Rendere il Pnrr una componente strutturale della politica economica appare come l’unica strategia capace, allo stesso tempo, di allungare l’orizzonte temporale del piano per il rientro nelle regole del Patto di stabilità, garantendo l’effettiva realizzazione dei progetti previsti e di assicurarne al contempo la continuità. Costruendo un programma di investimenti strategici in grado di rilanciare la crescita in modo realistico e sostenibile nel lungo termine. L’analisi di Pasquale Lucio Scandizzo
Le nuove regole per il quadro fiscale stabilito dal Patto di stabilità e crescita richiedono un’analisi di sostenibilità del debito (Debts sustainability analysis o Dsa) per stabilire percorsi di aggiustamento fiscale a medio termine e salvaguardie numeriche per la riduzione del debito e il controllo del deficit. La novità maggiore è che gli Stati membri dell’Ue con un debito superiore al 60% del Pil o deficit oltre il 3% nel 2024 devono creare un piano fiscale a medio termine basato su una traiettoria fornita dalla Commissione Europea. Questo piano si estenderà per quattro anni (2025-2028) e può essere esteso a sette anni (2025-2031) se supportato da impegni di investimento e riforma.
Gli aggiustamenti fiscali saranno governati dal criterio più stringente tra i due:
1) una traiettoria del debito basata sulla Dsa che assicuri un calo costante da quattro a sette anni;
2) correzioni sotto una procedura di deficit eccessivo se i deficit superano il 3%, richiedendo aggiustamenti annuali di almeno 0,5 punti percentuali del Pil per ridurre il deficit.
Inoltre, le salvaguardie del debito e del deficit nell’ambito preventivo del Patto di stabilità e crescita richiedono che i paesi con un debito superiore al 90% del Pil lo riducano di almeno l’1% annuo, e quelli sotto il 90% dello 0,5% annuo, con ulteriori requisiti per mantenere la resilienza del deficit. Gli scenari di aggiustamento fiscale dell’area euro per il 2025-26 partono da un percorso di base che soddisfa questi criteri, con aggiustamenti misurati dai cambiamenti nel saldo primario strutturale su percorsi di quattro e sette anni.
Queste regole sono piuttosto macchinose e tutte da verificare sia dal punto di vista della fattibilità che della efficienza. Tuttavia, il piano da sottoporre all’Unione europea per la loro applicazione fornisce l’opportunità di una semplificazione delle procedure abituali di programmazione di finanza pubblica, e, allo stesso tempo di un loro radicale riorientamento dal breve al medio-lungo termine. Le traiettorie simulate dalla Commissione non costituiscono previsioni, né stime di parametri strutturali, ma solo esperimenti computazionali di ipotetici eventi e comportamenti degli agenti economici coinvolti. Esse, tuttavia, essendo formulate sulla base di stime aggregate dei parametri della economia dei diversi stati membri, e di obiettivi di sostenibilità del debito, sono credibili nel suggerire le opportunità e, allo stesso tempo, le fragilità dei sentieri di aggiustamento previsti.
Tanto le opportunità che le fragilità dipendono dal fatto che le traiettorie sono simulate in assenza di drivers di lungo termine, quali scelte di investimento strategiche e percorsi di innovazione sostenuta, e da un focus eccessivo sulla sostenibilità finanziaria piuttosto che sulle dinamiche dell’economia reale. Per l’Italia, tuttavia, in presenza del più ambizioso programma di investimenti pubblici della storia della repubblica, appare evidente che la scelta e l’attuazione degli investimenti previsti nel Pnrr dovrà giocare un ruolo fondamentale, sia nel breve che nel lungo termine. Ma sarà soprattutto negli anni a partire dall’esaurirsi dello stimolo di domanda maggiore del programma, che la sfida della sostenibilità dovrà essere combattuta. Per qualche anno ancora, ossia fino al 2026-2029, l’Italia godrà dei benefici del Pnrr, ma sarà anche in grado di evitarne una parte notevole dei costi, grazie al fatto che una parte rilevante di essi è a spese del bilancio comunitario e quindi, sostanzialmente un dono da parte degli altri paesi membri.
Il Pnrr comporta una mobilizzazione di risorse finanziarie senza precedenti in un breve lasso di tempo, con una significativa concentrazione di spese nel biennio 2024-2026. Durante questo intervallo, si prevede di osservare gli effetti più rilevanti dello stimolo di domanda generato dal piano, che per ora non sono ancora manifesti. Ci si aspetta un incremento della domanda interna ben superiore ai trend storici, che negli ultimi anni hanno mostrato tassi di crescita del Pil di sole frazioni di punto percentuale. Tuttavia, le sfide maggiori si presenteranno al termine del periodo coperto dalle spese del Pnrr. Dal punto di vista dell’offerta, persiste il rischio che molti progetti non raggiungano una fase produttiva efficace, una volta completati, a causa della mancanza di una valutazione preliminare adeguata della loro fattibilità o sostenibilità a lungo termine.
Dal punto di vista della domanda, esiste il rischio simmetrico che non si verifichi un aumento di occupazione e salari sufficiente a sopportare l’incremento di produzione e a mantenere il livello di crescita desiderato. Ed è quindi necessario allungare l’orizzonte temporale del Pnrr e rifinanziarlo anzitutto per permetterne la compiuta realizzazione, ma anche per cogliere le opportunità di interpretare in modo costruttivo le nuove regole del patto di stabilità e crescita. L’esperienza delle ultime due decadi di politica economica nei paesi sviluppati ha dimostrato che la continua riduzione degli investimenti pubblici, spinta dal bisogno di consolidamento fiscale, può avere ripercussioni devastanti nelle aree strutturali dell’economia e della politica industriale.
Gli investimenti pubblici, se intrapresi con una ampiezza di interventi e un respiro strategico, sono infatti necessari non solo per rilanciare temporaneamente la domanda in periodi di recessione, ma anche e soprattutto per fornire beni pubblici essenziali e sostenere la crescita nel lungo termine attraverso il loro effetto indotto sugli investimenti privati. Al contrario, se la politica industriale e le altre sfide di lungo termine sono lasciate in balia degli interessi privati e della dinamica di breve termine dei mercati, la sostenibilità dell’intera economia può essere compromessa.
Rendere il Pnrr una componente strutturale della politica economica appare quindi come l’unica strategia capace, allo stesso tempo di allungare l’orizzonte temporale del piano garantendo l’effettiva realizzazione dei progetti previsti, e di assicurarne la continuità, costruendo un programma di investimenti strategici in grado di rilanciare la crescita in modo realistico e sostenibile nel lungo termine.