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Tra autonomia strategica e sovranità tecnologica, a Palermo il futuro dell’underwater

Di Marco Battaglia e Riccardo Leoni

Riuniti a Palermo per il forum Risorsa Mare, i principali attori nazionali e internazionali del settore della blue economy discutono sul futuro di una filiera che tocca diversi ambiti, dalla sicurezza nazionale alla sovranità tecnologica, e che sarà centrale per lo sviluppo del sistema Paese negli anni a venire

L’Italia è, prima di ogni altra cosa, un Paese marittimo. Dalla filiera della pesca al commercio internazionale, passando per la sicurezza delle infrastrutture, il mare costituisce un asset imprescindibile per lo sviluppo del sistema Paese. Questi i temi discussi a Palermo in occasione del forum Risorsa Mare, organizzato da The European House – Ambrosetti e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio. L’evento, fortemente voluto da Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, giunge alla sua seconda edizione e punta, nelle parole del ministro, a far percepire il mare “non solo come preziosa risorsa economica e come elemento essenziale della natura, ma anche come luogo strategico per la salvaguardia dei confini nazionali e degli equilibri internazionali”. Che l’Italia abbia i suoi interessi strategici nel mare e nel Mediterraneo lo conferma anche il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel suo videomessaggio per il Forum: “siamo una piattaforma naturale nel Mediterraneo, un mare che per millenni è stato il cuore degli scambi culturali e commerciali del mondo e che è ora tornato ad essere centrale, come spazio di connessione” globale. Questo interesse strategico si riverbera anche nella dimensione underwater, come registrato dal presidente Meloni: “un dominio nuovo nel quale l’Italia intende giocare un ruolo di primo piano. Abbiamo già istituito il Polo nazionale della dimensione subacquea e sta per approdare in Consiglio dei ministri un disegno di legge per regolare e disciplinare questa materia”.

Ciò che accade sott’acqua si riverbera in superficie

L’intervento di Massimo Debenedetti, vice presidente per la ricerca e l’innovazione di Fincantieri nonché ceo di Cetena, ha affrontato il ruolo, spesso trascurato, che il mare riveste nella quotidianità sociale ed economica, oltre al futuro dell’intero comparto. La filiera della blue economy è infatti altamente frammentata, e coinvolge gli interessi di numerosi stakeholder, specialmente nel campo dell’underwater. Sott’acqua passano i gasdotti che ci portano l’energia e i cavi in fibra ottica che trasportano il 99% dei dati globali, rendendo la sicurezza di queste infrastrutture centrale per il nostro stile di vita. Basti pensare a cose semplici come gli acquisti online o, più in generale, tutti i metodi di pagamento elettronico. Se un attacco dovesse colpire questi cavi, ne risentirebbe l’intero sistema Paese. L’eventualità non è neanche così remota, come ci ha dimostrato il sabotaggio al gasdotto Nord Stream. Per questo la difesa e la sicurezza delle infrastrutture sottomarine sono cruciali, specialmente in un momento in cui lo sviluppo tecnologico ha reso disponibili anche ad attori non statali tecnologie potenzialmente impiegabili per condurre questo tipo di attacchi. Pertanto, fattori come l’autonomia strategica e la sovranità tecnologica risultano fondamentali per difendersi da ogni tipo di azione offensiva, sia essa condotta da Stati o altre organizzazioni. Per perseguire questi due obiettivi strategici, Fincantieri intende realizzare dei veri e propri ecosistemi tecnologici e in questo solco si inseriscono l’acquisto di Remazel e l’acquisizione di Wass. L’ambizione, secondo Debenedetti, è quella di diventare un vertice dell’intera filiera dell’underwater, campo in cui Fincantieri può svolgere una funzione di aggregatore, anche mediante la cooperazione con la Marina militare. In una filiera articolata come la blue economy e in un ambiente come quello underwater, in cui le esigenze operative non sono sempre chiare, le tecnologie abilitanti dovranno essere integrate in un sistema complesso, capace di guidare l’innovazione e rispondere al contempo a esigenze operative e requisiti tecnici.

Il ruolo del Polo della subacquea per lo sviluppo del sistema Paese

Il forum ha visto anche la partecipazione dell’ammiraglio Vito Lacerenza, Capo del reparto sommergibili e dimensione subacquea della Marina militare, che è intervenuto sull’importanza che il neocostituito Polo nazionale della dimensione subacquea (Pns) riveste oggi. Il Pns, secondo Lacerenza, può infatti rappresentare un hub per aggregare diverse realtà afferenti al campo dell’underwater, dalle istituzioni e l’industria alle piccole-medie imprese e le università. Insieme, queste realtà possono dare vita a un modello virtuoso per la collaborazione tra pubblico e privato, nonché far incontrare e interagire il mondo civile e quello militare. Come? Mediante una governance che coinvolga tutti gli attori pubblici e privati, articolata in due board, uno industriale e uno operativo, che possano coordinare le attività dell’intero comparto. Secondo Lacerenza, in questo momento sono due gli obiettivi immediati da perseguire: sviluppare un veicolo subacqueo multifunzione che assolva a una pletora di compiti e dotare le infrastrutture sottomarine di sensori per l’innalzamento della situational awareness. Entrambi gli obiettivi rientrano tra gli otto bandi di ricerca pubblicati dal Pns, a cui se ne aggiungeranno diversi altri. In questa ottica, i finanziamenti saranno cruciali per arrivare allo sviluppo di tecnologie dual-use che possano essere messe sul mercato nazionale e internazionale, anche in riferimento a settori, come la space economy, che condividono più di un’affinità con l’ambiente sottomarino. Insieme, pubblico e privato possono fare molto, motivo per cui la traiettoria deve rimanere quella di attrarre sempre più stakeholder.


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