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Il Popolarismo ferma gli estremismi. L’attualità dei cattolici secondo Chiapello

Di Giancarlo Chiapello

In Europa è stata variamente e diversamente evocata sia la cultura democratico-cristiana, radicata inscindibilmente nel popolarismo, sia il problema di una uscita dall’irrilevanza politica dei cattolici che dura da almeno un quarto di secolo. L’opinione di Giancarlo Chiapello

In questi giorni in cui emerge sempre più un quadro politico in movimento in Europa dove il fulcro sta nella centralità del Ppe e l’affacciarsi di germi di crisi strisciante in Italia, come di consueto in un sistema fatto ad “ondate”, aprendo così a innumerevoli variabili, è stata variamente e diversamente evocata sia la cultura democratico-cristiana, radicata inscindibilmente nel popolarismo, diversamente sarebbe solo quel triste mestiere di classe dirigente dal metodo moderato in perenne e inquieto girovagare, sia il problema di una uscita dall’irrilevanza politica dei cattolici che, con la complicità, forse addirittura inconsapevole (quindi più grave) della stessa dirigenza più quella squisitamente del laicato ecclesiale, dura da almeno un quarto di secolo.

Due pezzi apparsi su Formiche.net possono essere usati di partenza: il primo, di Andrea Cangini contiene un invito a Forza Italia a seguire Marina Berlusconi nella battaglia sull’eutanasia definendola una sferzata liberale e concludendo che “sarebbe una scelta coerente con l’identità del partito e sarebbe anche una scelta popolare”. Senza entrare nella dinamica partitica, in cui FI dovrà decidere una apertura o meno del cantiere Ppe italiano con il confronto con una strutturata e non logorata rappresentanza del mondo popolare, con i piedi piantati almeno in quei 12 milioni di cattolici frequentanti emersi nei sondaggi, che ha resistito coerentemente in questi anni, senza finzioni, finte convergenze o confusioni con le solite compagnie di giro che attraversano i partiti di tesseramento in tesseramento con le foto opportunity ad ogni assemblea vestendone i colori pro tempore, Cangini fa due errori.

Il primo sta nel non considerare l’ispirazione fondamentale della famiglia europea popolare, fondata dalle Democrazie Cristiane e dentro cui va ricollocato il popolarismo che ha radici certamente cristiane e che ha ben chiaro quanto affermato dal fondatore, don Luigi Sturzo che “non è lo Stato che crea ex nihilo un ordine, poiché la politica non può creare l’etica; ma è lo Stato che riconosce un ordine etico-sociale che gli uomini elaborano ed esprimono perchè soggetti razionali”. Dunque una casa dove sta questo pensiero non può che difendere il diritto alla vita che vuol dire anche non essere abbandonati, mercificati, senza confusioni con l’accanimento terapeutico. Tutto ciò sarebbe illiberale?

Quindi è il radicalismo e estendendo, il trasumanismo o addirittura il progressismo dei partiti socialisti o macroniani, liberale? Considerando la questione centrale della dignità dell’uomo che si perde in queste tendenze logorate dall’individualismo, quel riferimento finale “popolare” può essere interpretato in due maniere: la prima come legata al miglior pensiero politico di cattolici italiani e allora resta solo un consiglio di lettura da dare, vale a dire “Popolarismo liberale. Le parole e i concetti” del prof. Flavio Felice, la seconda intesa come recepito dal popolo e qui si dovrebbe aprire il discorso sul fatto che il popolo, alla disperata ricerca di identità politiche chiare programmaticamente ma pure valorialmente, in assenza delle quali si astiene, le tendenze radicali non le vota vedendole bene per quel che sono, colonizzazioni ideologiche e quelle estreme di destra e sinistra ottengono voti per reazione (e di solito a causa delle posizioni radicali, con la possibilità di poter leggere almeno in parte anche il risultato delle elezioni parlamentari francesi appena tenutesi).

Insomma serve pensare, anche alla luce di inviti sfidanti come questo analizzato, ad un nuovo protagonismo popolare, non meramente moderato o solamente centrista, che passa da un ritorno ad una dimensione di popolo del pensiero politico dei cattolici oggi non incidente e in mano ad una dimensione meramente consulenziale e quindi parcellizzata e spesso legata alle fratture indotte nel passato salvo forse in alcuni mondi che ne hanno conservato la fiamma accesa come quello agricolo, legato alla terra, alla Cura del Creato, al lavoro, alla superiorità della realtà sull’idea: urgerebbe riconoscere, partendo dalla virtù politica dell’amicizia cristiana, che “più che di discussione, la religione è argomento di decisione” (mons. Fulton J. Sheen) e comprendere ad esempio che il cuore della democrazia è cristiano e senza di esso la democrazia stessa diventa un’altra cosa come lo stesso abbattimento della difesa della vita fa comprendere.

Tutto ciò non significa che il popolarismo possa assumere una collocazione prima che nella geografia poltica, ideale, diversa da quella definita una volta per tutte da Sturzo e De Gasperi e da giocare nella famiglia politica guidata dal Presidente Manfred Weber, grazie all’autonomia, non certo all’isolamento: per questo diventa interessante l’intervista a Gianfranco Rotondi che, cercando di riassumere, ipotizza una democristianizzazione della destra o per dirla con un’altra formula del tutto artefatta e contraddittoria, una sorta di conservatorismo popolare. Al netto che non si sono trovate notizie, per colpa certamente di chi scrive (interessato a saperne di più) sul Cancelliere Adenauer che avrebbe chiuso la carriera da parlamentare di De Gaulle, sembra una linea che cerca di giustificare a valle scelte, ma un pensiero per esistere deve essere più che a monte, deve essere fondamenta su cui costruire l’azione politica organizzata possibilmente con la capacità di non abbandonarsi al metodo post Dc ma di ricostruire una propria casa soprattutto grazie a nuove generazioni popolari per cui la storia avvincente di un pensiero vincente è del tutto una novità.

In questo è d’aiuto Papa Francesco che, in linea con quanto affermato l’anno scorso nel messaggio al gruppo parlamentare del Ppe, chiudendo la 50esima Settimana Sociale dei Cattolici in Italia a Trieste ha fatto riferimento ad una figura straordinaria di democristiano, che tanto fu bistrattato da sinistra e da destra, Giorgio La Pira, affermando: “Sull’esempio di La Pira, non manchi al laicato cattolico italiano questa capacità di ‘organizzare la speranza’. Questo è un compito vostro, di organizzare. Organizzare anche la pace e i progetti di buona politica che possono nascere dal basso. Perché non rilanciare, sostenere e moltiplicare gli sforzi per una formazione sociale e politica che parta dai giovani? Perché non condividere la ricchezza dell’insegnamento sociale della Chiesa? Possiamo prevedere luoghi di confronto e di dialogo e favorire sinergie per il bene comune”. Grazie al Santo Padre i laici devono interrogarsi sulle conseguenze delle domande, a partire da dove mandare, con coerenza e non abbandono individualmente, i giovani formati, detto da popolare di formazione democratico-cristiana e confessionale.



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