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Lotta al fentanyl. Da Meloni un appello (implicito) a Xi

La presidente del Consiglio ha sollecitato “adeguate misure contro i fornitori dei precursori chimici che servono per produrre le droghe sintetiche”. Ecco perché si tratta di una richiesta indirizzata in primis a Pechino

È urgente che tutte le nazioni “interessate dalla minaccia delle droghe” adottino “adeguate misure contro i fornitori dei precursori chimici che servono per produrre le droghe sintetiche”. Con queste parole Giorgia Meloni è intervenuta ieri al Vertice della coalizione globale per affrontare le minacce delle droghe sintetiche, convocato dal presidente statunitense Joe Biden a margine dei lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

La presidente del Consiglio ha ricordato la dichiarazione congiunta in materia firmata dal G7, quest’anno presieduto dall’Italia, a fine aprile. In quel testo veniva citate “azioni giudiziarie e legali contro i fornitori illeciti di precursori, le organizzazioni criminali transnazionali e i loro facilitatori”. Un messaggio che, come quello di ieri, ha un destinatario in particolare: la Cina, oggi il principale produttore mondiale di fentanyl e dei suoi precursori chimici.

L’Italia, ha spiegato la presidente del Consiglio, è pronta a condividere le proprie competenze nel campo della lotta alle droghe sintetiche “per elaborare insieme un Piano d’azione congiunto sui meccanismi di allerta precoce sul traffico e il consumo delle droghe sintetiche, fentanyl incluso”. Nel suo intervento ha ricordato il Piano nazionale di prevenzione contro l’uso improprio del fentanyl e degli altri oppioidi sintetici, approvato dal governo a marzo, per far fronte a una situazione che non è emergenziale nel Paese ma richiede prevenzione, come spiegato allora dal sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, responsabile anche del Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio.

Il riferimento indiretto della presidente Meloni a Pechino si inserisce in un contesto internazionale in cui il dossier fentanyl è uno dei principali nell’agenda degli Stati Uniti, che affrontano una vera e propria emergenza nazionale, nel rapporto con la Cina – più indietro è in quella della Cina con gli Stati Uniti. A giugno, le autorità americane hanno incriminato una rete legata a una “banca clandestina” che sostiene il cartello di Sinaloa. Un caso raro, in cui le autorità cinesi hanno collaborato. È stato il primo, solitario risultato concreto dopo che l’incontro di novembre tra il presidente statunitense Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping aveva prodotto un accordo per cercare di frenare il traffico illegale di fentanyl.

In un rapporto di aprile, la commissione per la Cina della Camera dei rappresentanti di Washington ha accusato direttamente Pechino di alimentare la crisi e dunque l’instabilità sociale americana tramite programmi per premiare le aziende che esportano fentanyl e altre droghe illegali negli Stati Uniti. Accuse respinte dal governo cinese.



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