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La Cina accusa Taiwan di cyber-attacchi. Ecco cosa c’è dietro

Secondo l’intelligence di Pechino dietro il gruppo Anonymous 64, che ha condotto più di 70 campagne in pochi mesi, ci sarebbe l’esercito di Taipei. Dall’isola ribattono: tattiche da “zona grigia” per isolarci

Il Guoanbu, ovvero il ministero cinese per la Sicurezza dello Stato, una polizia polizia segreta con compiti di spionaggio e controspionaggio, ha accusato l’esercito taiwanese di aver condotto un’operazione d’influenza. Il tutto, attraverso un gruppo di hacktivisti, noto come Anonymous 64, che hanno compiuto attacchi informatici in Cina, a Hong Kong e a Macao cercando di prendere il controllo di siti, schermi elettronici stradali e reti televisive per diffondere quelle che Pechino definisce “fake news” per screditare il Partito comunista cinese.

Secondo il Guoanbu il gruppo è guidato da un centro di cyber warfare dell’esercito taiwanese all’interno del suo Information, Communications, and Electronic Force Command. “Il centro è responsabile dell’attuazione della guerra cognitiva cibernetica e della guerra dell’opinione pubblica contro la Cina continentale”, hanno scritto i funzionari in un post su WeChat. Il ministro ha affermato anche che il gruppo avrebbe condotto più di 70 campagne da quando è stato creato nel giugno dello scorso anno. La maggior parte degli attacchi ha preso di mira siti web governativi “zombie”, non aggiornati da anni. Violati i forum di 40 università cinesi.

Pechino ha puntato il dito contro tre militari taiwanesi in servizio attivo che sarebbero a capo del gruppo: Luo Junming, Hong Liqi e Liao Weilun.

I funzionari taiwanesi hanno negato le accuse e hanno affermato che il ruolo del centro è quello di occuparsi della sicurezza delle reti dell’esercito. Quelle cinesi, hanno spiegato, sono tattiche da “zona grigia”, come le attività aeree, navali e informatiche, che stanno “minando la pace regionale”. Per Taipei sarebbe un tentativo da parte di Pechino di distogliere l’attenzione dalle recenti accuse della comunità internazionale relative alle sue tattiche di guerra informatica, nonché un modo per minare il sostegno internazionale a Taiwan (che il Partito comunista cinese considera un’isola ribelle da annettere anche a costo dell’uso della forza), fomentare sentimenti anti-taiwanesi all’interno e infiammare le tensioni nello Stretto.

Quando un servizio d’intelligence denuncia pubblicamente un’operazione subita e gli autori della stessa, allora bisogna farsi alcune domande. Ciò è particolarmente vero se si tratta di organismi che fanno parte di dittature. Per Shen Ming-shih, vice direttore generale dell’Istituto per la difesa e la sicurezza nazionale di Taipei, Pechino ha deciso di pubblicare nomi e fotografie degli accusati con l’intento di provocare una reazione di paura all’interno delle forze armate di Taiwan e di dissuadere il personale dall’essere fedele al governo.


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