A sinistra ancora non lo sanno, ma proprio loro, con questo modo di fare, sono la reale garanzia del successo di Meloni. Alla politica si risponde con la politica, non con i soliti mezzi usati per truccare la partita e sovvertire la volontà popolare. Per questo la premier, al contrario di quanto accadde nell’estate del 1994 a Berlusconi, durerà fino alla fine della legislatura. L’opinione di Fabrizio Tatarella
Sembra l’estate del 94, parafrasando “Storie brevi”, il fortunato tormentone estivo di Annalisa e Tananai, potremmo dire che la politica italiana sembra essere tornata indietro nel tempo. Più precisamente potremmo dire che non sono storie brevi quelle che caratterizzano il trentennale legame tra la sinistra italiana e certi poteri forti, perché quello che sta accadendo in questi giorni, in merito a una presunta indagine per traffico di influenze riguardante Arianna Meloni, ricorda l’estate del 1994, quella del primo governo Berlusconi, il primo di centrodestra nell’Italia repubblicana.
Per la sinistra, che sognava di andare al governo con la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto, la doppia sconfitta alle politiche e alle successive europee tra il marzo e il giugno del 1994 fu un durissimo colpo dal quale tentò di risollevarsi prima agitando il ritorno del fascismo, poi lo spettro dell’isolamento internazionale, fino ad arrivare all’avviso di garanzia a Silvio Berlusconi in pieno G7 a Napoli.
Esattamente trent’anni anni dopo, il primo governo di centro destra guidato da Giorgia Meloni, figlia della destra democratica di Alleanza Nazionale che dopo aver vinto le elezioni politiche ha recentemente vinto anche le elezioni europee, rappresenta per la sinistra italiana il peggiore degli incubi. In molti ricorderanno, nell’agosto del 1994, la celebre intervista a La Stampa nella quale Pinuccio Tatarella, numero due di quel governo, avvertiva che i “poteri forti” stavano tramando per fare cadere il governo di centrodestra democraticamente eletto, cosa che, effettivamente, avvenne qualche mese dopo.
Per questo, trent’anni dopo, lo schema applicato appare essere il medesimo della prima estate del governo Berlusconi, con una certa carta stampata e una parte ideologizzata della magistratura, entrambe indirizzate da una sinistra divisa e incapace di proporre una visione alternativa di progetto di Paese, che disperatamente provano a disarcionare il governo colpendo non un esponente dell’esecutivo, ma Arianna Meloni, nel tentativo maldestro di fermare e delegittimare la sorella.
L’ipotesi di un complotto contro la sorella di Giorgia Meloni riportata ieri da Il Giornale, “Vogliono indagare Arianna Meloni per traffico di influenze”, a firma del direttore Alessandro Sallusti, racconta di un complotto ordito, con il metodo descritto da Luca Palamara, dal consueto e ormai consolidato asse politica-giornali di sinistra-procure. A sinistra si rassegnino, dopo aver provato con la madre, il padre scomparso, l’ex compagno, adesso è il turno della sorella, in attesa di quello della piccola Ginevra, rea unicamente di essere figlia della presidente del Consiglio, che potrebbe domani essere indagata per traffico di merendine. Non si illudano a sinistra, non ci sono casi su cui montare una campagna mediatica contro il leader del centrodestra come accade, con gli stessi mezzi e le stesse modalità, ininterrottamente dal 1994 ad oggi.
Un dato, tuttavia, appare ormai inconfutabile e incontrovertibile: possono rivoltare la vita di Giorgia Meloni come un calzino ma non troveranno nulla di quello che sperano di trovare se non politica, amore per il proprio Paese, serietà e onestà, sia morale che intellettuale, tutti requisiti che mancano ad una sinistra che non ha ancora compreso le reali ragioni della sua sconfitta culturale e sociale, prima ancora che politica.
A sinistra ancora non lo sanno, ma proprio loro, con questo modo di fare, sono la reale garanzia del successo di Meloni in questa nostra Italia in cui loro hanno smesso di credere. Alla politica si risponde con la politica, non con i soliti mezzi usati per truccare la partita e sovvertire la volontà popolare. Per questo Giorgia Meloni, al contrario di quanto accadde nell’estate del 1994 a Berlusconi, durerà fino alla fine della legislatura.