Come da tradizione francese, Parigi prova ad orientare le decisioni europee assicurandosi intese preliminari con altri Paesi. Questo approccio, affatto comunitario nello spirito, potrebbe fare da propulsore a Difesa e Spazio, in vista della nuova Commissione europea. Il punto dell’analista di politiche europee e di Difesa, Fabrizio Braghini
Il recente pre-incontro tra Macron e Scholz (in perdita di leadership e performance) e altri rappresentanti dei popolari, socialisti e liberali sulle nomine apicali dell’Ue, che ha anticipato e ritardato la cena informale del Consiglio europeo, ha creato risentimento e sconcerto in metà delle delegazioni per l’approccio ad-excludendum e di pre-confezionamento di proposte non ancora discusse tra i 27. Ma questo modus operandi, che ha caratterizzato molti anni di costruzione europea, può continuare senza tener conto dei complicati meccanismi e fragili equilibri di governance, pesi e contrappesi tra i Paesi membri?
Finora il collaudato e oliato sistema francese mirato a influenzare, o tentare di guidare, pro domo sua le istituzioni europee e l’agenda UE è stato efficace. I suoi punti di forza poggiano tradizionalmente su una burocrazia efficace e integrata su più livelli che opera all’unisono, una visione strategica unica nel continente, un’ampia disponibilità finanziaria, investimenti mirati di lungo termine. Sono maestri nell’influenzare e guidare in modo sistematico molti dossier europei di interesse primario per il Paese, avanzando proposte e anticipando non papers che orientano fin dall’inizio le istituzioni europee, precostituendo posizioni aggregando il consenso di altri Paesi. I risultati sono spesso positivi, come l’inclusione del nucleare nella tassonomia verde europea, una priorità per Parigi.
Il costume di far giocare i poteri forti, e quindi l’ipocrisia di chi considera l’Europa uno strumento per i propri interessi nazionali e di leadership, non sembra ancora abbandonato. Negli anni recenti, con la pandemia, il nodo da risolvere per evitare il fallimento dell’economia dei Paesi fu risolto con l’adozione di un temporary framework che apriva al “liberi tutti” per gli aiuti pubblici nazionali. Non si presero però in considerazione le diverse condizioni di partenza, creando forti asimmetrie nel mercato interno che favorirono i Paesi con ampia disponibilità finanziaria, come appunto Francia e Germania, con il risultato di precostituire e ampliare il vantaggio competitivo a discapito degli altri Paesi.
La Commissione che verrà
Certo, le divergenze interne all’Europa su alcune tematiche rilevanti ci sono sempre state, ma ci sono pure state, e si confermano oggi, posizioni comuni tra Francia, Germania e Italia. Per esempio, sulla necessità di innovare la politica industriale e la concorrenza, come la flessibilità per promuovere campioni europei e facilitare i merger nella difesa, che la Vestager è riuscita a contrastare facendo leva sui principi e l’acquis communautaire della concorrenza. Cavallo di battaglia della Francia, che presenta cahiers de doléance da molti anni in modo non episodico. Questo tema fondante per l’Ue rappresenta anche oggi una leva politica per far funzionare e orientare il mercato interno, dove la scelta di un nuovo Commissario è di primaria importanza.
Nei comparti dello Spazio e della Difesa si è avuto un nuovo dinamismo con Breton, con interessanti iniziative finanziarie e il superamento di vecchi tabù nella Ue. Forse non si poteva fare di più in ragione dei vincoli dei Trattati. Fermo restando che Francia e Germania hanno due distinte politiche di Difesa, la Francia ha influenzato, ma anche rallentato, alcuni dossier europei, nonostante l’emergenza sulla sicurezza in Europa, in quanto si è ritrovata in una posizione minoritaria sull’autonomia strategica e il buy European. Entrambe le aree, Spazio e Difesa, sono assurte a un ruolo prioritario con interessanti prospettive finanziarie. È dunque appetibile avere uno o due Commissari che li gestiscano, e la Francia può essere molto attiva per queste posizioni.
Nella politica commerciale, invece, Francia e Germania spesso hanno avuto, e hanno, posizioni contrapposte per le diversità delle rispettive economie e dei comparti industriali, vedasi il recente dissidio con la Cina sulle auto elettriche. Probabilmente il prossimo Trade commissioner risulterà da un difficile compromesso.
In conclusione
Nel complesso, considerando che anche oggi le azioni francesi hanno una forte influenza sul Consiglio, il fatto che ci sia una linea comune con la Germania su varie tematiche può comunque comportare anche un vantaggio competitivo per gli altri Paesi, senza nulla togliere alle critiche su questo modo di operare. Con le prossime elezioni in Francia il mare si presenta agitato per le istituzioni europee, e la Commissione in particolare, proprio in un momento di disordine generalizzato che esige invece una più forte coerenza e coesione tra i Paesi europei.