“La coesione tra i Paesi membri è fondamentale” e l’impegno a raggiungere il 2% del Pil per la difesa è “essenziale nonostante le difficoltà economiche”. Sul fianco sud, è cruciale nominare un italiano come inviato speciale per rafforzare la posizione dell’Italia. La solidarietà con l’Ucraina rimane una priorità, con un forte impegno politico, umanitario e militare. Intervista al presidente della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato, Lorenzo Cesa
A poche ore dalla conclusione del summit Nato a Washington, Lorenzo Cesa, presidente della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato, condivide con Formiche.net il ruolo chiave dell’Italia nel rafforzare la coesione tra i Paesi membri e la centralità dell’Alleanza Atlantica.
Come si sta muovendo l’Italia rispetto all’impegno del 2% del Pil per le spese militari?
Il punto principale è la coesione e la compattezza di tutti i Paesi della Nato. Dimostrare da Washington la solidità della Nato era l’obiettivo principale del Summit ed è stato chiaramente raggiunto. La Nato infatti ha come obiettivo principale tenere uniti i Paesi nella difesa della democrazia e della libertà, per garantire la pace ai cittadini dei Paesi membri. La Nato non è guerra, ma pace attraverso la deterrenza. Questo è importante da comprendere.
Questo concetto è stato ripetuto più volte nei vari forum ed eventi.
Durante gli incontri parlamentari a cui ho partecipato, la Nato è stata chiaramente definita come uno strumento di difesa e non di aggressione. Protegge i popoli e i cittadini dei Paesi membri, ed è la più grande alleanza militare al mondo. L’Italia è stata tra i fondatori di questa alleanza, e ne siamo orgogliosi. Rispetto al 2% delle spese militari richieste dalla Nato, l’Italia deve adeguarsi, utilizzando queste spese per difendere il proprio Paese ed essere pronta ad agire in caso di aggressione.
Il governo Meloni si è impegnato in questo adeguamento, nonostante le difficoltà economiche. Dobbiamo rivedere le voci di bilancio per classificare correttamente alcune spese come difesa del Paese. Il 2% è la base e noi non l’abbiamo ancora raggiunto. L’Italia deve adeguare le spese per rafforzare la difesa del proprio Paese. È importante parlare con il linguaggio della verità ai cittadini e tenere fuori dalle polemiche politiche le spese per la difesa. Anche io, pur essendo pacifista, riconosco l’importanza della deterrenza militare per garantire la pace, soprattutto in un mondo cambiato come quello attuale.
Altro punto cruciale per l’Italia riguarda l’attenzione della Nato sul fianco sud. L’Italia ha chiesto che un italiano ricopra il ruolo di inviato speciale della Nato per questo fronte, sottolineando il contributo significativo dell’Italia alle missioni Nato. Quali prospettive esistono per tale nomina e come potrebbe questa decisione influenzare la posizione dell’Italia all’interno dell’Alleanza?
È un grande successo per l’Italia aver riportato al centro dell’attenzione della Nato il tema del fianco sud, stabilito nel vertice di Madrid. L’Italia ha lavorato per rafforzare il partenariato con i Paesi del Mediterraneo, del Golfo e dell’Africa. Il successo italiano sta nell’aver inserito nel documento finale una maggiore attenzione sul fianco sud della Nato e nella nomina (sperando che sia un italiano) come inviato speciale per questa area. Ciò riflette la nostra capacità di interlocuzione con questi Paesi, data la nostra posizione geografica.
Però anche la Spagna è coinvolta nella nomina di un suo rappresentante come inviato speciale della Nato per il fianco sud, giusto?
La Spagna ha un interesse significativo e anche la Francia guarda al Mediterraneo con attenzione. Così come il Portogallo, che ho avuto l’occasione proprio di recente di visitare per una missione Nato, il quale pur non essendo sul Mediterraneo si occupa molto del partenariato mediterraneo. Noi, però, siamo i principali protagonisti di questo lavoro. Il nostro successo sta nell’aver inserito questo argomento nel documento finale, grazie al lavoro parlamentare del presidente La Russa, del presidente Fontana e il mio. Entrambi i presidenti hanno sottolineato, proprio a Washington D.C., l’importanza di prestare attenzione a ciò che accade in Africa, Medio Oriente e Balcani.
Il successo italiano in questo vertice è stato notevole e autorevole, sia a livello parlamentare, con la presenza dei presidenti dei due rami del Parlamento, sia con la presenza del presidente del Consiglio e dei Ministri degli Esteri e della Difesa. Abbiamo focalizzato l’attenzione non solo sui temi principali come l’Ucraina e il 2%, e sull’Indo-Pacifico, ma soprattutto sul Mediterraneo, un tema estremamente delicato che deve essere affrontato dalla Nato.
La questione ucraina è stata al centro del Summit, ma ancora suscita divisioni all’interno del governo italiano riguardo al sostegno militare e finanziario. Quali sono state le discussioni più significative al Summit e come il nostro governo sta gestendo questa tensione interna tra partiti politici?
Contano le cose che si votano in Parlamento. Contano gli atti parlamentari. I presidenti dei due rami del Parlamento sono stati netti nei rispettivi interventi al Summit, ribadendo la nostra solidarietà nei confronti del popolo ucraino. La solidarietà non è solo una parola vaga, ma si manifesta sul piano politico, umanitario e militare. Questo è stato detto chiaramente dalla presidente del Consiglio e dai ministri che l’hanno accompagnata.
L’Italia insieme a tutti i Paesi della Nato è al fianco dell’Ucraina senza esitazioni. Essere solidali con l’Ucraina significa anche sostenerla militarmente. Dalle statistiche che ho visto, il nostro Paese è il dodicesimo nella Nato per sostegno concreto, quindi dobbiamo rafforzare il nostro impegno. Facciamo molto sul piano umanitario e dell’accoglienza, offrendo un trattamento particolare ai rifugiati ucraini in Italia. Il tema della difesa del nostro Paese dovrebbe essere tenuto fuori dalle polemiche politiche perché riguarda direttamente la tutela di tutti gli italiani. L’invasione è davvero inconcepibile per chi ha a cuore la difesa della democrazia e l’autonomia e l’integrità territoriale di un Paese. A livello parlamentare, abbiamo varato una serie di provvedimenti a sostegno dell’Ucraina, sostenuti dalla quasi totalità del Parlamento.
Come valuta l’Italia la decisione degli Stati Uniti e della Germania di installare missili a lungo raggio, inclusi quelli offensivi, in territorio tedesco come parte del rafforzamento delle capacità difensive della Nato?
La difesa dei Paesi che fanno parte della Nato è fondamentale. Abbiamo rafforzato fortemente le difese sul fronte orientale. Abbiamo truppe italiane con il battlegroup in Bulgaria, in Romania e nei Paesi Baltici. L’Italia è il primo Paese fornitore di risorse umane nelle missioni Nato e il secondo a livello Onu. Le parole contano poco; contano gli atti parlamentari. Fino ad ora, questi atti sono stati di grande solidarietà nei confronti dell’Ucraina e della sua resistenza.
È possibile un ritorno alla Guerra fredda?
Il motivo per cui si parla di un possibile ritorno alla guerra fredda è che si stanno ricreando poli di potere nel mondo. L’attacco all’Ucraina ha cambiato la visione globale. La Russia ha voluto riportare indietro le lancette del tempo. Dobbiamo attrezzarci sempre di più come Nato, così come è stato stabilito a Washington.
L’installazione di missili in Germania, ma come potrebbe avvenire anche in Bulgaria, Romania e Italia serve a difendere i Paesi membri della Nato. Abbiamo già rafforzato il fronte orientale, aumentando considerevolmente uomini pronti a intervenire. C’è un’organizzazione che si sta ricomponendo e riorganizzando. Un altro tema importante è l’organizzazione ed efficientamento dell’industria della difesa a livello Nato. Anche il nostro Paese deve fare la sua parte, rafforzando le aziende che operano in questo settore, tenendo sempre presente che la Nato è uno strumento di pace e non di guerra.