Washington ha organizzato il primo incontro tra alleati nel settore. Presenti Australia, Corea del Sud, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Giappone e Regno Unito. Un promemoria per il nostro Paese, che può e deve fare di più in un campo strategico
All’inizio della scorsa settimana Kurt Campbell, vicesegretario di Stato degli Stati Uniti, ha ospitato a St. Michaels, nel Maryland, l’incontro inaugurale su scienza e tecnologia dell’informatica quantistica. Il numero due della diplomazia americana era accompagnato da funzionari della Casa Bianca e del dipartimento di Stato, come si legge in una nota. Presenti i rappresentanti di Australia, Corea del Sud, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Giappone e Regno Unito.
Si è discusso dello sviluppo di “approcci coordinati” al settore “per promuovere catene di approvvigionamento resilienti e affidabili, collaborazioni in materia di ricerca e sviluppo e un futuro quantistico in linea con gli interessi e i valori condivisi, consentendo al contempo a ciascun Paese di mantenere un ambiente competitivo per gli sviluppi quantistici”, si legge nel comunicato del dipartimento di Stato. A tal fine, si è parlato anche delle “opportunità e sfide per i governi e il settore privato per migliorare la resilienza del settore” e “approfondire la cooperazione, nonché la loro intenzione di espandere la cooperazione per includere altri partner like-minded fondamentali per l’ecosistema quantistico”.
Spicca l’assenza dell’Italia, che non ha ancora definito la sua strategia per lo sviluppo di questa tecnologia che definirà il futuro. Eppure è alto il numero di ricercatori che nelle università italiane stanno lavorando sullo studio degli algoritmi quantistici. E il Centro nazionale di Ricerca in Hpc, big data e Quantum computing è uno dei cinque centri nazionali previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Tuttavia, i settori puramente quantum del Centro riceveranno solamente 32 milioni di euro e la durata dell’impegno di investimento italiano (dai due ai tre anni) non regge il confronto con l’orizzonte di circa dieci anni adottato dalla maggior parte dei Paesi equiparabili.
Se non ora, quando?