Alla recente riunione dei ministri della Difesa, il segretario generale Stoltenberg ha sottolineato l’urgenza di affrontare sabotaggi, attacchi informatici e campagne di disinformazione. Si lavora su condivisione d’intelligence, protezione delle infrastrutture critiche e le restrizioni sui visti. Ma serve la sponda Ue
Consolidare la consapevolezza delle minacce, rafforzare lo scambio di informazioni d’intelligence e la protezione delle infrastrutture critiche, comprese quelle sottomarine e informatiche, inasprire le restrizioni sui visti dei funzionari dei servizi segreti russi. Sono le indicazioni date la scorsa settimana da Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, alla riunione dei ministri della Difesa dell’alleanza a Bruxelles. Suggerimenti che, pronunciati a pochi giorni dal vertice di luglio a Washington per il 75° anniversario della Nato, hanno l’intento rafforzare la risposta coordinata alla luce di quella che potrebbe essere una nuova postura russa. In questo senso, un’attenzione importante al tema in occasione del summit indicherebbe che sì, Mosca ha adottato una nuova postura.
“Abbiamo visto diversi esempi di sabotaggio, di tentativi di attacchi informatici o di disinformazione”, ha spiegato il segretario generale. Pochi giorni prima, i B9, ovvero il club di Paesi Nato dell’Europa centrale e orientale, avevano evidenziato, nella nota congiunta al termine del summit, “una campagna intensificata di attività che la Russia continua a condurre nella regione euro-atlantica”. Questa comprende “sabotaggi, atti di violenza, interferenze informatiche ed elettroniche, provocazioni relative ai confini alleati, campagne di disinformazione e altre operazioni ibride”.
Casi di sabotaggio sono stati registrati anche nel Regno Unito e in Germania. Operazioni psicologiche, economiche e politiche combinate con attività clandestine o convenzionali. Un unico obiettivo: seminare dubbi sulle prospettive militari dell’Ucraina e alimentare le divisioni all’interno della Nato e degli Stati membri.
Davanti a tutto questo (ma anche pensando alla sfida “sistematica” posta dalla Cina), la Nato sta cercando di rafforzare la condivisioni d’intelligence. Ma ci sono questioni su cui non può fare a meno dell’Unione europea, come gli obblighi per la protezione delle infrastrutture critiche e le restrizioni sui visti. In tal senso, nei giorni scorsi il governo della Repubblica Ceca, Paese membro di Unione europea e Nato tra i più attivi nel sostegno all’Ucraina e avanzati nel contrasto alle minacce ibride, ha rinnovato la richiesta alla Commissione europea di inserire nel prossimo pacchetto di sanzioni una limitazione dei movimenti dei diplomatici russi nell’area Schengen. Il governo ceco e gli altri che hanno sottoscritto la lettera a Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, temono che la libera circolazione dei diplomatici faciliti “attività malevoli”. Per questo, chiedono che ai diplomatici russi accreditati nei Paesi dell’Unione europea non sia permesso circolare liberamente nell’area Schengen.