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Sinistre, ma era meglio il vecchio Pci… La riflessione di Merlo

Spiace prendere atto che proprio il Pci era un partito più moderno, più laico e paradossalmente meno ideologico rispetto alle tre sinistre attuali nel declinare il proprio progetto politico. La riflessione di Giorgio Merlo

Lo possiamo dire con chiarezza e senza equivoci? A fronte dell’immagine che trasmettono quotidianamente le tre sinistre italiane, ovvero il cosiddetto “campo largo” o “Fronte popolare” che dir si voglia, si staglia come un gigante il ruolo politico che ha avuto il vecchio e antico Pci nella politica italiana. Perché se dobbiamo prendere atto del comportamento concreto della sinistra radicale e massimalista di Schlein, della sinistra populista e demagogica dei 5 Stelle e della sinistra fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/Bonelli/Salis, non possiamo non arrivare alla conclusione che si tratta di un cartello elettorale cementato da un odio ideologico irriducibile nei confronti del nemico che va battuto ad ogni costo e con qualsiasi mezzo. Certo, anche il vecchio Pci trascorreva parte del suo tempo a criminalizzare politicamente il ruolo e la funzione politica esercitati dalla Democrazia cristiana alleata con i partiti di democrazia laica e socialista. Per non parlare degli attacchi personali e politici indirizzati contro i singoli leader e statisti della Dc. Ma è indubbio che, al di là della polemica, il principale partito della sinistra italiana per quasi 50 anni, cioè il Pci, faceva una politica che non disdegnava affatto la cultura di governo anche in un contesto dominato dal “fattore k” e da una cornice internazionale che rendeva, di fatto, impossibile garantire una vera e propria democrazia dell’alternanza nel nostro Paese. Una cultura di governo che presupponeva una cultura politica, una autorevolezza della classe dirigente e, soprattutto, un programma definito ed elaborato attraverso un’azione politica costante e concreta. Insomma, anche stando perennemente all’opposizione si elaboravano contenuti, si continuava ad allargare l’area democratica del Paese e si cercavano nuove alleanze attraverso l’iniziativa politica e il confronto democratico.

Che cosa resta di tutto ciò, oggi, nel principale partito della sinistra italiana, cioè il Pd, e nelle altre due sinistre alleate con il Pd? Non parlo dei due cosiddetti “partiti contadini”, cioè delle due formazioni personali di Renzi e di Calenda perché in quella coalizione hanno un semplice “diritto di tribuna” essendo politicamente del tutto ininfluenti se non per poi ottenere una striminzita manciata di seggi parlamentari che saranno gentilmente offerti dall’azionista di maggioranza. Ma quello che non si può non evidenziare dal confronto tra i due campi della sinistra italiana – quella di ieri e quella di oggi – è che se il Pci dispiegava un progetto politico frutto di una elaborazione culturale ed intellettuale continua, l’attuale campo della sinistra è dominato solo da un odio ideologico nei confronti di un nemico che va annientato e distrutto politicamente. Di qui la litania quotidiana, e ormai anche un po’ patetica se non addirittura noiosa e ripetitiva, del “pericolo fascista”, della “deriva illiberale”, della “torsione autoritaria”, dello “stato di polizia” e via scioccheggiando. Ormai è un ritornello anche un po’ stucchevole che si ripete tutti i giorni e ossessivamente qualunque sia il tema politico al centro dell’attenzione. Si tratta, al riguardo, di una visibile e profonda regressione sul terreno della laicità dell’azione politica perché le pregiudiziali ideologiche hanno nuovamente il sopravvento accompagnate da una pericolosa delegittimazione morale nei confronti dei singoli dirigenti politici “nemici”. Su questo versante c’è l’unico reale punto di contatto e di convergenza con l’ultimo Pci, quello “dell’alternativa morale” di governo e dell’attacco personale ai singoli esponenti del campo avverso. Ma, come tutti ben sappiamo, si tratta di una fase circoscritta del vecchio Pci che poi si è rivelata del tutto inadeguata ed insufficiente ai fini di una concreta ed efficace iniziativa politica e di governo se non per introdurre la categoria di un dubbio ed equivoco moralismo nelle dinamiche politiche concrete.

Ecco perché, al di là della profonda diversità storica dei due contesti, è indubbio che il profilo e la natura dell’attuale “campo largo” o “Fronte popolare” sono profondamente diversi rispetto alle modalità concrete dell’azione politica del Pci. Spiace prendere atto che proprio il Pci era un partito più moderno, più laico e paradossalmente meno ideologico rispetto alle tre sinistre attuali nel declinare il proprio progetto politico. Per questi semplici motivi non possiamo non registrare un pesante e massiccio arretramento politico e culturale della sinistra italiana contemporanea. Forse è bene, al riguardo, rileggere il passato per essere più credibili nel presente.


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