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La nuova strategia africana dell’Italia. Un modello per l’Europa

Di Maddalena Procopio

Il Piano Mattei rappresenta non solo un’iniziativa politica, ma una finestra di opportunità per ridefinire il ruolo dell’Europa in Africa e nel mondo. Il commento di Maddalena Procopio, senior policy fellow del programma “Africa” dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr)

Le recenti visite in Libia della presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, e del suo gabinetto, in seguito agli accordi sui flussi migratori tra l’Unione Europea, la Tunisia e l’Egitto, in gran parte sostenuti dalla stessa Meloni, hanno portato alla percezione che la nuova strategia africana dell’Italia, nota come Piano Mattei, sia focalizzata esclusivamente sulla migrazione. Questa visione è fuorviante e ignora la portata complessiva del Piano e le sue implicazioni più ampie sia per l’Italia che per l’Europa. Sebbene affrontare la migrazione irregolare dall’Africa sia centrale all’agenda del governo Meloni, il Piano Mattei va oltre le preoccupazioni migratorie, rappresentando potenzialmente un cambiamento fondamentale nell’approccio dell’Europa verso l’Africa.

Il Piano rappresenta un tentativo di ricalibrare strategicamente le relazioni dell’Italia con l’Africa, adattandosi all’attuale scenario geopolitico, caratterizzato da una crescente competizione per i mercati e le risorse energetiche. Il Piano Mattei è ciò di cui l’Europa ha bisogno per tre motivi chiave.

In primo luogo, il Piano accenna ad una riconcettualizzazione della “cooperazione allo sviluppo” collegando gli obiettivi di sviluppo agli interessi industriali e dovrebbe rimanere ben focalizzato su questo senza disperdere i fondi. Così facendo i fondi per lo sviluppo verrebbero utilizzati non solo per rispondere ai bisogni sociali degli africani, ma anche per migliorare il clima degli investimenti, creando le basi essenziali per un impegno economico di lunga durata. Ad esempio, il miglioramento dei sistemi idrici dovrebbe mirare a beneficiare le comunità locali, supportando al contempo le esigenze dell’agroindustria. Allo stesso modo, i programmi di istruzione tecnica risponderebbero ai bisogni educativi locali, soddisfacendo simultaneamente lo sviluppo delle competenze rilevanti per l’industria. Questo approccio si tradurrebbe in una collaborazione pubblico-privato che mitigherebbe i rischi degli investimenti, allontanandosi dai metodi tradizionali centrati su donatore-ricevente e riconoscendo gli interessi condivisi tra l’Italia e le nazioni africane. Questo sfiderebbe la narrazione paternalistica dell’aiuto allo sviluppo nelle relazioni Europa-Africa, tanto criticato dagli africani stessi, soprattutto con l’ascesa di attori internazionali più transazionali come Cina e Russia.

In secondo luogo, il Piano Mattei suggerisce un’importante reality check circa la reale capacità dell’Europa di impegnarsi efficacemente con l’Africa, enfatizzando approcci pragmatici e basati sui punti di forza del settore privato e della società civile italiani. Dando priorità ai settori in cui l’Italia eccelle, come l’agricoltura e l’energia, e partendo da progetti già avviati, il piano mitiga il rischio di discrepanze tra le aspirazioni politiche e l’attuazione sul campo. Ciò consente agli attori italiani di competere più efficacemente nel crescente contesto di concorrenza internazionale per le risorse africane, evitando le insidie di strategie più ampie e meno concrete come il Global Gateway dell’UE, una grand strategy decisa in gran parte a Bruxelles che fatica ad allinearsi con le realtà del mercato e sul campo. Nonostante ciò, la mancanza di una grand strategy nel Piano Mattei lo rende altamente complementare a supportare iniziative come il Global Gateway.

In terzo luogo, l’approccio italiano potrebbe aprire la strada a un diverso modus operandi europeo in Africa, allontanandosi dal dominio di una singola grande potenza come la Francia verso un quadro collaborativo guidato da potenze europee medie e piccole con interessi in Africa, come Italia, Spagna, Portogallo, i paesi nordici e dell’Europa dell’est. Questi paesi possono mettere a fattore comune un diverso insieme di competenze, all’interno ad esempio di iniziative come il Global Gateway, riconoscendo il potenziale dell’azione collettiva per ottenere un impatto maggiore. L’immagine relativamente meno controversa dell’Italia in Africa la posizionerebbe bene alla guida di questo nuovo approccio, fungendo potenzialmente anche da ponte tra l’Europa e altri attori internazionali, come le monarchie del Golfo, che hanno mostrato interesse a supportare il Piano Mattei e per cui l’Africa è un nuovo centro nevralgico.

La strada da percorrere: coinvolgimento a più livelli

Il successo del Piano Mattei per l’Italia e l’Europa dipende da solide strategie di coinvolgimento multilivello. Il prossimo rapporto da parte della cabina di regia sullo stato di avanzamento del Piano Mattei, previsto entro il 30 giugno, dovrebbe mostrare i primi risultati a riguardo.

A livello nazionale, la centralizzazione della gestione del Piano nell’ufficio del primo ministro, con la creazione di una cabina di regia, è stata una mossa strategica per allineare gli interessi nazionali con gli obiettivi di politica estera. Tuttavia, per l’attuazione di un piano così articolato, è cruciale mantenere il focus su una governance inclusiva, che sfrutti le competenze di diversi stakeholder. Fuori dall’Italia, è in Europa dove risiedono le sorti del Piano Mattei. Un dialogo proattivo con le istituzioni dell’UE e gli Stati membri è essenziale per ottenere supporto e favorire la cooperazione. Il governo italiano dovrebbe promuovere attivamente la creazione di una coalizione europea per identificare sinergie tra le strategie africane’ europee, e con il Global Gateway. Senza un approccio collettivo europeo, il Piano Mattei potrebbe fare alcuni passi avanti, ma non sarà in grado di vincere la maratona nell’affollato contesto geopolitico africano.

A livello internazionale, con l’Africa è fondamentale una comunicazione chiara e comprensiva sugli obiettivi del Piano. Questo deve avvenire a livello nazionale, ma anche sub-regionale e continentale per ben allineare gli obiettivi italiani a strategie africane che vadano oltre i singoli (e spesso piccoli) mercati nazionali, per sfruttare le potenzialità del mercato unico africano. Inoltre, l’Italia dovrebbe sfruttare la sua immagine meno controversa rispetto ad altri attori europei attivi in Africa e a livello globale, per continuare a perseguire la cooperazione con partner non-europei, in particolare quelli provenienti dal Sud del mondo. Utilizzando anche la sua presidenza del G7, l’Italia dovrebbe enfatizzare – come in parte già sta facendo – l’importanza del coordinamento e della cooperazione per raggiungere interessi comuni in Africa, come lo sviluppo delle infrastrutture e l’energia verde. Questo permetterebbe all’Italia e, possibilmente, all’UE di inviare un segnale importante, riconoscendo la crescente rilevanza del Sud del mondo, inclusa l’Africa, nelle decisioni globali ed evitando ulteriori reciproci allontanamenti.

In definitiva, il Piano Mattei rappresenta non solo un’iniziativa politica, ma una finestra di opportunità per ridefinire il ruolo dell’Europa in Africa e nel mondo.

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