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Così Putin ci vuole convincere che l’Ucraina è perduta. Parla il prof. Teti

L’obiettivo strategico di Mosca è distruggere lo spirito combattivo dell’Ucraina, convincendo i Paesi occidentali che questa guerra è sostanzialmente una causa persa, dice il professore dell’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara

Secondo Antonio Teti la Russia di Vladimir Putin “non può perdere” la guerra in Ucraina iniziata poco meno di due anni e quattro mesi fa. Dice il professore dell’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara che al Cremlino l’idea che la Russia “non possa perdere rimane una convinzione saldamente radicata per molti, finanche per alcuni leader politici occidentali”.

Come mai?

Nel febbraio 2022, quando la Russia intraprese l’invasione su vasta scala del suo confinante, l’opinione generale era che l’Ucraina sarebbe caduta in pochi giorni. Ciò non è accaduto, e certamente il fallace ottimismo di una facile e rapida vittoria, corposamente alimentato dai vertici militari e dell’intelligence russa, ha assunto in breve tempo la connotazione di un tragico errore di valutazione da parte dello stesso Putin. Ma a distanza di più di due anni, prevale l’opinione da parte di molti osservatori occidentali, e soprattutto di molti politici del Partito repubblicano statunitense, che la Russia non potrà perdere questa guerra. Alcuni sostengono perfino che il successo di Mosca si sta consumando essenzialmente nelle menti degli occidentali più che sul campo di battaglia.

L’amministrazione Biden ha annunciato nei giorni scorsi un nuovo stanziamento per l’Ucraina di circa 225 milioni di dollari, incluse le nuove munizioni per il sistema missilistico Himars e i proiettili per l’artiglieria dell’esercito di Kyiv. Potranno avere un impatto decisivo?

Se queste nuove forniture possono consentire a Kyiv di contrastare in qualche modo le imminenti operazioni militari condotte dai russi, sembra non ventilarsi alcuna soluzione per un problema che appare come irrisolvibile per l’Ucraina: la mancanza di soldati. Le indecisioni dei Paesi occidentali e degli stessi Stati Uniti nell’invio di armi e munizioni, oltre alle numerose divergenze politiche in ambito Ue sulle possibili e ipotizzabili soluzioni per porre termine al conflitto, stanno minando da tempo lo spirito combattivo dei soldati di Kyiv.

In che senso?

Il morale delle truppe è a terra, semidemolito dai bombardamenti incessanti delle forze armate russe, e soprattutto dalle continue perdite subite sul campo di battaglia. Le folle di giovani che all’inizio del conflitto si mettevano in fila, nelle diverse città ucraine per arruolarsi nell’esercito, sono sistematicamente scomparse. Molti giovani hanno già abbandonato il Paese. Il quadro è quello di un Paese che scivola verso il disastro. Gli ucraini che vivono a Kyiv e nel centro e nell’ovest del Paese, ben lontani dalle linee del fronte, sembrano sempre più orientati verso una soluzione della guerra che possa consentire loro di tornare alle loro vite normali. Si stima che circa 650.000 uomini ucraini in età da combattimento siano già fuggiti dal Paese. Se due anni fa i treni in partenza dall’Ucraina trasportavano essenzialmente donne, bambini e anziani in cerca di rifugio, attualmente circa un terzo dei passeggeri dei treni diretti fuori dal Paese è composto da uomini in età da combattimento. Lo stesso sindaco di Kyiv, Vitali Klitschko, ha affermato di aver capito che la popolazione vuole tornare alla normalità. Oleksandr Syrskyi, comandante in capo delle forze armate, ha evidenziato che la situazione sul fronte orientale dell’Ucraina è “significativamente peggiorata negli ultimi giorni”.

Che cos’è andato storto, allora?

L’Occidente aveva probabilmente riposto una fiducia eccessiva nelle sanzioni contro la Russia, pensando che la stessa non avrebbe retto alle stesse nel tempo. E verosimilmente si è creduto che la popolazione russa si sarebbe rivoltata contro il proprio leader per la costante perdita di soldati russi nel corso dei mesi. Al contrario di tali supposizioni, l’economia russa è rimasta sostanzialmente stabile, anche perché sostenuta dai suoi più fidati alleati, la Cina in primis, e Putin ha rafforzato il suo potere e la stessa stabilità politica interna. Va altresì evidenziato che le medesime sanzioni statunitensi ed europee attivate contro Mosca, saranno presto estese ad aziende che in qualsiasi parte del mondo che intrattengono affari con entità russe. Lo stesso Biden ha elencato già 500 nuove entità che saranno oggetto di sanzioni, tra cui aziende in Cina, Vietnam, Arabia Saudita e Liechtenstein. Ad aprile scorso è stato l’ex comandante del Joint Forces Command del Regno Unito ad affermare che l’Ucraina potrebbe essere sconfitta dalla Russia nel corso del 2024.

Qual è l’obiettivo di Putin?

L’obiettivo strategico di Putin, oltre a quello territoriale, è costituito dall’intenzione di distruggere lo spirito combattivo dell’Ucraina, convincendo definitivamente i Paesi occidentali che questa guerra è sostanzialmente una causa persa. Si arriverà certamente a un trattato di pace, una svolta che tuttavia produrrà presumibilmente una serie di effetti: l’accordo sarà rivendicato da Putin come una straordinaria vittoria del Paese; la Cina, partner principale di Mosca, assumerà un ruolo di maggiore rilievo sia sul piano economico che militare a livello mondiale; la rilevanza dell’Occidente e degli Stati Uniti, in ambito mondiale, subirà un ulteriore calo. In conclusione, la Russia non accetterà mai di perdere questo conflitto. Una sconfitta sul campo per Mosca non assumerebbe semplicemente la connotazione di una perdita di immagine sul suo ruolo di superpotenza mondiale, ma produrrebbe conseguenze difficilmente prevedibili anche per altri Paesi, in ambito economico, politico e militare.

Che cosa dicono, in termini di minacce ibride, le parole pronunciate Putin sull’Italia pochi giorni prima delle elezioni?

Lo scorso anno ho pubblicato un libro dal titolo “Cyber influence. Propaganda, persuasione e condizionamento psicologico online” in cui ho descritto quale sarebbe stata la portata delle operazioni di propaganda e disinformazione, condotte soprattutto attraverso il mondo virtuale, negli anni a venire. L’ho definita come devastante e incontenibile. Un esempio, in tal senso, è dato dall’evento di alcuni giorni fa che ha interessato la Francia. Cinque bare sono state deposte ai piedi della Torre Eiffel a Parigi. Sulle bare cappeggiava la scritta: “Soldati francesi dell’Ucraina”. Le autorità francesi sospettano che si tratti di un’azione di manipolazione psicologica dell’opinione pubblica condotta da gruppi filorussi. È solo l’ultimo esempio che consente di comprendere come un gesto che richiede poco impegno in termini di costi e impiego di risorse umane, possa produrre effetti straordinari sul piano del condizionamento psicologico e comportamentale. L’immagine di bare di soldati francesi è in grado di evocare nell’immaginario collettivo dei francesi scenari futuri terrorizzanti, e di conseguenza inaccettabili.

Che ruolo ha il cyberspazio in questa fase del conflitto?

Un ruolo enorme e sostanziale. Purtuttavia, quando si parla di conflitti cibernetici non bisogna limitarsi all’analisi degli attacchi in grado di bloccare i sistemi informatici di un Paese (come nel caso di attacchi di tipo DDoS), ma bisogna estendere l’osservazione anche sulla portata e le conseguenze di altre tecniche e metodologie fruibili nel mondo virtuale, come per esempio la conduzione di operazioni di virtual human intelligence (Vhumint), utili per la direzione di operazioni di cyber-spionaggio, oppure l’utilizzo di piattaforme di intelligenza artificiale in grado, per esempio, di formulare autonomamente previsioni sull’identificazione dei migliori obiettivi militari da colpire. Stiamo assistendo a una inarrestabile e rapido sviluppo di applicazioni di intelligenza artificiale proprio nel settore militare, e gli attuali conflitti in corso, da quello russo-ucraino a quello israelo-palestinese, possono rappresentare un importante “laboratorio di studio” in tal senso.

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