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Doppi cittadini ai vertici dello Stato? Il dibattito aperto da Bardella in Francia

La proposta del leader della destra francese sui ruoli sensibili in settori come difesa e intelligence ha alimentato il dibattito. Non sembra una strada percorribile, eppure se ne parla. Un modo per rassicurare il comparto e i partner? In ogni caso, c’è un interrogativo strategico per le nostre democrazie, lo stesso che riguarda l’app cinese TikTok

Si possono escludere dalle posizioni “strategiche” dello Stato persone con doppia cittadinanza per ragioni di sicurezza nazionale? Secondo Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National, sì. Era stato lui a lanciare l’idea la scorsa settimana, in vista del primo turno delle elezioni di ieri che hanno visto i lepenisti affermarsi come prima forza politica in Francia. Di fronte alle forti reazioni suscitate dall’annuncio, Marine Le Pen aveva chiarito su X che la restrizione riguarderà solo “alcune decine di posti di lavoro molto sensibili in posizioni strategiche nella difesa, nel nucleare o nell’intelligence, per esempio”.

Fu la stessa Le Pen a farne una bandiera durante la campagna presidenziale del 2017, quando il partito si chiamava ancora Front National, salvo seppellirla dopo la sconfitta. “Si tratta di una misura che non è decisiva nella lotta contro l’immigrazione e che potrebbe danneggiare inutilmente i francesi”, aveva spiegato. “La Francia si è evoluta”, aveva aggiunto.

La proposta – difficile da attuare secondo molti esperti – ha sempre rappresentato un ostacolo all’apertura verso nuovi elettori per il Front National prima e del Rassemblement National dopo.

Non sono mancate le proteste. “Come ambasciatore con doppia nazionalità, sono orgoglioso e onorato di servire la Francia pur essendo fiero delle mie origini. Questo non sarebbe stato possibile sotto un governo di estrema destra”, ha scritto Karim Amellal, inviato per il Mediterraneo, su X. “Il fatto che la lealtà delle persone con doppia nazionalità possa essere messa in discussione in questo modo è per me fonte di grande sofferenza”, ha dichiarato il diplomatico Mohamed Bouabdallah a Le Monde.

Contro la proposta anche Olivier Mas, ex colonnello della Dgse (l’intelligence esterna francese): “Dall’inizio degli anni Duemila, la Dgse ha reclutato in modo significativo persone di origine nordafricana. Le loro competenze sono state particolarmente utili nell’antiterrorismo, soprattutto nelle zone vicine allo Stato Islamico”, ha spiegato a L’Express. La proposta manda “un segnale catastrofico” ai cittadini con doppia nazionalità, “insinuando che abbiano una doppia fedeltà”, ha aggiunto. Un punto che richiama i sospetti antisemiti rivolti alle comunità ebraiche, anche nella stessa Francia.

L’ex funzionario ha poi sottolineato la natura “automatica” delle indagini approfondite nell’intelligence, che non si limitano alla sola nazionalità. “Quando ho sposato una donna canadese, ho firmato un documento in cui dichiaravo di essere al di fuori delle regole e che il direttore generale avrebbe deciso se potevo continuare a lavorare per la Dgse”, ha spiegato. Ovvero: si può escludere il singolo sulla base di valutazioni di sicurezza ma non in quanto appartenente a una macro-categoria. Così, negli anni passati, come raccontato da L’Express, la Dgse ha evitato candidati franco-cinesi sulla base non della doppia cittadinanza bensì dei legami che la Repubblica popolare cinese ha stabilito con la diaspora (come dimostra il recente articolo del Financial Times sui giovani cinesi negli Stati Uniti, impegnati nella diffusione di propaganda per il Partito comunista cinese).

La doppia cittadinanza, dunque, non sembra essere una questione per determinate posizioni. Sempre rimanendo nel mondo intelligence, l’argomento è dibattuto: può essere un’occasione in più sul piano operativo ma pone anche potenziale problemi (può rendere più facile, per esempio, tradire ben sapendo di avere a disposizione un secondo passaporto).

Perché allora rilanciare l’idea? Non possiamo escludere che Bardella, che punta a diventare il prossimo primo ministro di Francai, abbia voluto inviare segnali ai partner internazionali, alla Nato e agli Stati Uniti in particolare, alla luce degli storici e solidi rapporti del suo partito con la Russia. Non possiamo escluderlo anche alla luce di un recente articolo di Intelligence Online, testata considerata molto vicina all’intelligence francese, che spiegano come “la possibilità di un governo di estrema destra in Francia ricorda l’Italia, dove Giorgia Meloni si è preoccupata di rassicurare i servizi di sicurezza e di chiarire il suo attaccamento alla Nato e all’Unione europea sulle questioni strategiche”. È proprio questo fattore attaccamento a rappresentare la maggiore incognita a Parigi.

In ogni caso, nel merito, la proposta di Bardella pone un interrogativo strategico per le nostre democrazie, lo stesso che riguarda l’app cinese TikTok: siamo disposti a vedere alcuni nostri diritti erosi in nome della sicurezza nazionale in un contesto in cui i nostri avversari – Russia e Cina –, invece, possono tutto in nome della sicurezza nazionale?


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