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Caccia del futuro. L’Aeronautica Usa fa il punto sull’Ngad

Gli Usa vogliono sviluppare due caccia di prossima generazione, ma i fondi sembrano non essere abbastanza, e anche il capo di Stato maggiore dell’Air force prende tempo. Il risultato potrebbe essere puntare sullo sviluppo dei sistemi unmanned che potrebbero accompagnare i caccia già in linea

Il caccia del futuro italo-britannico-giapponese Global Combat Air Programme (Gcap), non è l’unico programma per un velivolo da combattimento di sesta generazione. Mentre anche Parigi, Berlino e Madrid stanno sviluppando un loro sistema, il Système de combat aérien du futur (Scaf), la Russia e la Cina ne sviluppano uno ciascuna (rispettivamente il MiG-41 e il J-28). Altri Stati osservano più defilati, nell’ottica di sviluppare programmi nazionali o cooperativi (Svezia, India, Brasile, monarchie del Golfo). 

Nel frattempo gli Stati Uniti ne stanno sviluppando addirittura due. Dopo l’esperimento di una collaborazione interforze per lo sviluppo di un solo caccia-bombardiere con più varianti, l’F-35 di Lockheed Martin, ora Washington ha deciso di finanziare invece lo sviluppo di due caccia, uno per Aeronautica ed Esercito, un altro per Marina e Marines. L’obiettivo della decisione non è solo rispondere alla volontà delle Forze armate Usa, ma è inserito nell’ottica di aumentare la resilienza e la competitività dell’industria aeronautica statunitense. Entrambi i programmi sono denominati Next generation air dominance (Nged), ma mentre il progetto dell’Air force è conosciuto con questo acronimo, quello per il servizio navale è più noto con il nome F/A-XX. 

Ma se da una parte gli Usa continuano a dimostrare la loro leadership nel settore, capaci cioè di immaginare lo sviluppo di due caccia di sesta generazione, dall’altra la Difesa a stelle e strisce ha cominciato a interrogarsi su alcune criticità inerenti al programma. Nel corso del recente evento Air&Space wartfighters in action, il capo di Stato maggiore della Us Air force, generale David W. Allvin, ha rilasciato una dichiarazione in controtendenza rispetto a quanto detto dall’Aeronautica finora: l’Ngad non è una necessità imprescindibile. Questo perché il budget della Us Air force è già molto impegnato in programmi di prima fascia come i missili balistici intercontinentali Sentinel, il nuovo bombardiere B-21, e l’acquisto di F-35. Inoltre, emerge la sensazione che gli Usa vogliano puntare di più sullo sviluppo dei droni che accompagneranno il caccia di prossima generazione, creando un sistema di sistemi. La vera innovazione, allora, starebbe nel sistema stesso, e questi droni potrebbero affiancare gli attuali caccia F-22 e F-35. 

Se l’Aeronautica sembra aver messo in discussione il suo obiettivo 2030, la Us Navy aveva ufficialmente deciso, a marzo 2024, di posporre il finanziamento di un miliardo di dollari inizialmente previsto per il proprio F/A-XX relativo al budget del 2025.

Nel frattempo, il Gcap progetta di entrare in servizio nel 2035, mentre lo Scaf a inizio anni Quaranta, il J-28 cinese prima del 2035 (secondo Pechino). Quello russo avrebbe dovuto entrare in servizio nel 2020, ma ora è proiettato maggiormente verso gli anni successivi al 2030. Per quanto riguarda gli europei, invece, soprattutto per l’Italia e i partner del Gcap si prospetta una grande opportunità, dal momento che potrebbero essere i primi ad offrire sul mercato un sistema di sistemi di sesta generazione. Infatti, dopo non aver commercializzato il predecessore, F-22, è possibile che gli Usa decidano di non esportare i propri Ngad. Anche la Cina non ha voluto commercializzare i suoi prodotti più strategici. Nell’ottica della sfida nell’Indo-Pacifico, la superiorità aerea sarà un aspetto fondamentale, e Washington e Pechino potrebbero mettere le preoccupazioni sull’export in secondo piano. Resterebbe l’aereo di Mosca, che però è focalizzata sull’aggressione all’Ucraina, e lo Scaf, che però subisce i rallentamenti delle complicate relazioni tra Parigi e Berlino. 

Per gli statunitensi, la soluzione potrebbe essere seguire lo spunto del senatore repubblicano Robert Wicker, voce di primo piano nel ramo legislativo americano circa la Difesa. Nel libro bianco “Pace attraverso la forza”, Wicker definisce l’ambiente creato dall’asse formato da Cina, Russia, Iran e Corea del Nord come “la minaccia più pericolosa dagli Stati Uniti dagli anni precedenti alla Seconda guerra mondiale”. Pertanto, si propone di realizzare un “investimento generazionale” nelle Forze armate: altri 55 miliardi quest’anno, passando dall’attuale 3% del Pil destinato alla Difesa al 5% (livello da fine Guerra fredda) nel giro di cinque o sette anni. Per Wicker, fare questo raggiungerebbe due obiettivi strategici: prevenire guerre e stimolare e sostenere l’innovazione statunitense. Senz’altro, emergerebbero i fondi necessari per realizzare l’ambizione di un doppio Ngad.

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