distinti nella promozione dell’innovazione, della ricerca scientifica e del trasferimento tecnologico. A vincerlo, quest’anno, Maria Grazia Roncarolo, direttrice del Centre for definitive and curative medicine e docente di pediatria e medicina della Stanford University.
GRECO: ITALIA PROTAGONISTA DEL BIOTECH
“La ricerca deve avere un’applicazione pratica: portare delle soluzioni per i cittadini”, ha commentato Greco in chiusura. “Ma ci sono alcuni campi, come quello della salute, in cui il potenziale delle biotecnologie è sviluppato e accettato, e altri, come quello chimico e agrario, in cui si avverte una resistenza e bisogna quindi lavorare molto in termini di comunicazione e di accettazione sociale”. “L’Italia ha le potenzialità per rivestire un ruolo da protagonista nel campo delle biotecnologie – ha concluso – purché lo voglia”.