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Cattolicesimo sociale, ora serve una presenza politica. La riflessione di Merlo

Oggi, e proprio in questo preciso contesto culturale, quasi si impone una iniziativa politica che riscopra sino in fondo il pensiero e la tradizione del cattolicesimo sociale. La riflessione di Giorgio Merlo

Ci sono delle categorie politiche, o meglio delle culture politiche, che misteriosamente sono scomparse dall’orizzonte pubblico del nostro Paese. Una scomparsa a cui, però, fa da contraltare una presenza delle suddette culture nel corpo e nel tessuto vivo della società. È il caso, nello specifico, del pensiero, della cultura e della tradizione del cattolicesimo sociale italiano.

Ad esempio, ogniqualvolta si cita Torino, il Piemonte e molti altri territori del nostro Paese, la vulgata recita che in quelle zone il cattolicesimo sociale vanta una ricca e variegata tradizione secolare fatta di presenze significative, azioni straordinarie e valori vissuti e radicati in molte generazioni. Un cattolicesimo sociale che, purtroppo, in quest’ultima stagione – almeno sul versante politico per non dire quello più squisitamente partitico – è stato colpevolmente e irresponsabilmente assente. Ed è perfettamente inutile, al riguardo, lanciare accuse astratte, generiche o virtuali. Tocca a chi ha militato in quel campo o a chi ha condiviso, e condivide, quella cultura politica e quell’universo valoriale avere il coraggio, la capacità e la forza di saper nuovamente inverare nella cittadella politica contemporanea quel pensiero e quella nobile tradizione.

Non per replicare meccanicamente, come ovvio e scontato, formule e meccanismi organizzativi superati dalla storia. Ma, semmai, per riproporre in termini nuovi ed aggiornati una presenza culturale e soprattutto politica che sia in grado di fare rivivere un pensiero che si può riassumere in un concetto di fondo.

E cioè dalla difesa, dalla promozione e dalla rappresentanza autentica dei ceti popolari di oggi ricavare ed elaborare un progetto politico, e di governo, generale in cui si possano riconoscere un partito o una coalizione o una alleanza di partiti e movimenti. Del resto, su questo versante non c’è nulla da inventare. È appena sufficiente rileggere, seppur con spirito critico e distaccato, l’ultima grande e significativa esperienza politica riconducibile alla tradizione e al pensiero del cattolicesimo sociale – e cioè la “sinistra sociale” della Dc e di altri partiti che succeduti alla stessa Dc di Carlo Donat-Cattin, Franco Marini, Guido Bodrato e Sandro Fontana per fermarsi agli esponenti più significativi – per rendersi conto che quei valori, quella tradizione ideale e quel progetto politico non possono essere banalmente e qualunquisticamente archiviati. Come se fosse un ferro vecchio nella politica contemporanea. E questo perché farsi carico delle istanze, delle richieste, delle esigenze e delle domande che provengono dai ceti popolari e in un contesto politico purtroppo ancora caratterizzato da una persistente ed inquietante “questione sociale” e trasformarli in un progetto politico, non è una azione del passato ma, al contrario, una iniziativa drammaticamente attuale o moderna.

E oggi, e proprio in questo preciso contesto culturale, quasi si impone una iniziativa politica che riscopra sino in fondo il pensiero e la tradizione del cattolicesimo sociale.

Certo, per poter centrare questo obiettivo serve il ritorno dei partiti popolari e democratici e non di quelli personali o padronali; delle culture politiche e non solo del verbo dogmatico del capo partito; della partecipazione popolare e non solo dei follower; e in ultimo ma non per ordine di importanza, serve una politica che faccia della rappresentanza legittima e trasparente di determinati interessi sociali la sua ragion d’essere e non più e non solo ispirata a grigi ed aridi cartelli elettorali. Insomma, un pensiero e una tradizione costitutiva della nostra storia democratica non possono essere sacrificati sull’altare di una maldestra ed equivoca modernità. E il cattolicesimo sociale locale e nazionale, dopo la stagione ricca e feconda dei Donat-Cattin, dei Bodrato, dei Marini, dei Fontana, dei Gorrieri e di molti altri protagonisti dell’associazionismo cattolico italiano, richiede nuovamente di essere presente e visibile.

Non solo per riscoprire una storica e nobile cultura ma, soprattutto, per rilanciare una presenza politica di cui, francamente, si sente drammaticamente la mancanza pubblica ed organizzativa.


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