La comunità internazionale gioca un ruolo fondamentale in questa nuova crisi politica del Venezuela. Gli Stati Uniti mantengono una posizione dura contro il regime di Nicolás Maduro e minacciano nuove sanzioni. Ecco tutti gli scenari possibili
Colpo di scena in Venezuela. Dopo il mandato di arresto da parte della Procura con l’accusa del reato di “incitazione all’odio”, il presidente eletto Edmundo González Urrutia è volato in Spagna, dove è stato accolto con l’asilo politico. Il 75enne ha vinto le elezioni dello scorso 28 luglio, secondo l’opposizione con circa l’80% dei voti.
Delcy Rodríguez, vicepresidente del governo socialista di Maduro, ha detto che il viaggio di González Urrutia è stato permesso dal regime per favorire “la tranquillità e la pace politica del Paese”. Comunque, l’opposizione considera l’asilo del presidente eletto “un movimento strategico” nel piano per togliere il potere a Maduro, e spera nell’insediamento di González Urrutia per il 10 gennaio del 2025, come ha dichiarato Maria Corina Machado, leader rimasta in Venezuela.
Per González Urrutia, il suo esilio è andato diversamente. Da Madrid, il politico ha detto di avere subito “costrizioni e minacce” che hanno imposto la sua uscita dal Paese. In un brevissimo messaggio ha spiegato di avere vissuto momenti di difficoltà e molta pressione, ma di non avere perso ancora la speranza per il Venezuela.
“Che alcune cose si stanno muovendo e altre non è ovvio – ha dichiarato Maria Corina Machado -. Credo che la comunità internazionale stia aumentando, lentamente, la pressione, e credo che bisognerebbe farlo in maniera più significativa”. La leader è convinta che i fedeli di Maduro sono scontenti della situazione attuale, che lo vede come un dittatore, aumentando il rischio di nuove sanzioni finanziarie e isolamento per i funzionari del regime.
Il governo di Maduro “è molto preoccupato perché sanno che all’interno delle Forze Armate hanno anche perso tutta la legittimità […] L’opposizione è aperta ai negoziati. Siamo stati chiari sulla nostra posizione di braccia aperte, non di persecuzione né vendetta, con chi è al governo”.
Un’analisi dell’emittente britannica Bbc sottolinea come l’opposizione si auspica, nei prossimi mesi, un cambiamento all’interno dell’entourage di Maduro e nel circolo di militari che lo sostengono, favorendo così una transizione verso il ripristino del sistema democratico.
La fiducia dell’opposizione venezuelana si posa nel potere di molti Paesi, specialmente negli Stati Uniti, e negli effetti delle sanzioni contro funzionari del regime e le loro famiglie, così come nel potere di mediazione di altri governi, come ad esempio la Colombia.
Per la Bbc, al contrario di quello che dice Machado, ci sono esperti “che non vedono indizi che il blocco chavista stia frammentato o sull’orlo della ribellione interna […] dall’inizio, elemento scatenante per pensare ad una transizione”. L’analista Luis Vicente León, infatti, sostiene che il chavismo ha una rivoluzione radicata da più di 25 anni “ed è assolutamente decisa a non lasciare il potere, con costi di uscita immensi che non sono mai stati realmente negoziati […] Oltre a quello che potrebbe dire l’opinione mediatica, il chavismo è riuscito a mantenere la loro unità e sostegno militare”.
León aggiunge che nel medio e lungo periodo si evidenzierà “un aumento dell’apatia e il ritorno a momenti del passato, dove si produrranno ancora una volta negoziati ma vincolati più alla tutela della popolazione e del Paese e meno all’uscita del potere di Maduro”.
Nel calendario elettorale del Venezuela sono previste le elezioni regionali, locali e legislative per l’anno prossimo. Ma fino al 10 gennaio c’è tempo per capire se il Consiglio nazionale elettorale potrà recuperare credibilità o se l’opposizione opterà, ancora una volta, per l’astensione.