L’Italia, assieme a Francia, Germania e Ucraina, è tra i principali obiettivi dell’Operazione Overload, con cui la propaganda russa bombarda giornalisti e fact-checker minandone il lavoro e la credibilità
La falsa pubblicità della “Pizza Diavola Zelenskiy” che sarebbe stata ripresa sui social persino dal Fatto Quotidiano, faceva parte di un’operazione più ampia, ribattezza Overload, con cui la propaganda russa ha inondato giornalisti e fact-checker europei con centinaia di email per distrarre risorse e alimentare controversie.
La vicenda della falsa pizza, condita con disegni di cadaveri di soldati ucraini, di un ristorante di Roma, risale a poco più di un mese fa: il ristorante avevano dichiarato di non aver mai fatto una pubblicità simile e il Fatto Quotidiano aveva smentito la pubblicazione di una storia su Instagram, come emergeva invece da uno screenshot rivelatosi falso. E nelle tattiche impiegate e nella qualità dei contenuti falsi prodotti che sta la “notevole” portata dall’operazione smascherata da CheckFist.
Quest’ultima, un’azienda finlandese, ha denunciato “un’azione coordinata su Telegram e X per creare una diffusione artificiale di contenuti falsi, nonché su una rete di siti web controllati dagli autori. Questa tecnica di amalgama dei contenuti mira a creare la sensazione di un’ampia presenza online di falsi. Il passo successivo sono le campagne e-mail coordinate, che indicano a fact-checker e giornalisti le immagini o i video manipolati attraverso link ai social media e ai siti web controllati”. Come dimostra il caso della “Pizza Diavola Zelenskiy” l’Italia figura tra i principali obiettivi assieme all’Ucraina, aggredita dalla Russia, e a Francia e Germania, gli altri due Paesi dell’Unione europea membri del G7.
La ricerca mostra che più di 800 organizzazioni sono state prese di mira da circa 2.400 tweet. Oltre 200 e-mail mirate sono state inviate alle redazioni di tutta Europa e oltre. La campagna ha raggiunto i suoi obiettivi nei primi mesi: sono stati trovati oltre 250 articoli di fact-checking o debunking che menzionavano le risorse false create per l’Operazione Overload.
Le tattiche impiegate tentano “chiaramente”, si legge nel rapporto, di sovraccaricare la comunità globale di ricerca sulla disinformazione e di fact-checking, inducendo gli esperti a lavorare ore extra per verificare e smontare i contenuti falsi che sono stati creati e distribuiti appositamente per colpirli. Ma non è tutto: un altro obiettivo chiaro è quello di cercare di sfruttare il lavoro di questi professionisti per amplificare le false affermazioni dell’operazione e raggiungere così un pubblico più ampio.
“A wilderness of mirrors” ma in versione cyber. Come ai tempi di James Jesus Angleton a capo del controspionaggio della Cia, il risultato è: il sistema di contrasto viene paralizzato, la fiducia verso attori “sani” indebolita e il mito dell’invincibilità dell’attore ostile rafforzato.