I ministri degli Esteri e della Difesa di Canberra ospitano gli omologhi di Tokyo per l’undicesimo vertice di questo tipo. Si è deciso di stanziare F-35 e i marines nipponici nel nord dell’Australia, per aumentare la coordinazione con le Forze armate locali e statunitensi
Che l’assertività della Cina preoccupi, e molto, i suoi vicini è più che chiaro. Proprio mentre Pechino conduce esercitazioni di sbarchi anfibi (leggasi, prove per l’invasione di Taiwan), si è tenuto il summit bilaterale tra Australia e Giappone nel formato 2+2. Il vice-premier e ministro della Difesa, Richard Marles, e il ministro degli Esteri di Canberra, senatore Penny Wong, hanno ricevuto gli omologhi nipponici Kihara Minoru e Kamikawa Yoko nello Stato federale natia di Marles, il Victoria.
Questo incontro, giunto all’undicesima edizione, ha un’ovvia sfumatura anti-cinese. Così come ha una funzione di deterrenza nei confronti di Pechino il risultato principale del Summit: l’aumento dei militari nipponici nell’Australia del nord, con la rilevante inclusione dei nuovi F-35 e dei marines di Tokyo. Questi ultimi si eserciteranno con i colleghi statunitensi e locali. Gli Usa, in particolare, contano moltissimo sul Corpo dei Marines in un eventuale conflitto con la Cina. “Questa è davvero un’opportunità enorme per le nostre tre Forze armate per operare in un contesto anfibio” ha detto Marles, sottolineando come ciò sia in linea con le ambizioni di Canberra, delineate nella Defence strategic review dell’anno passato.
Aspettando il Vertice, mentre il ministro Wong sottolineava che “il Giappone è un partner essenziale per l’Australia e le nostre due Nazioni lavorano a stretto contatto […] per dare un contributo vitale alla sicurezza e alla prosperità della regione” e il collega Marles definiva “la nostra cooperazione nella difesa col Giappone un pilastro della stabilità regionale”, il quotidiano cinese Global Times, versione internazionale della propaganda del partito comunista di Pechino, presentava le cose in modo diverso. Citando non meglio specificati “analisti cinesi”, il giornale scriveva che l’incontro “sarebbe potuto essere dannoso e perturbatore per la stabilità regionale, e avere un impatto significativo nello spingere la regione Asia-Pacifico in dilemma o trappole di sicurezza”.
Insomma, l’Indo-Pacifico è in ebollizione. Solo per fare un sunto degli ultimi avvenimenti, la Cina ha speronato una nave filippina in acque contese ed ha violato con un aereo militare lo spazio aereo dell’isola principale dell’arcipelago giapponese. Nel frattempo, agli avanzamenti di Aukus (leggasi, sottomarini australiani) e al nuovo sottomarino indiano, i cinesi hanno risposto con stizza, e con un nuovo sottomarino essi stessi. In questo contesto, la partecipazione europea, tramite missioni come quelle del Cavour, può portare stabilità alla regione.