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Sorvegliati e contenti nella società iperconnessa. Il libro di Santarelli

Di Michela Chioso

Come bilanciare l’esigenza di sicurezza nazionale con la tutela delle libertà individuali nell’era dei big data? Nel suo libro, Marco Santarelli offre un’analisi multidimensionale della società contemporanea, intrecciando temi di sorveglianza, tecnologia, sicurezza e intelligence

L’intelligence nell’era delle relazioni digitali. È questo il tema portante del saggio “Sorvegliati e contenti” (Egea) di Marco Santarelli. L’opera – occasione di riflessione critica e innovazione strategica – non si limita a descrivere le trasformazioni in atto, ma offre una riconcettualizzazione del paradigma informativo che sottende la sicurezza nazionale.

Alessandro Curioni, security consultant, docente universitario e divulgatore, orienta la prefazione sulla “grande convergenza” tecnologica rimarcando come il concetto di “società dell’informazione” sia ormai superato, lasciando spazio a un universo digitale di smisurata complessità. Due le considerazioni su cui indugiare: l’analogia con il pensiero nietzschiano, il Web come rappresentazione apollinea che rende accessibile il mondo dionisiaco e mutevole della Rete; la prospettiva inquietante di un futuro in cui i dispositivi, originariamente concepiti per accrescere la sicurezza, rischiano di comprometterla diventando mezzi di controllo incondizionato, sollevando questioni etiche sul dual use.

Oggetti, “non-cose” e nuove minacce nell’era della singolarità tecnologica

Questa analisi pone le basi per un esame critico della nostra relazione con il digitale, anticipando le sfide filosofiche e pratiche che ci attendono nell’era – imminente – della singolarità tecnologica. Sfide che Santarelli, docente di Sicurezza e intelligence all’Università degli Studi della Tuscia e alla Mediterranea, nonché membro del comitato scientifico dell’Osservatorio di Intelligence sull’Artico Socint, delinea nei sei capitoli successivi, partendo da una premessa audace: la trasformazione delle “cose”, da oggetti a complesse reti di relazioni. Attingendo al concetto heideggeriano di Gestell e alle osservazioni di Byung-chul Han sulle “non-cose”, l’opera tratteggia un contesto in cui la tecnologia non è più uno strumento passivo, ma una forza attiva che plasma la nostra realtà.

Questa visione si intreccia con l’emergere dell’Internet of Things (IoT), che viene reinterpretato come un nuovo paradigma ontologico: l’Intelligence of Things. L’analisi delle nuove forme di criminalità tecnologicamente avanzata è quindi particolarmente incisiva.

L’autore esplora come gruppi terroristici e organizzazioni criminali sfruttino dispositivi – quali droni, stampanti 3D e sistemi IoT – creando minacce asimmetriche che sfidano gli schemi tradizionali di sicurezza. L’esempio dell’attacco di Hamas contro Israele, nell’ottobre 2023, rivela i limiti della sorveglianza tecnologica di fronte a strategie low-tech, sottolineando l’importanza di un approccio ibrido che integri intelligence umana (Humint) e open source intelligence (Osint).

L’opera si distingue per la sua capacità di integrare riflessioni filosofiche e strategie di sicurezza ed esplora due direttive: la visione di Karl Popper di una società migliore attraverso la vigilanza e l’avvertimento di Edward Snowden sui rischi di una sorveglianza pervasiva.

Ciò nel tentativo di dare una risposta a quelle domande poste in apertura che, lungi dall’essere meramente teoriche, hanno implicazioni dirette per la pratica dell’intelligence e la formulazione di politiche di sicurezza nazionali e internazionali.

Il paradosso della sorveglianza e del condizionamento

Nel saggio affiora una riflessione provocatoria: non siamo solo “sorvegliati e contenti”, ma anche “condizionati e contenti”. Questa estensione del concetto originale apre nuove prospettive sulla natura del nostro rapporto con la tecnologia e la sorveglianza. L’autore esplora come, nell’era dell’infosfera integrata, la distinzione tra informazione, marketing e comunicazione personale sia diventata più sfumata, creando un ambiente in cui accettiamo, e talvolta accogliamo con entusiasmo, forme pervasive di monitoraggio e influenza. Questa interpretazione si collega al concetto di “capitalismo della sorveglianza”, proposto dalla sociologa e saggista statunitense Shoshana Zuboff, evidenziando come i dati personali siano diventati merce preziosa, il “bene della sorveglianza”. Santarelli va oltre, suggerendo che questa accettazione della vigilanza non è solo una questione di comodità o ignoranza, ma riflette un cambiamento nella percezione del sé e della privacy.

Big data e IA, l’opacità degli algoritmi

Un aspetto centrale del libro è l’esplorazione della quantità di dati generati nella società iperconnessa. Santarelli cita stime impressionanti – come la previsione di 175 Zettabyte di dati prodotti nei prossimi anni – sottolineando l’urgenza di affrontare le sfide legate alla gestione, all’analisi e alla sicurezza di questi volumi di informazioni. L’autore collega la proliferazione di dati all’avvento dell’intelligenza artificiale, introducendo il concetto di “abisso di incomprensibilità”. Un’espressione che cattura efficacemente l’opacità degli algoritmi che gestiscono i nostri dati, sollevando questioni rilevanti sulla trasparenza, l’accountability e la regolamentazione delle tecnologie.

L’evoluzione dell’infosfera e il ruolo dell’intelligence

È questo uno dei contributi più originali di Santarelli. L’autore traccia un percorso che va dai media compartimentati del passato all’attuale panorama mediatico integrato, evidenziando come questa evoluzione abbia ridefinito il concetto stesso di sicurezza. Illuminante è la discussione sulla necessità, per i servizi di intelligence, di adattarsi a questo nuovo ambiente.

Il concetto di affordance, mutuato dalla psicologia cognitiva, è applicato all’intelligence, suggerendo un approccio sofisticato e interpretativo alla raccolta e all’analisi delle informazioni: da un’intelligence basata su fatti discreti a una comprensione contestuale delle minacce. Un salto paradigmatico significativo.

Le sfide per la governance e la sicurezza globale

Il libro affronta poi le sfide che i governi e le Agenzie di sicurezza devono affrontare in questo nuovo panorama. Santarelli introduce il concetto di multi-domain operations, evidenziando come le minacce moderne siano multidimensionali e richiedano un approccio olistico che integri domini fisici e digitali in modo fluido e adattivo. Una visione originale sulla sicurezza delle infrastrutture critiche, come i cavi sottomarini, collegando questi elementi tangibili alle sfide più ampie della cybersecurity e della guerra dell’informazione. L’analisi si estende alla discussione sulla dottrina Gerasimov e sulle forme ibride di conflitto, sottolineando la necessità di un approccio ampio, transdisciplinare, alla sicurezza.

Non a caso, il lavoro di Santarelli si inserisce in un ricco contesto di studi sulla società digitale e la sorveglianza traducendo concetti complessi in implicazioni pratiche universali, vantaggiose per tutti. L’autore suggerisce che in un’era di sorveglianza pervasiva, i cittadini devono sviluppare una nuova forma di alfabetizzazione digitale che valichi le competenze tecniche di base. Questo include una comprensione critica di come i nostri dati vengono raccolti, utilizzati e potenzialmente manipolati. Santarelli propone alcune strategie concrete – dalla consapevolezza alla comprensione critica delle fonti di informazione e dei meccanismi di disinformazione – ma senza mai cedere all’illusione di una privacy totale.

Ecosistema digitale: la proposta di Santarelli 

“Sorvegliati e contenti” non si limita a descrivere le sfide attuali, ma suggerisce un nuovo modello concettuale per affrontarle. L’analisi di Marco Santarelli fornisce, infatti, un quadro completo per comprendere le minacce emergenti sottolineando l’importanza di un approccio equilibrato che integri tecnologia avanzata, intelligenza umana ed etica. Sebbene centrata sul fronte occidentale, la narrazione sollecita l’esplorazione di altri contesti geopolitici, come la Cina o i Paesi in via di sviluppo.

Il saggio si conclude con un appello alla creazione di un ecosistema digitale, basato sul dialogo consapevole tra cittadini, comparto hi-tech e Servizi di Intelligence. Questa proposta, lungi dall’essere utopica, si configura come una necessità pragmatica in un mondo dove la tecnologia rischia di erodere il pensiero critico e l’autonomia decisionale. Una lettura essenziale per professionisti dell’intelligence, accademici, decisori politici e per quanti cercano di pianificare, tracciare e navigare le rotte della Sicurezza nell’universo digitale dove tutto è complessità e molto disinformazione.



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