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Spagna vs. Italia? Tutte le ambizioni di Madrid secondo Caffio

Di Fabio Caffio

Mentre la Spagna rafforza la sua posizione globale con un’economia in espansione e alleanze strategiche, l’Italia affronta un preoccupante declino. È tempo di riflettere sul ruolo dell’Italia nel G7 e sul futuro delle sue ambizioni. L’opinione di Fabio Caffio

In un’Europa di Stati nazionali divisi da antichi rancori e interessi contrapposti, la Spagna, forte della sua economia e di appoggi internazionali, appare sempre più in diretta competizione con noi.

La nomina dello spagnolo Javier Colomina a delegato per il fronte Sud della Nato, ha giustamente indignato il ministro Crosetto. In realtà, Madrid ambiva da tempo all’incarico in relazione alla sua crescente influenza nel mondo arabo e in Nord Africa, nonostante ci fossimo candidati noi a svolgere un ruolo ritenuto fondamentale per i nostri interessi.

Ma non si tratta di un episodio isolato. Pensate allo slogan  “Gibilterra è Spagna” gridato dal calciatore Morata agli ultimi campionati europei di calcio, rivelatore di passione nazionalistica e vitalità politica del Paese. Chi guarda al passato ha chiara l’ascesa spagnola, iniziata già prima della fine del regime di Franco e mai interrottasi negli ultimi cinquant’anni.

Dopo un periodo di quarantena diplomatica seguente alla fine del conflitto mondiale, Madrid è entrata infatti a pieno diritto nella comunità internazionale, vincendo qualche iniziale spinta isolazionistica e neutralistica. Ecco quindi l’adesione alle Nu (1956), alla Nato (1982) e alla Comunità europea (1986), quest’ultima facilitata dal generoso sostegno dell’Italia.

Ed ecco l’assunzione di ruoli sulla scena internazionale con Javier Solana: questi, nel 1995 diviene Segretario generale della Nato e poi, nel 1999, Segretario generale dell’Unione europea occidentale (Ueo) e contemporaneamente Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea. Tanto per intenderci, l’Italia è stata al vertice della Nato con il grande Manlio Brosio in epoca lontana, dal 1964 al 1971; nel settore delle relazioni esterne della Ue abbiamo invece ricoperto fino al 2019 un mandato quinquennale – la cui linea non sempre è stata condivisa – con Federica Mogherini.

La Spagna ha appena terminato lo stesso incarico che è stato svolto, con notevole vigore ed autorevolezza, da Josep Borrell. A fronte di un preteso peso politico che il nostro Paese rivendica nella Nato e nella Ue, possiamo dunque dire che la Spagna ha di fatto un appeal maggiore riconosciutole da tutti ed in particolare da Washington. Oltre agli antichi legami con il Sud America, va inoltre considerata la sua relazione speciale con il Marocco nel contenimento dei flussi migratori e quella con l’Arabia Saudita che si è tradotta in vantaggiosi lavori di infrastrutture e nella fornitura di armamenti.

Molti gli amici di Madrid, quindi, e pochissimi i nemici tra cui, a tratti, Israele e l’Algeria. Sorprende il boom dell’economia spagnola con numeri da record di turismo e di agricoltura (i supermercati italiani sono pieni di frutta e olio spagnolo) e successi industriali in settori come cantieristica, costruzioni ferroviarie e soprattutto automotive.

Una riflessione si impone sul come la Spagna, un tempo produttrice di modelli su licenza Fiat, in cinquant’anni ci abbia surclassato con milioni di auto prodotte a fronte delle nostre sempre più vuote catene di montaggio. Il modello industriale italiano basato sulla monocultura dell’auto è stato ritenuto vincente da Madrid, proprio mentre noi cominciavamo a rinnergarlo. La polemica tra il nostro Governo e Stellantis sul drastico ridimensionamento di Fiat, Maserati, Lancia e Alfa, oltre ad essere oramai tardiva, è purtroppo non centrata sul ruolo spagnolo a nostro danno. I vantaggi della Spagna si toccano con mano se si considera che sono made in Spain molti dei modelli che si vendono in Italia con marchio Stellantis o altri marchi stranieri. Oltretutto, la produzione spagnola ha oramai oscurato settori tradizionali italiani come le auto di media cilindrata o le sportive. Per assurdo, ci resta solo la Panda o un’Alfa dal profilo commerciale di nicchia.

In definitiva, la Spagna raccoglie i frutti di anni di attenzione alle relazioni internazionali, alla formazione delle proprie classi dirigenti, alla semplificazione burocratica delle sue istituzioni, allo sviluppo di un’economia e una finanza produttiva e sana. Le statistiche del Pil testimoniano questa ascesa, mentre noi arranchiamo per aver dissipato il patrimonio di credibilità, competitività e ricchezza nazionale degli anni Cinquanta e Sessanta.

Viene da chiedersi, allora, fino a quando avremo titolo a restare nel G7 e se, magari, non ci convenga nel frattempo abbandonare illusorie ambizioni, prendere atto del nostro declino e dedicarci con realismo a quel che realmente ci conviene.


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