Il limes polacco diviene punto di partenza per la controffensiva ucraina e per la sicurezza d’Europa. Strutturare “lo scudo orientale” (operazione East Shield), monitorare Kaliningrad e fare del confine bielorusso uno stato cuscinetto. Vittoria totale e resistenza ad oltranza. Priorità che il Ministro degli Esteri Sikorski ha ribadito anche durante l’incontro informale tenutosi a Praga
Limiti, senso della misura, equilibri territoriali e tra potenze, la pace come pedina strategica di un disegno che mira non alla vittoria, ma alla conservazione dell’Ordine. All’eredità kissingeriana in politica estera, si aggiunge “la prudenza” di Papa Giovanni XXIII riconosciuta come la più importante delle virtù che deve connotare l’azione diplomatica.
Negli ultimi giorni, invece, prudenza e “pace preventiva” sembrano scomparse dal lessico diplomatico europeo, per essere sostituite dal timore dell’effetto domino e da un clima pre-bellico. Perché mentre il fronte dei Paesi favorevoli all’utilizzo di armi Nato in territorio russo (Francia, Gran Bretagna, Finlandia, Repubblica Ceca, Svezia e Paesi baltici) si allarga, Lavrov avverte che Mosca è pronta a mettere in atto “misure di deterrenza nucleare”. Ovviamente, la Polonia, rinata sotto il laicismo e la guida liberale di Donald Tusk, è il sostenitore più accalorato della schiera di Stati che intravede nella vittoria definitiva dell’Ucraina l’unica soluzione possibile del conflitto in corso. Il ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski, non esclude l’invio di truppe a Kyiv, e il suo collega della Difesa, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, afferma che non bisogna porre limiti alla fornitura di armi polacche all’Ucraina.
Ma, al di là dei toni e degli avvertimenti apocalittici, c’è qualcosa di ben più sorprendente che luccica nelle stanze del civico 218 di viale Niepodległości. Lo scudo dell’Est forgiato per rafforzare e difendere il confine fisico con Bielorussia e Russia, e per limitare la mobilità delle rispettive truppe.
Sì, per la prima volta, lo scorso 18 maggio, Tusk ha menzionato il nome in codice dell’operazione costata 10 miliardi di zł (oltre 2,55 miliardi di dollari): East Shield, per l’appunto. 700 km di confine da tutelare e da isolare dalle minacce russe e bielorusse. Andando al sodo, in cosa consiste quella che Kosiniak-Kamysz ha definito “la più grande operazione per rafforzare il fianco orientale della Nato dal 1945”? Uno “scudo” costituito da barriere fisiche, progettate per rallentare gli eserciti in arrivo, e da sistemi di sorveglianza di fascia alta (alcuni gestiti attraverso l’impiego dell’intelligenza artificiale), da basi operative avanzate, infrastrutture adeguate per i sistemi anti-drone.
Architetture ed esperimenti logistici tradotti in una serie di tralicci, stazioni base munite di sistemi di allarme e tracciamento, funzionali all’accesso e al reperimento di comunicazioni sicure crittografate.
Il nemico da abbattere non è mai stato così chiaro, il pericolo così reale, e il confine va protetto per far comprendere, ad alleati e avversari, al “bene” e al “male”, che la Polonia non scherza. Varsavia non è più la Grande Martire della storia, ma la punta fondamentale della rosa dei venti che sventola sul blu dell’Atlantico. Testa d’ariete della Nato e grande muraglia a difesa dell’Europa, a garanzia della vittoria sull’Orso a tutti i costi. Questo il messaggio che accomuna la politica estera messa in pratica dal governo Morawiecki e dal governo Tusk.
La sicurezza nazionale dipende proprio dal controllo dell’oblast di Kaliningrad (Königsberg secondo la damnatio memoriae dei polacchi) e del confine con la Bielorussia, segnato dal Bug occidentale, dalla foresta di Białowieża e contenuto dalla triplice frontiera. Quest’ultimo, sempre stando alle dichiarazioni rilasciate da Tusk durante una conferenza stampa tenutasi a Dubiche Tserkevna, dovrebbe volgersi in un’area cuscinetto, giusto per ripristinare un linguaggio da cold war. Soprattutto dopo le ultime aggressioni, ai danni delle guardie di frontiera polacche, per mano di alcuni migranti bielorussi.
Dunque, scudo e fortezze ad est, monitoraggio dei confini, rielaborazione e stabilizzazione dei rapporti all’interno dell’Ue, e rafforzamento della difesa collettiva. Temi che Sikorski ha riproposto anche due giorni fa, a Praga, nel bel mezzo dell’incontro informale dei capi della diplomazia dei paesi dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, anteprima del prossimo vertice della Nato che avrà luogo a Washington.
“Dissuadere Putin è il compito della Nato” ha affermato Sikorski. “La Polonia esaminerà più attentamente la proposta tedesca per uno scudo di difesa aerea europeo (European Sky Shield Initiative). Abbiamo inviato all’Ucraina 44 pacchetti di aiuti, l’ultimo dei quali ammontava a circa 100 milioni di euro. Se altri paesi seguissero la nostra strada, considerando il loro PIL, l’Ucraina potrebbe passare all’offensiva”.
L’obiettivo della Polonia è inequivocabile. Depotenziamento e vittoria totale sul Cremlino. Varsavia accolta e riconosciuta come il vero freno all’avanzata russa, uno dei pochi Stati disposti alla resistenza illimitata. Resta però un dubbio.
Qual è il limite per Varsavia?