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Monitorare l’underwater. La Francia punta ai batiscafi con equipaggio

Di Aurora Cuzzolini

Il batiscafo Nautile, utilizzato finora per la ricerca scientifica e il recupero di relitti, entrerà a far parte della flotta della Marina militare francese. L’obiettivo è sviluppare capacità nel campo della sorveglianza e della protezione delle infrastrutture sottomarine

Arriva dalla Francia l’idea di impiegare un batiscafo, un mezzo sommergibile progettato per resistere a pressioni elevate e quindi adatto per immersioni a profondità maggiori di quelle raggiunte dai sottomarini militari, per sorvegliare ed operare con un equipaggio nella dimensione underwater. Si tratterebbe del Nautile, originariamente concepito dall’Istituto Francese di Ricerca per lo Sfruttamento del Mare (Ifremer) come uno strumento di esplorazione dei fondali per fini di ricerca.

La proposta è stata avanzata dal senatore francese Philippe Folliot durante la revisione della Legge di programmazione militare 2024-30. Qualora il piano andasse in porto, questo consentirebbe alla Marina militare francese di utilizzare il Nautile per scopi sia militari, in particolare nel settore della sorveglianza e della protezione delle infrastrutture sottomarine, sia di ricerca scientifica. Per rendere possibile il suo nuovo impiego, il Nautile dovrà essere ammodernato in modo che possa essere mantenuto in servizio almeno fino al 2035, e per raggiungere questo obiettivo sarà necessaria una spesa di 33 milioni di euro, somma raccolta grazie a France 2030, un piano di investimento industriale da 54 miliardi di euro lanciato nel 2021 dal presidente francese Emmanuel Macron.

“La dismissione del Nautile avrebbe comportato il mancato rinnovo di rare competenze tecniche e operative, nonché la perdita di un intero know-how. Si tratta di questioni strategiche a cui il governo francese, attraverso il piano France 2030, è sensibile perché coinvolgono la sovranità nazionale”, ha sottolineato l’Ifremer. La Francia è anche “l’unico Paese dell’Unione Europea a progettare, mantenere e gestire un sottomarino con equipaggio in grado di immergersi fino a seimila metri di profondità”.

Con un dislocamento di circa 18 tonnellate, il Nautile è dotato di tre oblò con un ampio campo visivo, dieci proiettori led, un sonar in grado di rilevare oggetti entro un raggio di trecento metri, due telecamere ad alta definizione e due bracci manipolatori. Realizzato in titanio e in grado di ospitare tre persone a bordo, ha un’autonomia di sei ore a seimila metri di profondità. Oltre alla Francia, altri quattro Paesi dispongono di questa capacità ossia gli Stati Uniti con l’Alvin, il Giappone con lo Shinkai, la Russia con i due batiscafi Mir e la Cina con lo Jiaolong.

La Francia, che già nel 2022 aveva presentato la Strategia di controllo dei fondali marini, si presenta ancora una volta come un Paese particolarmente attento allo sviluppo delle sue capacità underwater, e cerca di cogliere le opportunità del dual use per una mirata allocazione dei fondi destinati all’innovazione tecnologica in ambito Difesa.

Un simile approccio potrebbe essere d’esempio per l’Italia in cui vi è una crescente consapevolezza dell’importanza strategica della dimensione subacquea, “sempre più rilevante nel contesto geopolitico globale poiché gran parte delle attività e delle funzioni che utilizziamo giornalmente dipendono da ciò che accade sotto la superficie dell’acqua”, come ha sottolineato Matteo Perego di Cremnago, sottosegretario alla Difesa, in un suo intervento durante un convegno sull’underwater tenutosi il 17 luglio 2024 presso il Centro alti studi per la difesa a Roma.

Il Polo Nazionale della Dimensione Subacquea, inaugurato a dicembre 2023 a La Spezia, rappresenta un importante traguardo in tal senso, oltre a fornire un’occasione di condivisione e ricerca congiunta tra Marina militare, stakeholder e i dicasteri interessati a sviluppare tecnologie che operino nell’ambiente sottomarino e preservino le infrastrutture già esistenti, come i cavi sottomarini.

Sulla scia della Francia, anche l’Italia potrebbe recuperare le capacità sviluppate negli anni Sessanta di costruzione di batiscafi con equipaggio in grado di navigare a profondità estreme. Basti ricordare l’impresa del batiscafo Trieste, costruito in Italia, che il 23 gennaio 1960 scese fino in fondo alla Fossa delle Marianne, raggiungendo 10.902 metri sotto il livello del mare, sancendo un record rimasto a lungo imbattuto.

Foto: Ifremer


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