In questa partita, le università digitali possono essere un player di grande rilevanza, al servizio della società e in collaborazione con le istituzioni. Esse svolgono un ruolo fondamentale per riconnettere l’offerta formativa alle competenze richieste dal mercato del lavoro. Con un approccio integrato, che valorizzi l’apprendimento continuo, promuova l’equità e gestisca le implicazioni socio-economiche, possiamo garantire un futuro del lavoro sostenibile, inclusivo e adatto all’era dell’IA. Il commento di Fabio Vaccarono, ceo Multiversity
La diffusione della tecnologia digitale – ancora più rapida e rivoluzionaria dopo la pandemia e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generativa – sta ridefinendo i paradigmi tradizionali in ogni ambito della società e dell’economia.
Questa “svolta digitale” deve prendere avvio già nel periodo della formazione, che deve aiutarci a coltivare il pensiero critico, la creatività e la collaborazione, per consentirci di essere adeguatamente preparati nel mondo del lavoro.
Il ritmo di questi cambiamenti è talmente elevato che, se dobbiamo ancora mettere a fuoco la vera portata di quelli attuali, appare difficile poter fare previsioni su quelli di domani: quello che però siamo già in grado di dire è che un bambino che nasce oggi probabilmente farà un lavoro che ancora non esiste, e sicuramente avrà a disposizione nuovi strumenti per gestirlo in modo più efficiente.
Globalizzazione, progresso scientifico e intelligenza artificiale sono concetti che appartengono al nostro quotidiano, insieme alla consapevolezza delle conseguenze che queste tecnologie comportano e alla necessità di dover dare una risposta a nuove sfide quali il futuro del lavoro e lo sviluppo sostenibile.
Con riferimento al mercato del lavoro, è evidente come si stia rapidamente ridefinendo il panorama lavorativo globale. La convergenza tra IA e mondo del lavoro sta plasmando un nuovo paradigma economico e sociale.
A noi attori economici, sociali, istituzionali, spetta l’onere di affrontare le sfide dall’adozione di questa tecnologia e farle diventare opportunità. Dobbiamo affrontare temi di complessità crescente. Dall’industria manifatturiera ai servizi finanziari, dalla sanità all’educazione: molti gli ambiti che sono interessati da questa rivoluzione in essere che, se da un lato promette di aumentare l’efficienza, ottimizzare i processi e stimolare l’innovazione, impone dall’altro la necessità di inserire il singolo lavoratore in programmi di reskilling e upskilling.
Secondo un recente studio del Fondo monetario internazionale, presentato a Davos durante l’ultima edizione del World Economic Forum, nelle economie avanzate circa il 60% dei posti di lavoro potrebbe essere “influenzato” dall’intelligenza artificiale. Dati, certo, che non possono fare piacere, ma che devono essere controbilanciati dal fatto che circa la metà di questi lavori potrebbe trarre vantaggio dall’integrazione dell’IA, andando a migliorarne la produttività.
Per sfruttare al meglio i vantaggi e ridurre gli impatti negativi dall’adozione dell’Intelligenza Artificiale, il Fmi ha sviluppato l’AI Preparedness index, indice che misura la preparazione all’intelligenza artificiale in quattro macroaree: le infrastrutture digitali, le politiche del capitale umano e del mercato del lavoro, l’innovazione e l’integrazione economica, la regolamentazione e l’etica.
In questo scenario complesso, una bussola viene in nostro soccorso: la domanda di competenze digitali è, infatti, sempre più crescente e centrale nel mondo delle imprese. Questa domanda, che corrisponde ad altrettanta occupazione e sviluppo sistemico, resta tuttavia per lo più inevasa: i dati evidenziano infatti una difficoltà nel reperimento di queste competenze, che supera sempre il 45%, come rivela il Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal.
E l’Italia? Dove si colloca? Secondo il “Report on the state of the digital decade” diffuso dall’Unione europea nel settembre 2023, il nostro Paese dovrebbe intensificare gli sforzi sulle competenze digitali, soprattutto con riferimento all’aggiornamento e alla riqualificazione della forza lavoro. Solo il 46% della popolazione italiana totale ha, infatti, skill digitali di base.
Per far fronte a quanto detto sopra, che afferisce alle sfide del digitale e al nodo critico delle competenze, abbiamo bisogno di una formazione capace di rispondere in maniera concreta alle rapide evoluzioni delle competenze richieste dal mercato del lavoro.
Un’industria human-centric, sustainable and resilient, come l’ha definita di recente la Direzione generale per la ricerca e l’innovazione della Commissione europea, richiede a noi tutti di porre rilevanza centrale al tema della formazione, quale centrale vettore di sviluppo e benessere, imprescindibile se vogliamo lavorare insieme all’ottenimento di una società più inclusiva e resiliente.
Programmi di formazione e riqualificazione mirati sono cruciali per aiutare i lavoratori a sviluppare le competenze necessarie per prosperare nell’era dell’IA. Essenziale è promuovere una cultura di apprendimento continuo, permettendo ai lavoratori di avere un certo grado di adattabilità per consentire alle persone di mantenere il passo rispetto ai rapidi cambiamenti caratterizzanti i diversi contesti lavorativi contemporanei e futuri.
Urge accelerare l’adozione della tecnologia per dare eque opportunità a tutti entro l’orizzonte temporale del 2026 stabilito dal piano strategico per la transizione digitale e la connettività, promosso dal Dipartimento per la trasformazione digitale.
Dobbiamo fare in modo che dal 2027 le nuove generazioni abbiano accesso alle migliori esperienze educative, ovunque si trovino in Italia; che i nostri imprenditori, piccoli e grandi, possano lanciare e far crescere le loro attività rapidamente ed efficientemente. Dobbiamo permettere che le pubbliche amministrazioni e i loro servizi siano accessibili senza ostacoli, senza costi e senza spreco di tempo. Dobbiamo, in sintesi, accelerare l’adozione della tecnologia.
È necessario uno sforzo comune a livello sistemico, per incrementare gli sforzi già in atto e le risorse già investite nella formazione del personale amministrativo e l’aggiornamento continuo della Pa, con l’ambizione di offrire ai cittadini servizi su misura in base alle loro esigenze.
L’intelligenza artificiale rappresenta una delle forze trainanti del cambiamento nel futuro della società e di tutti i suoi aspetti, principalmente quelle legate al mercato del lavoro. Affrontare il nodo delle competenze richiederà un impegno concertato e collaborativo da parte di tutte le parti interessate. A ogni persona viene sempre più richiesto un continuo upskilling e reskilling delle competenze. E per fare questo, il superamento della tradizionale divisione studio-lavoro è fondamentale.
In questa partita, le università digitali possono essere un player di grande rilevanza, al servizio della società e in collaborazione con le istituzioni. Esse svolgono un ruolo fondamentale per riconnettere l’offerta formativa alle competenze richieste dal mercato del lavoro.
Guardiamo con ottimismo a questa rivoluzione, già in essere. Perché è con un approccio integrato che valorizzi l’apprendimento continuo, promuova l’equità e gestisca le implicazioni socio-economiche che possiamo garantire un futuro del lavoro sostenibile, inclusivo e adatto all’era dell’intelligenza artificiale.
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