La percezione del pubblico può essere influenzata da fattori emotivi, ma le opinioni consolidate e le preoccupazioni locali spesso pesano di più nelle decisioni elettorali. Inoltre, è la campagna nel suo insieme, più che la singola performance, a determinare il successo finale. Il commento di Martina Carone
Oggi, per chiunque abbia aperto i quotidiani, una notizia campeggia in apertura di molte testate: Harris batte Trump nel primo (e forse unico) dibattito tra i due. D’altronde, assistere a questi scontri è come seguire una serie TV avvincente: battute taglienti, attacchi diretti e tensione palpabile. Ed entusiasmo tra i vincitori, e reazioni (più o meno scomposte) tra chi viene ritenuto il perdente. Tuttavia, chi vince sul palco non è sempre il vincitore finale delle elezioni.
Un esempio è il 2016, quando Hillary Clinton e Donald Trump si sfidarono in tre dibattiti. Secondo vari sondaggi, Clinton fu considerata la vincitrice dalla maggioranza degli spettatori, con una media del 54% rispetto al 30% per Trump, un margine di 24 punti. Un sondaggio Cnn/Orc indicò che il 62% degli spettatori pensava che Clinton avesse vinto il primo dibattito, mentre solo il 27% indicava Trump. Anche YouGov confermò questa tendenza, con il 57% degli intervistati a favore di Clinton contro il 30% per Trump. Altre fonti, come Politico e Morning Consult, mostrarono risultati simili, con Clinton indicata vincitrice tra il 49% e il 61% degli intervistati. Il Los Angeles Times evidenziò che Clinton aveva prevalso in tutti i sei segmenti del dibattito. Tuttavia, nonostante la vittoria nei dibattiti, Trump vinse le elezioni.
Nel 2020, il confronto tra Biden e Trump mostrò dinamiche simili. Un sondaggio Cnn/Ssrs indicò che il 60% degli spettatori considerava Biden il vincitore, mentre il 28% indicava Trump. Un sondaggio di Cbs News riportò un divario minore, con il 48% per Biden e il 41% per Trump. Tuttavia, secondo l’analisi di FiveThirtyEight, il dibattito non influenzò in modo significativo la popolarità di entrambi i candidati o le loro possibilità di vittoria.
Per comprendere meglio il successo di Trump nonostante i sondaggi sfavorevoli nei dibattiti, è utile riflettere sul suo stile. Nel 2016, Trump adottò un approccio aggressivo e provocatorio, interrompendo spesso i suoi avversari e facendo appello a una retorica emotiva che risuonava con una parte dell’elettorato. Questa strategia gli permise di catturare l’attenzione, nonostante i sondaggi lo indicassero come perdente.
Nel 2020, Trump mantenne il suo stile aggressivo, ma la pandemia e le tensioni sociali cambiarono il contesto. Se nel 2016 si presentava come un outsider, nel 2020 difendeva il suo operato da presidente. Anche se lo stile rimase lo stesso, il suo approccio apparve più difensivo, mentre Biden rispose in modo più dettagliato alle questioni.
Il dibattito del 2024, seguito dal ritiro di Biden, suscitò un ampio consenso a favore di Trump. Alcuni analisti, anche vicini ai democratici, sostenessero che Trump non avesse vinto, affermavano che “Biden avesse chiaramente perso”: il flash poll della Cnn mostrò inoltre che il 67% degli intervistati riteneva Trump il vincitore. Il giorno successivo, YouGov confermò risultati simili, con il 43% a favore di Trump e solo il 22% per Biden.
Ieri sera, Kamala Harris ha gestito abilmente il dibattito. Il suo obiettivo era dimostrare di saper affrontare le crisi e far innervosire Trump, cosa che ha ottenuto mantenendo un atteggiamento calmo e strategico. Ha evitato gaffe e tenuto il controllo della conversazione, costringendo Trump a difendersi. Trump, noto per il suo stile aggressivo, ha faticato a mantenere la calma su temi centrali come immigrazione ed economia, facendo dichiarazioni che hanno richiesto fact-checking da parte dei moderatori. Harris, invece, è apparsa più equilibrata e moderata rispetto alla sua candidatura nelle primarie del 2019.
Le reazioni post-dibattito hanno confermato la performance di entrambi i candidati: i repubblicani hanno criticato i moderatori, mentre i democratici si sono mostrati soddisfatti e hanno persino invitato Trump a un secondo confronto, se i consensi per Harris fossero cresciuti. Il New York Times ha elogiato la preparazione di Harris, mentre Nate Silver ha sottolineato la vulnerabilità di Trump. Un flash poll di Cnn ha rivelato che il 63% degli spettatori riteneva Harris la vincitrice, mentre il 37% sosteneva avesse vinto Trump.
Evidentemente, però, vincere un dibattito non garantisce la vittoria alle elezioni. La percezione del pubblico può essere influenzata da fattori emotivi, ma le opinioni consolidate e le preoccupazioni locali spesso pesano di più nelle decisioni elettorali. Inoltre, è la campagna nel suo insieme, più che la singola performance, a determinare il successo finale. Sarà interessante vedere se la performance di Harris avrà un impatto sui sondaggi, soprattutto negli Stati in bilico, dove gli elettori indecisi possono fare la differenza. I dibattiti sono solo una parte di una strategia più ampia: un grande spettacolo mediatico di una campagna elettorale lunga e bizzarra, il cui scopo principale però è solo uno: convincere la gente a votare per te.