I grandi risultati ottenuti negli otto anni di presidenza del Consiglio furono certamente frutto della visione e dell’azione di De Gasperi, che però non avrebbe ottenuto se l’intero partito non avesse collaborato con il pensiero e con le politiche messe in atto. È proprio questo l’elemento di modernità della Dc degasperiana. Il commento di Paolo Cirino Pomicino, già ministro del Bilancio e della programmazione economica e già ministro per la Funzione pubblica
Gli anniversari degli uomini illustri, in genere, sono l’occasione per ricordare ciò che essi fecero nell’interesse del Paese, della pace, della scienza o di altro, cristallizzato nel contesto storico in cui vissero. Quando ad agosto ricorderemo i settant’anni della scomparsa di Alcide De Gasperi, fondatore della Democrazia cristiana e presidente del Consiglio dal 1945 al 1953, vedremo sotto i nostri occhi l’attuale decadenza del sistema politico italiano.
De Gasperi non fu solo un leader di partito ma uno statista che seppe collocare l’Italia nel novero dell’alleanza tra le grandi democrazie occidentali e insieme ai democristiani Adenauer e Schuman cominciò a tessere quella tela che, partendo dalla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca), ha portato all’Unione europea e alla moneta unica dei nostri giorni.
Lo sguardo lungo di De Gasperi lo convinse subito, infatti, che un continente come l’Europa che ogni venti-trent’anni entrava in guerra al proprio interno allargando sempre più il perimetro dei belligeranti aveva bisogno di un antidoto forte e indissolubile per garantire la pace e lo sviluppo. Di qui la scelta di legare i principali Paesi europei sul terreno economico battendo scetticismi e ostruzionismi politici e finanziari provenienti da ogni parte.
De Gasperi riprese il filo lì dove si era spezzato per l’arrivo del fascismo, e cioè dal Partito popolare che pure si era illuso su Mussolini tanto da partecipare, seppur per poco tempo, al suo primo governo. Ma c’era di più.
Nel secolo quasi sempre oppresso da ideologie autoritarie (nazismo, fascismo e comunismo) De Gasperi e l’intera Dc proposero una piattaforma culturale alimentata non solo dalla enciclica di Leone XIII Rerum novarum, ma dal pensiero di uomini e donne libere come Romolo Murri, Luigi Sturzo, Giuseppe Lazzati, Giuseppe Dossetti, Jacques Maritain, Emmanuel Mounier e tanti altri ancora a cominciare dalle decine di donne della Costituente.
Una cultura che, ispirata dal cattolicesimo sociale, seppe poi incardinarsi nelle esigenze di massa con uno spirito laico che più volte creò tensioni tra la direzione Dc e la Santa sede e che trasformò quella profonda ispirazione religiosa in un partito non confessionale e profondamente democratico. Quando si ricordano grandi dirigenti politici si tende a mettere sulle spalle del personaggio che si commemora ogni bene e ogni male.
Nel caso di De Gasperi e della Dc i grandi risultati di quegli otto anni di presidenza del Consiglio furono certamente frutto della visione e dell’azione di De Gasperi che però non avrebbe ottenuto quei successi politici ed economici se l’intero partito non avesse collaborato con il pensiero e con le politiche messe in atto.
Richiamiamo l’attenzione sul ruolo del partito solo perché è proprio questo l’elemento di modernità della Dc degasperiana, che contrapponeva al carisma di un leader o di un autocrate nazionale o straniero l’azione corale di un gruppo dirigente che discuteva al proprio interno per poi puntare unito agli obiettivi fissati dalla direzione del partito.
Questo elemento corale di un gruppo interfungibile nelle proprie funzioni di governo e di partito è quello che manca oggi nell’intero quadro politico italiano, devastato da un personalismo spesso incolto che alimenta un reclutamento cortigiano della classe dirigente e misconosce ogni pratica democratica all’interno della vita dei singoli partiti.
Nel ricordare oggi la grande figura di Alcide De Gasperi e i grandi risultati politici ed economici non possiamo tacere che siamo alla vigilia di una possibile profonda modifica della nostra democrazia parlamentare insidiata da quel disegno di legge del cosiddetto “premierato” che mortifica il Parlamento della Repubblica, da sempre cuore pulsante della nostra democrazia repubblicana. La marcia verso questo rovinoso mutamento costituzionale avanza nell’indifferenza generale a testimonianza di uno scadimento complessivo della società italiana, del suo sistema politico e di larga parte dei suoi intellettuali.
L’auspicio è che ricordando De Gasperi, il suo partito e la sua azione possa risvegliarsi quello spirito costituzionale che ha difeso la nostra democrazia repubblicana affidandola alle grandi culture politiche che innervavano i partiti e che, scomparsi oggi dall’Italia, governano ancora l’Europa e le sue grandi democrazie.
Formiche 200