Dal Cairo una riflessione intrareligiosa tra saggi e rappresentanti musulmani sul contributo straordinario delle donne in condizioni di emergenza e sulla loro sintomatica assenza nelle troppo spesso inconcludenti trattative di riconciliazione dai conflitti. La riflessione di Yahya Pallavicini
Il ministero degli Affari religiosi della Repubblica Araba d’Egitto promuove una nuova conferenza internazionale islamica sulla donna. Ospite d’onore la moglie del presidente emerito della Repubblica dell’Indonesia Sinta Nuriyyah Abd al-Rahman Wahid.
Centinaia di teologi e intellettuali musulmani egiziani si sono confrontati con ospiti internazionali, tra i quali la ministra per la Cultura del Senegal e i ministri degli Affari islamici dal Regno dell’Arabia Saudita, Mauritania, Palestina, Pakistan, Sudan e Yemen, esperti giuristi musulmani dall’Australia, Giordania, Kazakhstan, Kenya, Russia Orientale, Stati Uniti d’America e Uganda. Dall’Europa hanno partecipato i mufti dell’Albania, della Grecia e dell’Ucraina, il presidente del Consiglio centrale dei musulmani in Germania, l’imam Faid della moschea centrale di Londra e l’imam Yahya Pallavicini vice presidente della Coreis italiana e presidente di Eulema.
In parallelo ai negoziati per la pace tra israeliani e palestinesi al Cairo, il ministro per gli Affari religiosi dell’Egitto, Usama al-Azhari, ha invitato i rappresentanti delle comunità musulmane nel mondo ad affrontare insieme il tema di come valorizzare il ruolo delle donne nella società partendo dalla coerenza e dal rispetto della loro dignità e dei loro diritti.
Le crisi umanitarie in Libano e Sudan e i conflitti in Palestina, Ucraina e Yemen sono solo alcuni scenari che dimostrano, da un lato, il contributo straordinario delle donne nell’affrontare condizioni di emergenza drammatiche e, da un altro lato, la loro sintomatica assenza nelle troppo spesso inconcludenti trattative di riconciliazione da conflitti che le donne non hanno contribuito ad accendere. Semmai il loro ruolo sembra riemergere in fasi di conservazione o ricostruzione della società, anche se l’atteggiamento diffuso in Oriente, come in Occidente, di una classe politica totalitaria e arrogante e di nuovi dittatori privi di intelletto sano ostacola, tuttora, il contributo qualitativo della sensibilità femminile.
Anche le società musulmane sono chiamate a reagire a questa condizione di decadenza e monopolio maschilista, si veda la grave situazione in Afghanistan con il regime dei fondamentalisti talebani. Un modello che l’Egitto ha voluto proporre viene dall’Indonesia ma anche dal Kazakhstan in Asia Centrale, dagli Emirati Arabi Uniti, dal Marocco e dal Senegal. Una crescente classe dirigente sia di uomini che di donne religiose emerge in questi Paesi e accompagna la crescita culturale, familiare, politica ed economica a livello locale e nazionale, ricoprendo ruoli di gestione sia nel settore pubblico che privato e testimoniando, allo stesso tempo, una declinazione della fede e di valori della religione che uniscono, nelle provvidenziali differenze, molte famiglie e popoli nello sviluppo dell’identità culturale.
Questi modelli sono stati oggetto di un ricollegamento alle virtù di uomini e donne che nella storia sacra dell’umanità, e secondo le rispettive dottrine islamiche, cristiane e di altre religioni, ispirano il successo interiore ed esteriore nella vita, senza scadere in artificiosi esempi eroici o criteri di successo influenzati solo dall’avidità del mercato o dalle logiche di vanità e potere individuale.
Il 35° Congresso internazionale islamico del Cairo ha permesso all’imam Yahya Pallavicini di aggiornare il confronto religioso e politico con colleghi e autorevoli rappresentanti istituzionali nazionali. Come presidente di Eulema, il consiglio europeo dei leader musulmani, l’imam Yahya Pallavicini ha promosso un tavolo informale dove hanno accettato di incontrarsi autorità islamiche dalla Russia Orientale e dall’Ucraina, arrivando almeno a riconoscersi come credenti e fratelli nella medesima comunità di fede pur manifestando interpretazioni opposte sul piano politico e territoriale.
Una simile asimmetria è stata manifestata nelle conclusioni del convegno dal ministro per gli Affari islamici dell’Egitto che ha voluto esprimere la sua solidarietà per le vittime e per le drammatiche sofferenze del popolo palestinese, senza fare riferimento alla violenza del terrorismo o alla sofferenza delle famiglie degli ostaggi ebrei rapiti. La legittima richiesta di non fare dichiarazioni unilaterali sembra ostacolata dalla gara infantile e muscolare di dover dimostrare e mettere in competizione soltanto i mali delle cause contro i mali degli effetti, a discapito di un sincero rispetto del sentimento universale per la giustizia e per la solidarietà di coloro che soffrono, comprese le donne di ogni religione e di ogni cittadinanza.
Si tratta forse di un segno grave della crisi della politica moderna: un diffuso maschilismo privo di pietà spirituale insieme alla pericolosa dimenticanza dell’universalità della civiltà. Assistiamo alla gara della propaganda sulle oggettive colpe altrui e sulla presunta ragione per un giustizialismo di Stato esclusivamente militare, che strumentalizza la guerra come sterminio di massa e come diritto alla reciprocità nel sacrilegio. Non sembra, purtroppo, maturare una urgente e onesta consapevolezza nella denuncia del male, senza assolutismi e senza autoassoluzioni, e la ricerca di far prevalere un bene che sia comune, per una civiltà degna di uomini e donne, ebrei, cristiani e musulmani, liberi cittadini in Oriente come in Occidente, nello stesso pianeta e nella stessa epoca storica!
A margine del Congresso Internazionale Islamico, l’imam Yahya Pallavicini ha guidato una delegazione di Eulema ad un appuntamento con il segretario generale del Consiglio dei saggi dell’istituzione di al-Azhar, il prof. Abbas Shouman (www.eulema.org).
(In foto, da sinistra, il ministro per gli Affari religiosi dell’Egitto, Usama al-Azhari, un giurista americano e l’imam Yahya Pallavicini, ospiti del congresso internazionale islamico. Cairo, Agosto 2024).