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E se il cambiamento invocato da Draghi fosse la Nato economica?

Penny Naas, responsabile del programma “Allied Competitiveness” del German Marshall Fund, propone una coalizione tra Stati Uniti, Unione europea e altri partner like-minded per difendere la prosperità economica e contrastare l’espansione della Cina. Fondamentale collaborare su tecnologie innovative, catene di approvvigionamento e sicurezza economica, scrive

Il “cambiamento radicale” che Mario Draghi ha individuato come condizione necessaria all’Unione europea, in termini di competitività, per sopravvivere può essere la “Nato economica”? A rilanciare questa proposta, collegandola alle parole dell’ex presidente del Consiglio e governatore della Banca centrale europea, è Penny Naas, che guida il programma “Allied Competitiveness” del think tank americano German Marshall Fund.

A Stati Uniti, Europa e altri partner like-minded serve “un’iniziativa di competitività tra alleati, una ‘Nato economica’, che si impegni a salvaguardare il benessere e la prosperità economica che contribuiscono a garantire la pace collettiva”, scrive in un recente articolo. Stati Uniti e Unione europea ma anche Giappone, Regno Unito, Taiwan, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Messico e soprattutto altri membri dell’Ocse devono essere al centro di questo sforzo, suggerisce citando le relazioni lungo le catene di approvvigionamento globali.

Come Draghi, Naas individua nella Cina il principale rivale: mentre “noi discutiamo” dopo aver dimenticato Ttip e accordo commerciale Ue-Usa, “loro fanno”, come dimostrano “Made in China 2025” e Belt and Road Initiative. Per questo, “le nazioni alleate devono impegnarsi a lavorare insieme per rafforzare la sicurezza e la prosperità collettiva, unendo al contempo le proprie risorse per affrontare la portata delle politiche industriali cinesi”, continua. “I principi cardine di questa iniziativa dovrebbero stimolare la competitività collettiva, allineare le politiche economiche e incoraggiare la collaborazione, nonché stabilire meccanismi di sostegno reciproco per proteggere dalla coercizione economica e dal furto di innovazioni”.

In primo luogo, osserva, serve competere. Poi collaborare dove si è complementari o dove, unendosi, possono si possono ottenere maggiori successi. Come sulle tecnologie innovative. Alla base dovrebbe esserci il successo nello sviluppo del vaccino Covid-19, in cui i partner transatlantici hanno unito le loro forze individuali per creare rapidamente nuovi vaccini sicuri in tempi record. “In prospettiva, i governi dovrebbero incoraggiare la creazione di laboratori congiunti di intelligenza artificiale per mettere in comune le migliori menti e risorse, di biosoluzioni che affrontino i problemi più urgenti in tutti i settori industriali e di un approccio coordinato alla tecnologia verde che acceleri la transizione verso l’energia pulita, creando al contempo posti di lavoro ben retribuiti in tutta l’alleanza”, si legge.

Naas invoca anche un’iniziativa comune per la sicurezza economica, per sviluppare “approcci comuni per proteggere i mercati e le catene di approvvigionamento interdipendenti dalle minacce esterne”. Un’idea trattata anche in un altro rapporto, firmato da Emily Benson e Pau Alvarez-Aragones per il Center for Strategic and International Studies.

È un periodo in cui si ragiona sulla di una futura architettura di sicurezza europea e di compatibilità e complementarietà con la Nato. La riflessione a livello di Unione europea sui temi della sicurezza economica è avanzata, ben più che a livello Nato. In questo senso, l’Unione europea può avere un ruolo importante, ispirato alla complementarietà, come ispiratrice di una sicurezza economica anche per la Nato. È da qui, forse, che si può partire se si vuole realizzare la proposta rilanciata da Naas.


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