Non si tratta di alimentare le fiamme del tecno-protezionismo, ma di salvaguardare i diritti fondamentali alla privacy, alla sicurezza e alla governance etica di fronte a pericoli reali e attuali, scrivono Lexmann, Olekas, Groothius, Bütikofer e Fotyga, rappresentanti dei cinque maggiori partiti a Strasburgo
Quando si parla di genomica, con la Cina non basta il de-risking. A scriverlo, su Euronews, sono cinque europarlamentari dei maggiori gruppi a Strasburgo: la slovacca Miriam Lexmann del Partito popolare europeo, il lituano Juozas Olekas dei Socialisti e democratici, l’olandese Bart Groothuis di Renew, il tedesco Reinhard Bütikofer dei Verdi e la polacca Anna Fotyga dei Conservatori e riformisti europei. Non si tratta di alimentare le fiamme del tecno-protezionismo, ma di salvaguardare i diritti fondamentali alla privacy, alla sicurezza e alla governance etica di fronte a pericoli reali e attuali, aggiungono i cinque europarlamentari. Una lettera che appare quantomeno in controtendenza con l’accordo di collaborazione sanitaria siglato la scorsa settimana da Orazio Schillaci, ministro italiano della Saluto, con Cao Xuetao, viceministro cinese, che riguarda anche la “salute digitale”.
I cinque europarlamentari scrivono che la dottrina “de-risking, not decoupling” di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, evidenzia la mancanza di una strategia coerente da parte dell’Unione europea nei confronti della Cina, con gli sforzi per bilanciare l’impegno diplomatico su questioni globali, la tutela degli interessi economici e la sfida posta dal regime del Partito comunista cinese. Ci sono settori, però, in cui il decoupling è necessario, continuano: tra questi, la genomica, “con le sue profonde implicazioni per la privacy, la sicurezza e gli standard etici”.
Citano BGI Group, colosso della raccolta di dati genetici che il Pentagono definisce “azienda militare cinese” e che diverse agenzie d’intelligence considerano coinvolto nella repressione degli uiguri nel Xinjiang. Come tutte le aziende, è tenuto a condividere qualsiasi dato con le autorità di Pechino, in quanto richiesto dalla legge sull’intelligence nazionale. Menzionano anche Mindray, un produttore di apparecchiature mediche e di monitoraggio dei pazienti con sede a Shenzhen, che serve già più di 660 ospedali europei e il 60% di tutte le istituzioni mediche. Proprio come BGI, raccoglie dati sanitari e biologici sensibili dei cittadini europei. In questo scenario, l’amministrazione americana presieduta da Joe Biden ha deciso di rafforzare i controlli sui flussi di dati statunitensi verso la Cina e la Russia. La legge bipartisan Biosecure Act vieterebbe alle aziende cinesi di genomica di ottenere contratti federali.
E l’Unione europea come si sta muovendo nella corsa a quello che viene considerato “il nuovo oro”, ovvero i dati genetici? Serve fare di più, scrivono i cinque. “L’Europa ha sperimentato le conseguenze dell’eccessiva dipendenza da entità esterne, soprattutto in settori critici per la sicurezza nazionale e il benessere pubblico. Così come l’Unione europea cerca alternative all’energia russa per garantire sicurezza e autonomia, una ricalibrazione simile è necessaria nel campo della genomica”.
Ci sono due documenti di partenza: la raccomandazione dell’Unione europea dello scorso anno per una valutazione del rischio sulle biotecnologie e la prima strategia della Nato, pubblicata di recente, sulle biotecnologie. Tuttavia, “i ricercatori, le imprese e i cittadini del settore genomico rimangono esposti”, scrivono gli europarlamentari auspicando “solidi quadri normativi e controlli di sicurezza specificamente adattati al settore della genomica”. Tra le misure da intraprendere suggerite ci sono: “Processi di selezione rigorosi, limitazioni all’esportazione di dati, controlli in loco sulle aziende con sede in Paesi stranieri ostili e la promozione di alternative basate nell’Unione europea per la ricerca e l’analisi genomica”. Ma c’è anche l’esempio canadese per rafforzare la sicurezza della ricerca: Ottawa ha deciso di impedire il finanziamento di progetti di ricerca sensibili legati a una delle 103 entità straniere che rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale.