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Verso il 2%. I Paesi Bassi raddoppiano la spesa per la Difesa

Di Riccardo Leoni

Prosegue il processo di ammodernamento delle Forze armate olandesi. Più mezzi, più capacità, e maggiore consapevolezza delle sfide e delle minacce attuali, che trainano gli sforzi di Amsterdam per raggiungere gli impegni presi in sede Nato. Lezione preziosa anche per l’Italia, in cui gli investimenti stentano ancora a decollare

Il 5 settembre, i Paesi Bassi hanno rivelato il nuovo documento programmatico della Difesa, che aumenta i fondi destinati alle Forze armate, in crescita sin dall’invasione dell’Ucraina. Oltre ai 2,4 miliardi di euro addizionali rispetto allo scorso anno, il governo ha dichiarato un ulteriore stanziamento di 1,5 miliardi di euro annui per il combat power

Nei fatti, questo si traduce in una vasta campagna di procurement che mira ad ammodernare le Forze armate e, nello specifico, il parco mezzi. Droni, carri da combattimento, elicotteri navali Nh90, fregate anti-sottomarino e sistemi C-Uav (anti-drone) sono solo una parte delle acquisizioni pianificate da Amsterdam. L’acquisto più importante riguarda un’ulteriore dotazione di caccia F-35A Lightning II. Nei piani della Royal Netherlands Air Force (Rnlaf), l’acquisto di altri 58 velivoli di quinta generazione servirà non solo a rafforzare la consistenza degli squadroni, ma completerà l’integrazione del caccia nel sistema di deterrenza nucleare della Nato. I Paesi Bassi sono infatti il primo Stato europeo dell’Alleanza ad aver ufficialmente destinato, nel giugno scorso, gli F-35 al trasporto e impiego, sotto i protocolli atlantici, di armamento nucleare, compito precedentemente affidato agli F-16. Oltre al rafforzamento della componente aerea e stealth, il governo olandese pianifica anche la ricostituzione di un battaglione carri, con un possibile acquisto di carri tedeschi Leopard 2A8, e la dotazione di armamento a energia diretta (armi laser, più semplicemente) per contrastare l’impiego di droni e munizioni circuitanti. Mancherebbe una certa attenzione sulla componente artiglieria, provatasi centrale in Ucraina, ma non è possibile fare tutto e subito, soprattutto considerando il budget. 

Tuttavia non è tanto il modello o il tipo di mezzo che dovrebbe preoccupare le cancellerie europee, quanto più l’effettiva disponibilità in tempi ragionevoli. L’industria della Difesa europea, dopo anni di tagli e politiche frammentarie, non è oggi nelle condizioni di sostenere un riarmo continentale generale, in special modo se condotto singolarmente dagli Stati. Le linee di produzione, semplicemente, sono troppo poche e un ordine piazzato oggi potrebbe arrivare a prendere anche diversi anni prima di materializzarsi nella consegna effettiva. Gli investimenti nel settore della Difesa non possono concentrarsi unicamente sui sistemi da acquisire, ma anche sulla sostenibilità produttiva di questi ordini. Per questo l’eccessiva dipendenza dall’industria statunitense e un mancato coordinamento in fase di procurement possono minare alla base ogni piano di ammodernamento militare europeo. Rapporto Draghi docet. Anche l’Italia rientra in questa equazione: benché il Paese ospiti alcuni dei campioni continentali dell’industria e possa vantare stabilimenti produttivi cruciali (gli F-35 olandesi sono infatti assemblati in Italia), il rischio di un investimento che non tenga conto della capacità produttiva potrebbe rivelarsi molto alto in termini capacitivi e di tempi di consegna. 

Parimenti, l’impostazione di una politica industriale orientata alla produzione quantitativa oltre che qualitativa richiede tempo e chiari obiettivi intermedi, senza i quali non è possibile impostare pianificazioni di medio e lungo termine. Pertanto, maggiore consapevolezza e più investimenti dovrebbero essere la linea guida da seguire. Al momento i Paesi Bassi mostrano di avere entrambi, l’Italia, benché molto più consapevole rispetto al passato, arranca ancora sul secondo punto, con il raggiungimento dell’obiettivo di spesa per la Difesa al 2% del Pil fissato, per ora, al 2028.

I precedenti olandesi

Dal 2022, anno dell’invasione russa dell’Ucraina, i Paesi Bassi hanno quasi raddoppiato la propria spesa militare, passando da 12,9 miliardi a 21,4 miliardi di euro nel 2024 (pari al 1,95% del Pil). L’incremento sostanziale del budget si spiega alla luce del mutato contesto di sicurezza nel continente europeo, delle instabilità geopolitiche in Medio Oriente e delle tensioni nell’Indo-Pacifico. Con il rischio di uno scontro diretto con la Russia, nonché temendo per la sicurezza delle rotte commerciali, Amsterdam ha deciso di fare dietrofront rispetto alle politiche di Difesa del decennio scorso, che contemplavano il mantenimento di una spesa bassa e addirittura la cessione di mezzi ad altri Paesi (cosa che dovrebbe far riflettere anche l’Italia). Il piano programmatico complessivo mira a dotare le Forze armate di mezzi e sistemi avanzati, in grado di intercettare i mutamenti in corso negli affari militari e di garantire un elevato grado di adattabilità ai moderni scenari di conflitto. 


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