Skip to main content

Contro le ambizioni personali nella res publica. Castagnetti racconta la Dc di De Gasperi

Di Pierluigi Castagnetti

In Sicilia, dopo lo sbarco degli alleati, ci fu una prima costituzione della Dc. Un’altra iniziativa analoga venne presa a Milano e a Genova, ma l’iniziativa più significativa e decisiva fu quella di Alcide De Gasperi, ultimo segretario del Partito popolare italiano (Ppi) di Sturzo, assieme ad alcuni altri ex parlamentari popolari della stagione prefascista. L’analisi di Pierluigi Castagnetti, Già vice presidente della Camera dei deputati e segretario del Partito popolare italiano, pubblicata sull’ultimo numero della rivista Formiche

Si è soliti dire che i partiti servono a fare la storia, ma è pure vero che essi sono fatti dalla storia, cioè rispondono a una necessità storica. Solo recentemente abbiamo visto nascere partiti con estrema disinvoltura da parte, in genere, di chi non ha un popolo alle spalle ma solo ambizioni personali davanti a sé. In effetti, in questo caso, sarebbe più giusto definirli sigle, simboli, stemmi, nomi, ma i partiti sono altra cosa. Basterebbe leggere l’articolo 49 della Costituzione per capire cosa sono e come debbono essere.

Ma è inutile rimpiangere esperienze, tempi e condizioni storiche che non ci sono più. Possiamo parlare del passato solo per vedere se c’è qualcosa di una qualche utilità per l’oggi, non certo per replicarlo. La Democrazia cristiana nacque ottant’anni fa grazie a varie iniziative. In Sicilia, dopo lo sbarco degli alleati, ci fu una prima costituzione della Dc nello studio dell’avvocato Giuseppe Alessi a Caltanissetta. Un’altra iniziativa analoga venne presa a Milano attorno a figure di spicco come quelle degli industriali Falck e Pirelli e alcuni professori della Cattolica.

A Genova un altro tentativo venne intrapreso da Paolo Emilio Taviani, comandante partigiano, sospinto anche dal vescovo cardinal Boetto. Ma l’iniziativa più significativa e decisiva fu quella di Alcide De Gasperi, ultimo segretario del Partito popolare italiano (Ppi) di Sturzo, assieme ad alcuni altri ex parlamentari popolari della stagione prefascista. Proprio nell’autunno scorso è stato celebrato, infatti, l’ottantesimo anniversario del Codice di Camaldoli, al cui svolgimento si è soliti far risalire la nascita effettiva della Democrazia cristiana di De Gasperi.

Per il solo fatto che si dica “di De Gasperi”, si comprende quale sia stato il ruolo dello statista trentino in questa operazione. Dagli anni del regime, quando dopo essere stato in galera per circa un anno venne accolto nei locali della Biblioteca vaticana, De Gasperi non aveva mai smesso di pensare a una forma politica nuova rispetto al Ppi, nuova quantomeno nell’ambizione, cioè nella missione.

Ciò che accadde dopo le elezioni del 1919, quando un centinaio di deputati popolari entrò in Parlamento, fece nascere infatti in De Gasperi la convinzione che i cattolici di questo Paese non potessero accontentarsi di rappresentare l’originalità del loro pensiero politico, una sorta di testimonianza pur necessaria e molto apprezzabile, ma dovessero attrezzarsi per giocare un ruolo di governo, quando fosse finito il regime fascista.

Nel 1938 un giovane intellettuale di soli 28 anni, dirigente della Fuci, Sergio Paronetto, molto stimato da monsignor Montini che arrivò a tradurre per lui i primi testi sullo stato democratico di Maritain, entrato all’Iri, fu subito notato e apprezzato dal direttore Menichella. Questi lo volle al suo fianco e lo fece ben presto vice direttore, invitò a casa sua una decina di dirigenti politici cattolici a cui fece più o meno questo discorso: amici cari, vi ho proposto di incontrarci per mettervi a parte di alcune mie riflessioni sulla situazione del Paese.

Io penso, infatti, che la forza propulsiva del fascismo stia rapidamente scemando e presto assisteremo al crollo del regime (si noti che, in quel momento, non erano ancora state emanate le leggi razziali e l’Italia non era entrata in guerra) e il problema dell’Italia sarà quello di capire cosa succederà dopo. Non potranno tornare i liberali, perché Giolitti e i suoi ci hanno portato alla deriva del fascismo, non potremo affidarci ai comunisti perché non hanno risolto il problema del rapporto con l’economia di mercato, giocoforza dovranno essere i cattolici a raccogliere la sfida di guidare il Paese verso il futuro.

Ma a noi chi ha trasmesso la cultura di governo? Dovremo impararla, rapidamente. Se credete ci possiamo ritrovare presto per darci un piano di studio, un progetto di costruzione di relazioni con gli ambienti economici e non solo a livello internazionale, insomma dobbiamo prepararci, studiare e lavorare sodo. In quel gruppo quella sera c’erano De Gasperi, Spataro, Gonella, Tupini, Andreotti e pochi altri. È da lì che nacque l’idea di quello che sarà poi conosciuto come il Codice di Camaldoli.

Buona parte di quel Codice venne poi scritto da Paronetto che, purtroppo, venne a mancare nella primavera del 1945. E De Gasperi, che pure aveva contribuito alla stesura di quel documento, allo stesso tempo si mise a costruire relazioni con gli uomini dell’altra Italia, quella del dopo fascismo. Vennero poi il 1943, il 25 luglio, l’8 settembre, l’armistizio, i due governi Badoglio, poi il governo Bonomi, il governo Parri, di cui De Gasperi stesso fu ministro degli Esteri e, infine, il suo primo governo.

La Dc nacque così, studiando, lavorando, scrivendo progetti per il Paese, intensificando i rapporti con il “rinascente” mondo cattolico e, in particolare, con le forme di associazionismo di questa realtà (giovanile soprattutto, professionale, produttivo, assistenziale), intessendo relazioni con i partiti fratelli che nel frattempo stavano pullulando un po’ in tutta Europa. Ben presto si comprese la potenzialità di un partito che poteva contare sull’esistenza di un “popolo” che si stava strutturando alle sue spalle.

De Gasperi continuava a essere impegnato nel governo del Paese, ma non perdeva il contatto con questa realtà di presenza sociale che andava sempre più crescendo e strutturandosi. Nel 1945 ne compose una forma partitica, aconfessionale ma a ispirazione cristiana, con relativa direzione provvisoria, in vista di un congresso formale da svolgersi entro pochi mesi. Quasi senza accorgersene, la maggioranza del popolo dei credenti si trovò così dentro un nuovo partito che, pur con qualche riserva, si dette il nome di Democrazia cristiana.

Formiche 200


×

Iscriviti alla newsletter