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Un anno dal Codice dei contratti pubblici. Il punto di vista della Fondazione Inarcassa

Di Andrea De Maio

Tra dubbi e incertezze iniziali, dopo un anno dalla sua entrata in vigore, adesso gli attori della filiera possono finalmente trarre un primo bilancio. Ecco gli aspetti da migliorare. L’intervento di Andrea De Maio, presidente Fondazione Inarcassa

Dopo quasi sette anni, a luglio 2023 il vecchio codice dei contratti pubblici è andato in pensione, lasciando il posto a un testo normativo fresco di titolo. Tra dubbi e incertezze iniziali, dopo un anno dalla sua entrata in vigore, adesso gli attori della filiera possono finalmente trarre un primo bilancio.

In qualità di professionisti tecnici, che svolgono incarichi pubblici al servizio della collettività, riteniamo sia necessario segnalare alle istituzioni alcuni aspetti da migliorare. E lo facciamo perché Fondazione Inarcassa è, sin dalla sua costituzione, un punto di riferimento per tutti gli architetti e ingegneri liberi professionisti, partecipando a tavoli tecnici con il fine di formulare proposte che siano di indirizzo per il legislatore.

Fermo restando che grazie al nuovo codice dei contratti, nato anche dall’importante contributo del Consiglio di Stato, sono stati valorizzati i processi di digitalizzazione nonché snelliti gli interminabili processi burocratici; purtroppo le criticità riscontrate non sono poche.

Prima fra tutte il venir meno della centralità del progetto, elemento fondamentale per garantire un progetto di qualità e, conseguentemente, un’opera pubblica duratura nel tempo e sicura per i cittadini.

E che dire dei requisiti di partecipazione negli appalti di servizi di ingegneria e architettura, oggi limitativi della concorrenza e in contraddizione con i principi di accesso al mercato, nonché di massima partecipazione alle gare. Sull’appalto integrato, poi, si registra un totale e pericoloso “schiacciamento” a favore delle imprese. Infatti, se si affida la progettazione e l’esecuzione in capo a un unico soggetto, si elimina, tout court, la posizione di terzietà del progettista a garanzia della Pubblica amministrazione.

Nonostante i passi avanti fatti con la legge 49/2023, resta tuttora da chiarire il tema dell’equo compenso. Ancora non risulta evidente l’equazione: un progettista retribuito correttamente è sinonimo di “progetto di qualità”. Per questo diventa necessario e urgente anche un aggiornamento del decreto “parametri”, che non contempla molte prestazioni professionali, tra cui quelle più recenti introdotte dal Pnrr. Serve, inoltre, una revisione della normativa in materia di accordi quadro visto che, per le attività di progettazione e per le prestazioni di natura intellettuale, esclude tutte le realtà medio-piccole e apre la strada al subappalto a cascata anche dei servizi di ingegneria e architettura.

Appare dunque cristallino che servano dei correttivi per non depotenziare il ruolo centrale della fase progettuale, da un lato, e garantire il principio di concorrenza nelle gare di appalto, dall’altro lato.

Sperando che le critiche degli attori di filiera, come noi, non restino inascoltate e vengano percepite dal legislatore come costruttive, non ci resta che fare gli auguri al nuovo codice dei contratti per questo primo anno di vita.



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