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Jihad e coltelli, il volto del terrorismo in Europa. L’analisi di Dambruoso e Conti

Lo Stato Islamico ha rivendicato un attacco con coltello a Solingen, Germania, uccidendo tre persone. Questo episodio evidenzia il crescente ricorso a singoli attacchi con armi bianche da parte dei jihadisti in Europa. Le autorità rafforzano le misure antiterrorismo, mentre si discute del rischio emulativo legato a questi atti di violenza, che stanno influenzando anche la criminalità comune. L’analisi di Stefano Dambruoso, magistrato, e Francesco Conti, cultore della materia

Nelle scorse settimane, lo Stato Islamico è tornato a colpire in Europa. L’organizzazione jihadista ha infatti rivendicato un attacco con coltello avvenuto venerdì 23 agosto a Solingen, nello stato tedesco del Nord-Reno Westfalia, a pochi chilometri da Düsseldorf. Un siriano di 26 anni, arrivato nel 2020 come richiedente asilo, avrebbe accoltellato, durante una festa locale descritta nella rivendicazione come una “riunione di cristiani”, tre persone, uccidendole. Altre otto persone sono rimaste ferite. L’uomo, definito un “soldato del Califfato” nella rivendicazione diffusa online, avrebbe agito in solitaria. Tuttavia, l’antiterrorismo tedesco ha arrestato altre due persone (tra cui un quindicenne), accusate di essere a conoscenza del piano criminale senza aver avvertito le autorità.

La paura di nuovi attacchi ha portato all’introduzione di diverse misure antiterrorismo da parte del governo tedesco: il 9 settembre è stata sospesa temporaneamente la libera circolazione garantita dal Trattato di Schengen, per limitare possibili infiltrazioni di individui radicalizzati. Questa decisione sembra confermare le analisi di coloro che, da tempo, considerano una vittoria della jihad la capacità di aver modificato e ristretto le libertà conquistate in decenni di democrazia e pace.

Gli attacchi jihadisti con coltello in Occidente
L’attacco di Solingen segue il modello di altri attentati jihadisti in Europa compiuti da singoli soggetti con l’uso di armi bianche. Già nel 2016, l’allora portavoce dello Stato Islamico, consapevole dell’impossibilità di replicare gli attentati di Parigi del 2015, aveva esortato i seguaci ad agire comunque, ovunque possibile. Le statistiche di Europol indicano che le armi bianche sono tra le più utilizzate negli attentati, sia riusciti che sventati. La semplicità d’uso e il basso costo di queste armi permettono a jihadisti di recente radicalizzazione, spesso via web, di passare all’azione autonomamente.

Molti dei più recenti attacchi con armi bianche perpetrati da jihadisti sono avvenuti in Europa occidentale, soprattutto in Germania. A maggio, un poliziotto è stato pugnalato a morte a Mannheim, mentre all’inizio del 2023, un altro attentato con coltello su un treno ha provocato la morte di due passeggeri. Anche in Canada, le autorità hanno recentemente arrestato due radicalizzati, padre e figlio, intenzionati a compiere un attacco con machete e ascia. Secondo il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, lo Stato Islamico starebbe adottando una strategia opportunistica, utilizzando attacchi rudimentali per proiettare un’immagine di forza, nonostante la sua debolezza rispetto agli anni passati.

Richiedenti asilo e il rischio terrorismo
In questo contesto si inseriscono le recenti misure restrittive del cancelliere Olaf Scholz sull’immigrazione irregolare, con un aumento di rimpatri ed espulsioni, oltre a controlli più stringenti sugli arrivi da Siria e Afghanistan. Queste misure rispondono a esigenze politiche, anche se gli operatori dell’antiterrorismo concordano da tempo che non esiste una connessione diretta tra lo status di migrante o richiedente asilo e il terrorismo jihadista. Infatti, quasi tutti i terroristi che hanno colpito in Europa si sono radicalizzati non nel loro Paese d’origine, ma in quello di arrivo.

I governi europei più maturi sul piano democratico hanno avviato politiche di integrazione migliorative, insieme a un monitoraggio costante delle attività jihadiste online, anche tramite il controllo di piattaforme di messaggistica. Le guerre in Ucraina e Palestina hanno innescato ulteriori rischi per azioni terroristiche. Secondo alcune agenzie di intelligence europee, il conflitto ucraino sarebbe sfruttato dallo Stato Islamico per introdurre terroristi, spesso originari dell’Asia centrale, all’interno dell’UE. Molti provengono dall’Afghanistan, dove sia al-Qaeda che lo Stato Islamico stanno tentando di riorganizzarsi sotto il governo talebano.

In Palestina, la Jihad islamica sostiene apertamente Hamas e minaccia attentati nei Paesi schierati con Israele. Le due guerre sembrano connesse nelle strategie terroristiche islamiste, ma emerge anche un’altra preoccupante correlazione: quella tra gli attacchi con coltello compiuti da lupi solitari jihadisti e recenti stragi di innocenti realizzate da individui senza motivazioni politico-religiose.

Gli attacchi jihadisti con coltello potrebbero ispirare azioni criminali “semplici”, o viceversa. È sempre più preoccupante l’aumento di episodi emulativi di attacchi all’arma bianca jihadisti. In Germania e Regno Unito si stanno introducendo norme più restrittive sulla vendita e il possesso di armi da taglio. In Australia, un attacco con coltello avvenuto in un centro commerciale di Sydney, senza apparente movente politico o religioso, è stato seguito da un attentato contro una chiesa. Secondo alcuni esperti, questi episodi si spiegano con la “teoria criminologica del contagio”, per cui individui inclini alla violenza imitano forme di violenza diventate comuni e mediaticamente diffuse.

Negli anni ‘60 e ‘70, i dirottamenti aerei compiuti dai gruppi terroristici palestinesi in nome della loro causa generarono un’ondata di dirottamenti a opera di altri attori criminali, che avevano osservato il successo mediatico di tali azioni. Questo fenomeno potrebbe ripetersi con gli attacchi all’arma bianca, ormai il modus operandi principale dei jihadisti in Europa. Inoltre, come confermato da studi del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, gli attacchi dei cosiddetti “lupi solitari”, come quasi tutti quelli con coltello, sono tra i più facilmente emulati, rappresentando circa un terzo dei casi totali.

Secondo una ricerca della San José State University, l’effetto emulativo è particolarmente forte tra persone affette da disturbi mentali, problematiche comuni a diversi terroristi e criminali che hanno colpito in Europa negli ultimi anni. Il terrorismo sembra così aver esteso il proprio raggio d’azione, ben oltre le sue intenzioni originarie. Gli episodi di sangue recentemente avvenuti in Italia, con giovanissimi responsabili di stragi in famiglia e altrove, aprono spazi di riflessione su possibili effetti emulativi rispetto ad attentati terroristici come quello di Solingen.

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