Se andate a Tor de’ Conti, vicino all’albergo di Grillo, e guardate la salita del Grillo da quella parte che ne fa una discesa, aspettate un poco. Forse vedrete scivolare grillini a profusione. E qualche Conte: in fondo la Torre là vicino è stata proprietà della sua gens. La rubrica di Pino Pisicchio
Se vi capita di essere a Roma in zona Monti non mancate una visita alla “salita del Grillo”, in pieno centro storico, non lontano dall’affaccio su piazza Venezia che si raggiunge con qualche passo dall’Hotel Forum in via Tor de’ Conti, l’albergo prediletto da Beppe Grillo, e questo qualcosa la dovrebbe dire sul destino cui conduce l’omonimia. La salita, infatti, prende il nome dalla famiglia del Grillo, immortalato da Alberto Sordi nel celeberrimo film del 1981 di Monicelli, che ha trasferito ai posteri quello schizzo di weltanschauung del politico corrente contenuto nella frase del marchese: “Mi dispiace, io so’ io e voi non siete un…”.
Quando si dice la predestinazione: 1) l’omonimia grillesca; 2) la professione di comico condivisa con Sordi; 3) l’albergo a pie’ di salita; 4) la concezione del potere; 5) Tor de’ Conti. Ma una salita, vista dall’altra parte, è anche una discesa e in verità la querelle leguleio-grillesca tra Conte e l’Eccelso sembra proprio una brutta discesa verso il nulla dei Cinque Stelle. Un Movimento che solo 11 anni fa si affacciava in Parlamento per la prima volta mettendo in cassa il risultato elettorale più alto di ogni altro avversario, replicato e implementato nel 2018, con numeri che evocavano le performance democristiane e classe dirigente raccolta con i meet up in base al principio fondamentale dell’uno vale uno.
Grillo e Casaleggio senior inventarono questa epifania della politica online, sposandone la semplificazione nello schema binario dell’algoritmo, uccidendo ogni profondità di pensiero e facendo scuola agli altri competitor politici. E ponendo l’irrisione assunta dalla lezione situazionista di Guy Debord – perfettamente nelle corde iconoclaste di Beppe Grillo – come arma di distruzione totale, hanno scritto un sottotesto che dice “fa così schifo la politica che la possiamo soltanto trattare a pesci in faccia”. La stessa scelta di inzeppare il Parlamento di giovani senza arte né parte e addirittura di promuoverne un bel po’ in ruoli di governo nel 2018, rappresenta, in fondo, un gesto provocatorio.
Ma il Movimento era nato per criticare, opporsi, lanciare parole d’ordine di sfida, non per governare. Attività che non s’impara con i tutor sullo smartphone. Conte venne cooptato nel 2018 – in modo abbastanza fortunoso (e per lui fortunato) nella presunzione che un civilista che insegnava all’università avesse per ciò stesso qualità per svolgere addirittura il ruolo di presidente del Consiglio. Probabilmente il cooptato e l’Eccelso non si fecero vicendevole sangue, solo che l’avvocato – peraltro levantino per nascita e per vocazione professionale – riuscì a dissimulare. Grillo un po’ meno. Il resto è più o meno noto: l’assunzione al soglio di capo del Movimento dell’avvocato nel 2021, l’epurazione sistematica o la gentile spinta verso l’uscita di tutti gli “scomodi”, a cominciare da Luigi Di Maio, gli insuccessi elettorali sistematici dal 2022 ad oggi, la lite davanti ai tribunali tra Beppe e Giuseppe, che tanto riporta alla mente dei conflitti giudiziari dei partiti al crepuscolo, molto in auge nello spirare della Prima Repubblica.
Non sappiamo se il pugliese Conte, riuscirà a togliere al genovese Grillo gli “schei” della consulenza milionaria al Movimento di cui si parla da mesi: essendo coriacei entrambi potremmo scommettere su qualche accordo su questo nobile argomento. Né possiamo allo stato escludere del tutto separazioni più o meno consensuali, scissioni conflittuali, nascita di nuovi brand. Probabilmente, come si diceva una volta, si è esaurita la forza propulsiva del movimento “grillino” delle origini ed è rimasta solo la funzione di ascensore sociale attraverso la politica, ma solo per i cooptati, che rischiano di diventare sempre meno. Una cosa è certa però: la forza trainante dell’Eccelso (per chi ancora non l’abbia capito è Grillo, che si faceva chiamare così) poggiava sulla certezza che lui non avrebbe mai assunto ruoli nelle istituzioni elettive: dicesse cose giuste o solenni castronerie Beppe era credibile perché non direttamente implicato e questa rappresentava l’originalità del Movimento. Conte invece nasce addirittura come persona investita del ruolo più importante nelle istituzioni elettive che continua a vivere da parlamentare. Inoltre impregna di sé, della sua personale visione e della sua leadership il Movimento aspirando a costruirne un partito a sua immagine e somiglianza. Né più né meno quello che fanno Salvini, Meloni, Calenda, Renzi eccetera. Cosa è rimasto, allora, della diversità originaria del Movimento, quella che lo fece votare da milioni di italiani? Il nome?
Ecco: se andate a Tor de’ Conti, vicino all’albergo di Grillo, e guardate la salita del Grillo da quella parte che ne fa una discesa, aspettate un poco. Forse vedrete scivolare grillini a profusione. E qualche Conte: in fondo la Torre là vicino è stata proprietà della sua gens.