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Green tech, attenzione alle scorciatoie con la Cina. Parla Alfieri (Pd)

Il senatore dem avverte: “Va tenuta la guardia molto alta” sulle dipendenze strategiche, specie dopo il nuovo piano d’azione. “Pechino vuole riscrivere l’ordine internazionale”. Siglato al Mimit il quarto accordo in una settimana sul green tech dopo la missione di Meloni

Il rischio di replicare nel green tech e con la Cina la dipendenza energetica dalla Russia c’è, per questo “va tenuta la guardia molto alta”. A parlare con Formiche.net è Alessandro Alfieri, senatore del Partito democratico e membro della commissione Esteri e Difesa di Palazzo Madama. “Le scorciatoie sono allettanti ma possono presentare pericoli in questo senso”, avverte. “Il sentiero è stretto”, dice. “Anche per questo, la battaglia per il debito comune europeo come soluzione per finanziare le politiche per la transizione ecologica e digitale deve essere una priorità della prossima programmazione comunitaria e della prossima Commissione europea”.

Proprio oggi il ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso ha annunciato la firma di un memorandum d’intesa con l’azienda cinese MingYang Smart Energy, uno dei principali produttori al mondo di turbine eoliche, e Renexia, società italiana attiva nel settore delle rinnovabili del Gruppo Toto, con l’obiettivo di creare in Italia una Newco per la costruzione delle turbine eoliche. È il quarto documento siglato in meno di una settimana nell’ambito dell’accordo di cooperazione tra il ministero di Palazzo Piacentini e il ministero cinese dell’Industria e delle tecnologie dell’informazione, predisposto durante la missione del ministro Urso a Pechino all’inizio di luglio e poi sottoscritto durante la recente missione di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio. Gli altri tre hanno riguardato fotovoltaico e automotive.

Dopo la scelta di non rinnovare il memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative (la cosiddetta Via della Seta), “è evidente che il governo abbia voluto, con la missione di Meloni, inviare un segnale di consolidamento delle relazioni italo-cinesi”, osserva il senatore Alfieri. “Meloni ha fatto una scelta molto forte ma serviva costruire un percorso di collaborazione alternativa”, spiega. “Ora servirà capire se la strada individuata, compreso il Piano d’azione per il rafforzamento del partenariato strategico globale (2024-2027), porterà realmente a un rafforzamento del sistema Paese nel rapporto con la Cina o se si rivelerà soltanto una mossa simbolica”.

Il senatore Alfieri ricorda di “non aver condiviso” nel 2019 l’adesione alla Belt and Road Initiative firmata dal governo gialloverde di Giuseppe Conte. Allora, e oggi, serviva e serve “muoversi in ambito europeo e atlantico ben sapendo che la Cina è un competitor strategico dell’Occidente e anche alla luce del tentativo cinese di costruire un nuovo ordine internazionale”, spiega.

A tal proposito, “nel rapporto con la Cina non possiamo permettere che passi l’idea ‘West versus the rest’”, continua il senatore Alfieri. “In Africa ma anche in America Latina è necessario lavorare, tramite il Global Gateway europeo e la Partnership for Global Infrastructure and Investment del G7 voluta dagli Stati Uniti, per costruire un modello alternativo a quello cinese. L’Italia da sola non può farcela. Da qui, le nostre critiche al Piano Mattei, che non può essere autarchico ma collegato a Global Gateway e Partnership for Global Infrastructure and Investment”.

Diversi think tank stanno suggerendo alla Commissione europea di ampliare il trittico partner-concorrente-rivale con cui dal 2019 definisce le relazioni con la Cina, aggiungendo “minaccia”. Una strada stretta, considerati il probabile no dell’Ungheria e la possibile reazione dura di Pechino. “La Cina continuerà a essere un importante partner economico ma nella consapevolezza del suo tentativo di riscrivere l’ordine internazionale”, osserva Alfieri. Le definizioni di competitor e rivale già includono la minaccia”, conclude il senatore dem.



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