Un eletto all’Oireachtas è stato accusato di essere un agente d’influenza al servizio del Gru, adescato con una “trappola al miele”. Una vicenda che solleva interrogativi sul ruolo degli eletti e la trasparenza in una democrazia sotto pressione
Che cosa fare quando un politico è accusato di essere un agente d’influenza reclutato da un servizio d’intelligence di un Paese ostile? Un interrogativo che intreccia il principio di presunzione d’innocenza, la responsabilità degli eletti verso gli elettori e la sicurezza nazionale. E che, proprio per questo, mette a dura prova lo stato di salute di una democrazia – e questo non può essere un elemento sottovalutato dal servizio d’intelligence che avrebbe reclutato il politico.
Il dibattito è in corso in Irlanda, dopo che il Sunday Times, citando fonti di sicurezza e di intelligence di Dublino, ha raccontato che un politico irlandese, tuttora in parlamento, sarebbe stato “reclutato dall’intelligence russa come agente di influenza”. Bisogna rivelarne l’identità nonostante non sia nemmeno a processo?
L’agente “Cobalt”, questo il nome attribuitogli, si sarebbe “offerto di aiutare a stabilire collegamenti con i paramilitari dell’Irlanda del Nord in un momento delicato dei negoziati sulla Brexit” per alimentare tensioni tra le comunità cattolica e protestante. Inoltre, avrebbe agitato come agente d’influenza diffondendo propaganda anti Nato.
L’uomo sarebbe stato reclutato nel 2019 da Sergey Prokopiev, uno dei quattro funzionari dell’ambasciata russa a Dublino espulsi nel marzo 2022, subito dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, perché identificati come funzionari dell’intelligence militare russa (Gru) sotto copertura diplomatica. Secondo il Sunday Times, Prokopiev avrebbe continuato a coordinare le attività con il parlamentare anche dopo la sua esplosione tramite un’agente russa inviata periodicamente a Dublino per perseguire una relazione sentimentale con il politico – una “trappola di miele” progettata per compromettere l’obiettivo. Ecco perché le indagini sulla sua condotta non hanno portato ad alcuna prova che fosse stato pagato dai russi. Le stesse non hanno dimostrato che avesse passato loro documenti sensibili per la sicurezza. L’uomo non avrebbe dato retta neppure ai suggerimenti della polizia a interrompere i contatti.
Secondo quanto risulta a Politico, il politico non sarebbe un membro della maggioranza che sostiene il governo a tre partiti guidato dal taoiseach Simon Harris (e che sostiene l’Ucraina). Sarebbe, invece, un membro dell’opposizione. Che è in gran parte composta da esponenti di sinistra, l’area politica irlandese storicamente più vicina Mosca. Basti pensare ad alcune posizioni del Sinn Féin sulla Nato (è in corso da anni un dibattito sull’adesione) o che perfino il presidente Michael Higgins, esponente laburista, e sua moglie sono stati criticati per alcune dichiarazione pro Cremlino. Oggi in parlamento a Dublino ci sono cinque socialisti e trotzkisti sotto l’ombrello People Before Profit-Solidarity.
Eamon Ryan, ex leader dei Verdi, è tra coloro che hanno chiesto che l’identità del politico venga rivelata, anche per evitare che “i sospetti non ricadano sull’intero Oireachtas”, ovvero il Parlamento irlandese.
Certo, è un tema già complicato quando riguarda un politico ma… la presunzione d’innocenza? A guardare anche al rapporto costi-benefici, nel breve termine probabilmente le priorità dovrebbero essere gli accertamenti, considerato che con buona probabilità chi deve sapere sa e ciò implica una forte riduzione dei rischi. Altrimenti, ne andrebbe della credibilità delle istituzioni e della coesione sociale. A tutto – ulteriore – benefice dei nemici delle democrazie.
(Foto: Flickr, Oireachtas)