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Perché i capi dei servizi Uk e Usa hanno deciso di mostrarsi in pubblico assieme

Per la prima volta i vertici delle agenzie di spionaggio di Regno Unito e Stati Uniti si mostrano in pubblico assieme, ospiti del Financial Times. Moore e Burns avvertono Putin sull’Ucraina: “Non avrà successo”. L’incursione a Kursk ha suscitato “interrogativi” nell’élite russa su senso della guerra

Richard Moore e William Burns hanno giocato un ruolo pubblico nel contesto dell’aggressione russa dell’Ucraina già prima che questa iniziasse. Era l’autunno del 2021 quando i capi del Secret Intelligence Service (o MI6) e della Central Intelligence Agency, rispettivamente servizi d’intelligence esterna di Regno Unito e Stati Uniti, parlavano pubblicamente, condividendo informazioni desecretate e avvertendo gli alleati, dello scenario che poi si è realizzato pochi mesi dopo con il via libera del leader russo Vladimir Putin a quella che egli definisce ancora oggi, a distanza di due anni e mezzo, una “operazione militare speciale”. Per questo, le loro apparizioni pubbliche del fine settimana appena trascorso – prima un editoriale firmato assieme sul Financial Times, poi un’intervista al “FT Weekend Festival”, con la direttrice Roula Khalaf, a Londra – hanno rappresentato l’occasione per i due – un’occasione di vera e propria public diplomacy – di rivendicare quanto fatto finora ma anche di mettere in guardia l’Occidente in un momento critico, con l’incursione ucraina a Kursk, le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti e l’inverno alle porte.

Nella loro prima rara apparizione pubblica assieme (“Perché avete accettato questo invito?” è stata la prima domanda di Khalaf), i due, entrambi con un passato (seppur diverso) nella diplomazia, hanno ribadito di aver previsto la guerra in Ucraina “e di essere stati in grado di avvertire la comunità internazionale”, desecretando informazioni riservate per aiutare Kyiv. “I nostri Paesi sono uniti nel resistere a una Russia assertiva e alla guerra di aggressione di Putin in Ucraina”, hanno spiegato. Dopo aver definito questo conflitto una delle “minacce senza precedenti” che entrambi i Paesi devono affrontare, hanno ricordato che “mantenere la rotta è più vitale che mai” quando si tratta di sostenere l’Ucraina, aggiungendo che Putin “non avrà successo”. Anche alla luce del fatto che l’incursione ucraina a Kursk (e l’evento di Londra sembra una sorta di endorsement pubblico da parte dei due Paesi) ha intaccato la narrazione bellica di Putin e ha suscitato “interrogativi” nell’élite russa sul senso della guerra. Sia il Regno Unito sia gli Stati Uniti lavorano per “interrompere la sconsiderata campagna di sabotaggio” in Europa da parte della Russia, hanno assicurato. Infine, hanno parlato anche di Cina (la cui ascesa “è la principale sfida di intelligence e geopolitica del XXI secolo, e abbiamo riorganizzato i nostri servizi per riflettere questa priorità”) e Medio Oriente sottolineando come l’ordine internazionale non sia mai stato così a rischio dalla Guerra fredda.

La special relationship si sta rinsaldando. Lo confermano anche le visite di Antony Blinken, segretario di Stato americano, a Londra in questi giorni e di Keir Starmer, neo primo ministro britannico, a Washington alla fine della settimana. C’è maggiore vicinanza politica tra i governi, con il ritorno al potere nel Regno Unito dei laburisti dopo 14 anni conservatori e con l’amministrazione dem di Joe Biden. Ma non è tutto, anche perché altrimenti non si spiegherebbe come Regno Unito e Stati Uniti – pivot nella Nato ma anche nei Five Eyes – hanno gestito la relazione in particolare negli ultimi tre anni. Nel mondo dell’intelligence si parla di partnership (basate sulla fiducia reciproca) e non di alleanze. E la special relationship andata in scena sulle colonne del Financial Times e a Londra sembra un appello agli altri Paesi occidentali in un momento critico in una fase cruciale, sia per quanto riguarda la guerra in Ucraina sia con riferimento alle priorità future.

C’è un’ulteriore special relationship che emerge dal fine settimana, quella tra Burns e Moore: se il mandato del primo scadrà con la fine dell’amministrazione Biden (il 20 gennaio prossimo), il secondo sembra uscito rafforzato dalla presenza del collega a Londra, con la speranza di un’estensione del suo incarico, ricevuto il 1° ottobre 2020 dall’allora primo ministro tory Boris Johnson, anche dopo il cambio di governo.

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