Incontro a Villa Doria Pamphilj tra la presidente del Consiglio e il premier britannico. Si cercano soluzioni condivise sulla guerra e sulla lotta al traffico di essere umani. Si è parlato anche del Global Combat Air Programme
Londra (Regno Unito). Oggi, a Villa Doria Pamphilj, Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, ha accolto Keir Starmer. Il primo ministro britannico è rimasto a Londra soltanto poche ore nel fine settimana dopo il suo viaggio oltreoceano per un importante incontro con il presidente americano Joe Biden. Giusto il tempo di andare a tifare il suo Arsenal, vincente nel derby di Londra Nord in casa del Tottenham, poi la partenza per Roma.
È il terzo incontro tra i due da quando Starmer ha vinto le elezioni del 4 luglio scorso. Prima si erano incontrati, a distanza di pochi giorni dal voto britannico, l’11 luglio a Washington a margine del summit Nato e a Blenheim Palace in occasione del vertice della Comunità politica europea.
Anche alla luce del bilaterale di venerdì alla Casa Bianca, l’Ucraina è stata in cima all’agenda del vertice. Il tema caldo in queste settimane è l’autorizzazione a Kyiv per l’utilizzo delle armi fornite dai Paesi occidentali per colpire su suolo russo. Secondo il New York Times dovrebbe presto arrivare il via libera per le armi non americane, quindi non i missili Atacms (o almeno non subito, ritiene Politico), ma solo i britannici Storm Shadow, per i quali il primo ministro laburista ha cercato l’approvazione di Washington anche per via dell’importanza dei dati forniti dagli Stati Uniti sugli obiettivi possibili.
Il governo britannico li ritiene “cruciali” per fermare l’invasione russa e punta a un annuncio la prossima settimana in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il premier Starmer ne parlerà presto anche con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron. La posizione del governo italiano è contraria: le armi italiane devono servire soltanto a difendere la popolazione civile ucraina all’interno del suo territorio perché “non siamo in guerra con la Russia”. E così sabato Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, si è affrettato a definire “interlocutoria” la riunione alla Casa Bianca tra i leader di Stati Uniti e Regno Unito, in particolare la discussione sul via libera all’uso di armi occidentali da parte di Kyiv contro obiettivi in Russia.
È una fase di grande slancio della special relationship tra Stati Uniti e Regno Unito, con l’incontro alla Casa Bianca preceduto delle visite a Londra di Antony Blinken, segretario di Stato americano, e di William Burns, direttore della Central Intelligence Agency, che è anche apparso pubblicamente, per la prima volta, con il collega Sir Richard Moore, capo del Secret Intelligence Service (o MI6), a un evento del Financial Times. Londra e Washington puntano ad assicurare un vantaggio tattico a Kyiv in vista di possibili negoziati. In questo contesto, su Roma, esclusa da una recente riunione a Washington a livello di consiglieri per la sicurezza nazionale svoltasi in formato Quad, pesano sia la posizione – tatticamente dannosa, secondo Michele Nones, vicepresidente dello Iai – sull’utilizzo delle armi fornite all’Ucraina contro obiettivi russi, sia i ritardi nella consegna a Kyiv della batteria Samp-T promessa già ad aprile e inserita nel decreto approvato a luglio.
“Grazie per la tua forte leadership in particolare sull’Ucraina”, ha detto Starmer a Meloni con parole che suonano tanto come apprezzamento quanto come incitamento. “Lavoreremo insieme fianco a fianco per tutto il tempo necessario”.
Altri temi dell’incontro di oggi a Roma sono stati: il contrasto all’immigrazione clandestina, che è uno dei temi portanti dell’accordo di copertone bilaterale rafforzata siglata dai due governi un anno e mezzo fa (all’epoca al numero 10 di Downing Street c’era il tory Rishi Sunak), e il Global Combat Air Programme, il progetto dei due Paesi con il Giappone per lo sviluppo del jet di sesta generazione.
Sul primo punto Starmer, che ha visitato il Centro nazionale di coordinamento per l’immigrazione, cerca alleati e soluzioni per l’esternalizzazione delle frontiere (più che studiare il modello Albania che ancora non è partito). “La prima cosa da fare è intensificare la lotta al traffico i esseri umani unendo molto più gli sforzi di sicurezza, di cooperazione tra forze di polizia e servizi di intelligence, puntando al cuore di questo traffico”, ha dichiarato Meloni citando l’approccio “follow the money” di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Sul secondo punto c’è la conferma dell’impegno di Londra anche con il nuovo governo che si è insediato scoprendo un buco da 22 miliardi di sterline. Si aspetta però la Strategic Defence Review che dovrebbe essere pronta l’anno prossimo e dovrebbe prevedere un riorientamento delle priorità britanniche. A tal proposito, citato da Breaking Defense, Justin Bronk, del think tank britannico Royal United Services Institute, aveva spiegato che il programma è “completamente impossibile” nel caso in cui una guerra scoppiasse in Europa nei prossimi cinque anni perché in quel caso “l’economia globale sarà totalmente crollata”.
I ministri della Difesa, Guido Crosetto e John Healey, ne dovrebbero parlare a margine della ministeriale Difesa del G7 – una prima volta – che si terrà a Napoli dal 18 al 20 ottobre. È uno dei tanti appuntamenti bilaterali da qui a fine anno. In agenda c’è anche la ministeriale Esteri di novembre a Fiuggi e il Convegno di Pontignano, organizzato, sempre a novembre, dall’ambasciata britannica a Roma e dal British Council Italia. L’edizione di quest’anno, la trentaduesima, si terrà in via eccezionale non nella tradizionale location alle porte di Siena, bensì a Roma, a Villa Wolkonsky, residenza dell’ambasciatore britannico, con l’auspicio da parte degli organizzatori che ciò possa favorire una maggiore presenza italiana a quello che è uno degli eventi annuali più importanti nel rapporto bilaterale.